Disastro di Fukushima: il governo “non aveva idea di cosa stesse accadendo”

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Fukushima_nuclearIl governo giapponese non percepi’ e condivise il senso di gravissima crisi che i lavoratori dell’impianto nucleare di Fukushima stavano vivendo e avevano di fronte generando, invece, altra confusione. La testimonianza di Masao Yoshida, il defunto direttore dell’impianto al momento dell’incidente causato dal sisma/tsunami dell’11 marzo, l’ “eroe” che decise di usare l’acqua di mare per raffreddare i reattori scongiurando conseguenze piu’ gravi, non si ferma qui: ha definito “irritante” il fatto che politici e funzionari del gestore Tepco al quartier generale non avessero idea di quanto stesse accadendo e in quale scenario si trovassero a operare lui e i suoi uomini, alcuni esposti ad alti livelli di radiazioni. Morto nel 2013 all’eta’ di 58 anni per un cancro all’esofago, Yoshida ha ripercorso i fatti tragici nelle audizioni avute tra luglio e novembre 2011 davanti a un’apposita commissione governativa e la sua testimonianza e’ stata resa pubblica a tre anni e mezzo dal devastante sisma/tsunami, insieme a quelle di altri 17 personaggi di primo piano, tra cui l’ex premier Naoto Kan. Yoshida ha negato l’interpretazione data dal governo guidato all’epoca da Kan secondo cui la Tepco stava cercando di evacuare la struttura il 15 marzo, dopo il peggioramento dello stato del reattore n.2 quando gli sforzi per raffreddarne il combustibile erano andati a vuoto: “Siamo scappati? No, non lo abbiamo fatto. Vorrei dirlo chiaramente”. A maggio il quotidiano Asahi ha riferito, citando proprio la sua testimonianza racconta dal panel, che il 90% dei lavoratori aveva lasciato il complesso disobbedendo all’ordine di Yoshida rifugiandosi alla centrale di Fukushima n.2. Una ricostruzione su cui lo stesso Asahi ha oggi ammesso essere “errata”. Yoshida ha ricordato i tentativi di rilascio d’emergenza del vapore radioattivo dal reattore n.1 per scongiurare il rischio di esplosioni del contenitore piu’ esterno, su cui si sovrapposero gli ordini firmati in tal senso dal ministero dell’Industria, Banri Kaieda. Sembrava che non ci fossero collegamenti tra base operativa e governo, con Kan e altri funzionari impegnati a chiamarlo per domande anche superflue nel mentre era “molto occupato” nella gestione e nel contenimento di una situazione drammatica che ha tenuto il mondo con il fiato sospeso. Negata l’ipotesi di un deliberato ritardo del rilascio di vapore a causa del volo in elicottero sulla centrale di Kan, oggetto poi di aspre polemiche. “Avevo detto ai miei uomini come completare l’operazione. Non importava se il premier fosse in volo o qualunque cosa stesse facendo, le persone al sito – ha osservato Yoshida – avrebbero dovuto completare tutto in fretta considerando solo i criteri di sicurezza del reattore”.

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