Seppur l’estate artica si avvia alla conclusione, i ghiacci marini continuano inesorabilmente a sciogliersi, con ritmi notevolmente differenti fra i vari bacini del mar Glaciale Artico. Malgrado la timida ripresa di quest’inverno i ghiacci marini dell’Artico, ridotti sensibilmente dopo gli storici minimi del 2007 e del 2012, continuano a soffrire con l’arrivo della stagione estiva. La situazione più critica la troviamo lungo l’Artico norvegese e gli arcipelaghi dell’Artico russo, dove i ghiacci continuano a sciogliersi molto velocemente, ad un ritmo davvero impressionante a ridosso delle coste artiche siberiane. Ormai in questa vastissima area si è aperta un ampio tratto di acque libere e perfettamente navigabili, che dalle Svalbard si estende fino alla Novaja Zemlja e alle Terre di Francesco Giuseppe, dove il ghiaccio si è completamente fuso fino all’estremo nord del mar di Barents e del mar di Kara. Su gran parte dell’Artico russo ormai da mesi permangono ancora pesanti anomalie termiche positive, specie in prossimità dell’Artico russo, fra mar di Kara e mar di Laptev, dove i ghiacci marini continuano a sciogliersi, in modo anche repentino. Qui la tenuta del ghiaccio marino ha mostrato chiari segnali di debolezza, date le altissime temperature dell’aria, tanto da favorire, per l’ennesima estate di fila, l’apertura di un ampio tratto di acque libere e navigabili davanti la costa siberiana, attorno le principali isole dell’Artico russo, ormai completamente spoglie di neve, con rocce nude esposte al sole.
Ed in modo particolare attorno la Terra di Francesco Giuseppe e isole limitrofe, dove le alte temperature degli ultimi giorni hanno favorito l’apertura di un ampio tratto di acque libere e perfettamente navigabili, e per questo ancora più vulnerabili al riscaldamento. L’apertura di questo tratto di acque libere sta anche rendendo queste isolette dell’Artico russo più esposte al fenomeno dell’erosione, davvero micidiale a queste latitudini, indotto proprio dal rinvigorimento del moto ondoso, prodotto dai sostenuti venti dai quadranti meridionali che da settimane dominano su buona parte dell’Artico russo. Per rivedere un po’ di ghiaccio da queste parti bisognerà attendere almeno fino al mese di Ottobre. Dopo che il raffreddamento autunnale prodotto dallo scivolamento dei raggi solari sotto la linea dell’orizzonte, si collauderà sull’intero mar Glaciale artico, favorendo una conseguente diminuzione delle temperature che si porteranno su valori ampiamente negativi, ben al di sotto dei “zero gradi” a livello del mare. Buone notizie arrivano dal mar di Beaufort e dall’Arcipelago Artico canadese, dove la tenuta della banchisa sta garantendo un ottimo effetto “Albedo”. Questo effetto “Albedo” sta raffreddando l’aria in un’ampia area dell’Artico canadese e groenlandese, mentre dall’altra parte, sull’Arcipelago Artico russo, avviene proprio l’esatto contrario, visto le continue avvezioni di aria calda che risalgono dall’area siberiana centro-occidentale. La presenza di questo nucleo di aria molto fredda sta continuando a rinvigorire la figura del vortice polare troposferico, che presenta già un ottima forma fra le coste della Groenlandia settentrionale e l’arcipelago dell’Artico canadese, dove sono in atto le prime deboli nevicate a livello del mare.
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Dal punto di vista barico, lungo il mar Glaciale Artico, nelle ultime settimane ha dominato un vortice polare troposferico piuttosto compatto, che ha mantenuto attiva una vivace attività ciclonica sopra il mar Glaciale Artico, con lo sviluppo di profonde depressioni extratropicali, riempite con aria molto gelida a tutte le quote che hanno mantenuto le temperature su valori largamente sotto la soglia dei +0°C su una parte del Polo Nord. Questo ha favorito l’emergere di anomalie termiche negative, soprattutto sulla Groenlandia, dove si sono registrati scarti di -3°C -4°C rispetto alle medie. Al contrario, temperature largamente superiori alle medie del periodo hanno prevalso sul nord della baia di Hudson e sul settore meridionale dell’Alaska, cosi come tra il mare di Kara e il mare di Laptev. In particolare il mare di Kara e il mare di Laptev sono stati interessati da frequenti avvezioni calde richiamate direttamente dall’Eurasia, a seguito del posizionamento, attorno la costa dell’Artico russo, di una serie di circolazione depressionarie piuttosto profonde, legate al “lobo” siberiano del vortice polare, contrapposte da cellule anticicloniche, strutturate fino all’alta troposfera, più ad est, fra il mare della Siberia Orientale e il mare dei Chukchi, che attivano sostenuti venti da Sud e SE tra il mare di Kara e il mare di Laptev. Questi costanti apporti di aria calda, d’origine continentale, dai quadranti meridionali, hanno contribuito anche alla rapida fusione del manto nevoso accumulato fra la taiga e le coste siberiane. Ormai, anno dopo anno, sempre più spesso capita di assistere a precoci fusioni del manto nevoso lungo l’emisfero boreale. Ad esempio, nel Maggio 2014, il manto nevoso si è rapidamente sciolto nelle province centrali canadesi, in nord America, e dell’Asia centrale, fra Kazakistan e Cina nord-occidentale, dove nel mese di Febbraio l’estensione del manto nevoso aveva persino superato la media.
Questa tendenza al precoce quanto repentino scioglimento del manto nevoso lungo l’emisfero boreale, durante il periodo primaverile, purtroppo tende ad agevolare una più veloce fusione dei ghiacci marini artici durante la stagione estiva. Anche l’estate del 2014 ne è un esempio lampante. Difatti, l’assenza di neve al suolo, fra l’Eurasia e i territori del Canada settentrionale, produce un maggior riscaldamento dello strato d’aria sovrastante (per insolazione) nel corso della tarda primavera, favorendo così l’accumulo di masse d’aria sempre più calde del normale sopra le terre emerse. Queste masse d’aria più calde, che in primavera si accumulano sopra le vaste distese continentali della Siberia, Lapponia e del Canada, tendono ad affluire in direzione della regione artica, producendo su questa bruschi riscaldamenti che agevolano una notevole accelerazione della fusione dei ghiacci nelle aree interessate dalla traiettoria delle avvezioni calde.