La fitta coltre di nubi presente nei giorni scorsi sull’Islanda e il piccolo numero di veicoli spaziali che raccolgono immagini alle alte latitudini, non hanno permesso ai satelliti di rilevare l’eruzione in corso del vulcano Bardarbunga. Nelle ultime ore, tuttavia, alcune sonde NASA hanno sfruttato delle schiarite per osservare l’evento dall’orbita terrestre. L’immagine più significativa proviene dal Resolution Imaging Spectroradiometer (MODIS) sul satellite Aqua, che ha acquisito dati in falsi colori utilizzando una combinazione di luce infrarossa e visibile (bande MODIS 7-2-1). Un procedimento che permette di distinguere la lava e il ghiaccio dalle nubi. Il 1 Settembre è toccato all’Advanced Terra Imager (ALI) sul NASA Earth Observing-1, la cui immagine mostra una crepa di 1 chilometro e la lava che scorre nei vari canali. Il fronte del flusso si è mosso prevalentemente a nord-est nei giorni scorsi e l’intenso sciame sismico nei pressi del vulcano è iniziato lo scorso 16 agosto 2014. Da allora, grandi quantità di magma hanno formato uno strato di roccia appena raffreddata, chiamato diga, che si estende per circa 45 chilometri a nord di Bárdarbunga. “L’enorme volume di magma coinvolto suggerisce che esso è risalito direttamente dal mantello terrestre“, sostiene Evgenia Ilyinskaya, un vulcanologo del British Geological Survey di Edimburgo. La fonte, quindi, sarebbe collocata a centinaia di chilometri sotto la superficie della crosta piuttosto che in una camera magmatica superficiale comune a molti vulcani. Secondo il Met Office, viene ancora rilevata una pronunciata attività sismica nella parte settentrionale della diga, tra il sito dell’eruzione e 6 chilometri a sud di Dyngjujökull. Al momento, secondo gli scienziati, non ci sono ancora i segni per un’eruzione subglaciale.