“I pazienti vanno curati sul posto”, è convinta Gismondo. Compresi gli operatori sanitari che stanno prestando servizio in Africa: “Rimpatriarli è un rischio – dice – come hanno dimostrato i primi casi di infermieri contagiati al di fuori dall’Africa. L’Organizzazione mondiale della sanità ha attrezzato ospedali molto efficienti – afferma la microbiologa che al Sacco ha valutato finora 5 casi sospetti di Ebola, tutti archiviati come falsi allarmi – Per far tendere a zero il rischio, anche il ritorno degli operatori occidentali dovrebbe avvenire a guarigione avvenuta. Ripeto, la mia è una visione tecnica”. E i termometri digitali per controllare la febbre negli aeroporti? “Certo è meglio che niente”, risponde Gismondo. “Se ci affidiamo alla dichiarazione volontaria dei sintomi da parte dei viaggiatori – osserva – non penso proprio che in molti siano pronti a dichiararli alla frontiera. Lo screening della temperatura dei viaggiatori è utile, ma non può essere la sola misura per il contenimento di un’epidemia come questa” che ha già fatto registrare quasi 9 mila casi, sfondando la barriera dei 4 mila morti
Allarme Ebola, la “soluzione” shock dell’esperto: “chiudere le frontiere”
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