Intensa ventilazione occidentale tra oceano Indiano e Pacifico, El Niño riprende vigore?

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Novità importanti potrebbero giungere nelle prossime settimane, in seguito ad un possibile cambio circolatorio lungo le latitudini tropicali e sub-equatoriali, in occasione dell’entrata in vigore della famosa fase d’inversione dei monsoni, nota come fase “intermonsonica”. Con l’arrivo di Ottobre sopra l’oceano Indiano comincia ad entrare nel vivo la cosiddetta fase “intermonsonica”, che segna l’inversione della circolazione monsonica, dal pattern estivo a quello invernale. In questo periodo dell’anno, d’inversione dei monsoni, si possono manifestare le situazioni ideali allo sviluppo di insidiosi cicloni tropicali, capaci di creare enormi devastazioni in caso di “landfall” sulle coste dell’India o su quelle di Bangladesh, Myanmar e più raramente sull’ovest della Thailandia. Questo perchè lungo le calde acque superficiali dell’oceano Indiano centro-occidentale si attiva, spesso, una ventilazione dai quadranti occidentali che spira in direzione delle coste settentrionali di Sumatra e dei mari indonesiani, fino al mar Cinese Meridionale e alle Filippine. Non di rado capita che questa umida e calda ventilazione occidentale, attiva fra le Maldive e le coste occidentali di Sumatra, superi l’equatore, sull’emisfero australe, virando più da NO per l’effetto di Coriolis, che a ridosso dell’equatore rimane piuttosto debole, fino ad annullarsi del tutto.

La ventilazione occidentale in azione nel tratto di oceano Indiano, poco a sud degli atolli delle Maldive, varca la linea dell’equatore, sconfinando cosi nell’altro emisfero, dove i venti, originariamente da Ovest e O-NO, cominciano a ruotare più da NO e N-NO, scivolando sempre più di latitudine. All’altezza dei 5° di latitudine sud le correnti da NO e N-NO, in sconfinamento dall’altro emisfero, cominciano ad interferire con il sostenuto flusso da E-SE e SE, legato all’Aliseo di SE, che domina lungo la fascia tropicale australe dell’oceano Indiano, a sud dell’Indonesia. L’interazione fra le correnti da NO e il teso Aliseo di SE, dominante per gran parte dell’anno sulla fascia tropicale dell’oceano Indiano meridionale, produce una ampia linea di convergenza che determina lo sviluppo di un iniziale circolazione vorticosa in senso orario, quindi ciclonica per l’emisfero australe. Si genera un’area di disturbo che scendendo ulteriormente di latitudine tende ad approfondirsi sopra le calde acque superficiali dell’oceano Indiano meridionale. In genere, in questo periodo dell’anno, durante la fase di transizione monsonica, si possono sviluppare dei cicloni tropicali che si approfondiscono a seguito della rotazione innescata dalla convergenza di fasce di venti opposti nei bassi strati.

Difatti, nell’oceano Indiano meridionale, quando le correnti da NO (in genere premonitrici dell’avvento del monsone invernale di NE), dalla fascia equatoriale scivolano verso sud, nell’emisfero australe, incontrandosi con l’Aliseo di SE, molto spesso possono dare vita ad un ciclone tropicale che diventa autonomo e punta verso l’arcipelago delle Mauritius e le coste orientali del Madagascar. La frequenza di queste tempeste è massima da Novembre a Marzo, con un picco fra Gennaio e il mese di Febbraio. I cicloni tropicali più potenti, generalmente, sono quelli che dall’oceano Indiano si spingono in direzione delle caldissime acque superficiali del golfo del Bengala, dove l’intenso calore latente fornito da questa ampia baia rafforza sensibilmente la circolazione ciclonica tropicale, tramutandola in un pericoloso e grande ciclone tropicale, capace di raggiungere la 4^ o addirittura la 5^ categoria della Saffir-Simpson, con venti medi sostenuti fino a 240-250 km/h. Questi cicloni purtroppo alle volte, quando impattano con il loro occhio su aree densamente abitate, come le città indiane, diventano autentici mostri che lasciano dietro di se una lunga scia di morti e devastazione. Proprio come avvenne nell’Ottobre del 1999, quando il super ciclone “Odisha”, che raggiunse la 5^ categoria sulla scala Saffir-Simpson, devasto la costa dell’Orissa, cagionando ben 9.658 vittime e danni ingentissimi per diversi milioni di dollari.

I sostenuti venti occidentali attesi nei prossimi giorni fra i mari indonesiani e il Pacifico occidentale

Allora gran parte delle vittime fu causato proprio dallo “Storm Surge” che si sviluppo lungo il lato nord del ciclone, dove spiravano i fortissimi venti da Est ed E-SE, con un’onda impressionante che raggiunse un “Run-Up” di ben 5.9 metri e inondò città e villaggi, spazzando via abitazioni e persone. Intanto nei prossimi giorni, i modelli matematici relativi all’intensità e alla direzione dei venti a 850 hpa e a 10 metri sul livello del mare, prognosticano l’attivazione di una sostenuta ventilazione occidentale nei bassi strati, che dall’oceano Indiano centro-orientale, attorno i 70° e gli 80° di longitudine est, si spingerà verso l’isola di Sumatra e il Borneo, propagandosi successivamente sui mari indonesiani e le Filippine, per poi raggiungere il tratto di oceano Pacifico tropicale, appena a nord di Papua Nuova Guinea. L’affermarsi di questa ventilazione nei bassi strati, da Ovest e O-SO, fra Indonesia e Pacifico centro-occidentale, persistente per svariati giorni, potrebbe incentivare la spinta di acque molto calde in superficie verso levante, in direzione del Pacifico centrale. Questa spinta di acque calde, indotta dai “westerly wind bursts”, che dal tratto di oceano a nord di Papua Nuova Guinea si espanderà in direzione del Pacifico centrale, lungo la linea di cambiamento data, potrebbe agevolare una ulteriore espansione delle anomalie termiche positive già presenti sul Pacifico centro-orientale, fornendo il carburante necessario al fenomeno di “El Niño”, in continua evoluzione sul bacino del Pacifico.

L’azione dei “westerly winds bursts” con il conseguente spostamento di acque calde sul Pacifico

Stavolta, a differenze dei “westerly wind bursts” osservati la scorsa primavera, l’inserimento di questi tesi venti da Ovest nei bassi strati, fra oceano Indiano orientale, mari indonesiani e Papua Nuova Guinea, non sarà causato solo dal passaggio di un grande tifone sul Pacifico occidentale, che richiama dal suo bordo più meridionale intensi venti occidentali. Bensì dalla migrazione della parte più attiva della famosa “MJO”, al cui seguito si inseriscono i venti occidentali che rincorrono le aree di massima convenzione, in spostamento sul Pacifico. Questo nuovo cambio circolatorio potrebbe rimettere in discussione l’intensità del venturo “El Niño”, contribuendo ad un suo nuovo possibile rinvigorimento entro la fine della prossima stagione autunnale, con tutte le conseguenze che il caso comporta.

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