Dolore ma anche nausea, vertigini e intolleranza alla luce. Sul lavoro ha la testa che scoppia una donna su 5, per colpa della cefalea primaria (non legata altre malattie) che rappresenta il 90% delle forme lamentate dalla popolazione in età attiva. Il disturbo interessa a livello europeo il 5-6% degli uomini il 18-20% delle donne, nella maggior parte dei casi tra i 25 e i 55 anni. Tra i fattori sotto accusa lo stress del tipo di incarico, le posture sbagliate, un impegno psichico elevato, le troppe ore passate al pc, l’esposizone a rumori, luci o sostanze chimiche, e per alcuni il ‘jat lag’ da turno di notte: un’inversione del ritmo sonno-veglia che si traduce in insonnia, stanchezza, sonnolenza diurna, nervosismo, calo di concentrazione. A fotografare l’emergenza e il suo impatto è uno studio condotto dall’Unità operativa di medicina del lavoro dell’Irccs Fondazione Maugeri di Pavia, guidata da Marcello Imbriani, con le università di Pavia e di Roma-Tor Vergata e l’Irccs Fondazione Istituto neurologico Mondino di Pavia. Il lavoro è pubblicato sul ‘Gimle-Giornale italiano di medicina del lavoro ed ergonomia’. Gli esperti rilevano ripercussioni della cefalea primaria a livello sociale (qualità di vita compromessa), alti costi diretti (diagnosi e cure) e indiretti (72-98% del totale) associati ai giorni di assenza dal lavoro per malattia e alla perdita di efficienza produttiva durante gli attacchi. “Studi europei di autovalutazione riportano una perdita di efficienza media del 35%”, sottolinea Giuseppe Taino della Maugeri. “L’assenza per cefalea interessa in Europa il 7-15% dei lavoratori, con una media emersa da uno studio danese di 4,4 giorni l’anno persi per emicrania e 2,5 giorni per altre forme di cefalea”. Risultato: solo l’emicrania costa in Europa 27 miliardi di euro all’anno, circa 420 euro per lavoratore. “Trattandosi di lavoratori – evidenziano gli esperti – è fondamentale che la valutazione del medico competente individui e monitori i soggetti affetti da cefalea primaria, per evitare di esporre il paziente a fattori occupazionali scatenanti”. E poiché gli attacchi di cefalea possono colpire durante il lavoro, va considerato anche l’aspetto della sicurezza: “Del lavoratore affetto da cefalea da un lato, ma anche dei colleghi e delle persone all’esterno dell’ambiente lavorativo – precisano gli autori della ricerca – che potrebbero essere coinvolti in un eventuale incidente causato dal deficit di attenzione da cefalea” “Il nostro studio – conclude Taino – ha come obiettivo proprio quello di fornire al medico competente indicazioni utili per la gestione di questi lavoratori, nonché criteri di valutazione che possano supportarlo nella formulazione del giudizio di idoneità alla mansione lavorativa specifica. Le misure preventive possono essere di tipo organizzativo, tecnico o restrittivo. Le scelte, naturalmente, devono essere sempre personalizzate e strettamente correlate alla prevenzione del rischio infortunistico e/o di incidente”.