Il cambiamento del clima e dell’ambiente è una realtà inconfutabile come sosteniamo da oltre 20 anni e come si evince dalla pubblicazione scientifica “Ortolani F. & Pagliuca S. (1994) – Variazioni climatiche e crisi dell’ambiente antropizzato. Il Quaternario 7 (1): 351-356” e come testimoniato da tre seminari scientifici internazionali organizzati tra il 1993 e 1996 presso il CUEBC Centro Europeo per i Beni Culturali di Ravello.
Le ricerche innovative avviate all’inizio degli anni 90 del secolo scorso, in base ai dati contenuti negli archivi naturali integrati dai dati archeologici e storici, hanno evidenziato che il cambiamento climatico è un fenomeno naturale verificatosi con ciclicità di circa 1.000 anni.
Gli studi iniziarono con la “scoperta” fatta a Velia (Cilento), area archeologica della Magna Grecia, Romana e Medievale dove sono evidenti drastiche modificazioni dell’ambiente che hanno causato ripetitivamente l’accumulo di ingenti volumi di sedimenti, in brevi periodi di 1-2 secoli, in tutta la pianura dei fiumi Alento e Fiumarella.
L’estensione delle ricerche all’Area Mediterranea evidenziò che circa ogni mille anni la superficie del suolo delle pianure e delle zone costiere, nella parte centro meridionale, è stata modificata da accumulo di sedimenti alluvionali o sedimenti eolici. Le modificazioni (accumulo di sedimenti alluvionali e accumulo di sabbie trasportate dal vento) si sono alternate ogni 500 anni circa da Gaeta verso sud. Nell’Italia centro settentrionale l’ambiente è stato modificato solo da accumulo di sedimenti alluvionali ogni mille anni circa.
Le modificazioni ambientali mediterranee (testimoniate da alluvionamenti diffusi e accumulo di sabbie eoliche) degli ultimi tremila anni si sono verificate, rispettivamente, contemporaneamente a periodi di espansione e di marcato ritiro delle coperture glaciali alpine che funzionano come un sensibile geotermometro plurisecolare.
Le ricerche multidisciplinari hanno consentito di valutare l’incidenza di tali modificazioni sulle attività umane e sulla copertura vegetale e di prevedere l’impatto sull’ambiente dell’accentuazione del cambiamento climatico attuale.
Già venti anni fa ammonimmo che oltre al dibattito scientifico sulle cause del cambiamento climatico, provocato solo dalle attività antropiche climalteranti secondo scienziati “senza memoria scientifica plurisecolare”, era necessario predisporre misure per preparare l’ambiente mediterraneo, in particolare, a sopportare per circa 100-150 anni gli effetti del riscaldamento globale naturale e ciclico, mitigando effetti come: l’erosione delle spiagge, la diversa distribuzione delle risorse idriche, i dissesti idrogeologici connessi alle modificazioni delle precipitazioni piovose e al riscaldamento delle aree alpine, le invasioni biologiche, ecc.
Era evidente che l’inquinamento atmosferico può contribuire ad accentuare questo fenomeno naturale e che anche se l’immissione in atmosfera di sostanze climalteranti di origine antropica fosse totalmente annullata, il cambiamento climatico si verificherebbe egualmente.
Le ricerche multidisciplinari eseguite evidenziano che 1000 anni fa nell’area circummediterranea sono avvenute significative modificazioni ambientali in un intervallo di circa 300 anni.
I dati scientifici evidenziano che tra il 1000 dopo Cristo e il 1270 si ebbero modificazioni climatico ambientali (simili a quelle attuali) che determinarono un sensibile riscaldamento delle aree settentrionali del Canada, Siberia e Mongolia e l’instaurazione di condizioni simili a quelle mediterranee nell’Europa Centrale; fenomeni di desertificazione climatica si ebbero nelle fasce costiere dell’Italia Meridionale. Gli storici evidenziano l’incredibile sviluppo demografico, economico, sociale e militare che avvenne in Europa Centrale a partire dal 1000 d.C., proprio grazie al riscaldamento globale che determinò un significativo miglioramento delle condizioni ambientali. In questo quadro di prosperità e di potenza si inquadra il fenomeno delle Crociate, iniziate nel 1097 e terminate nel 1270; durante tale intervallo l’Europa ha riconquistato il controllo commerciale del Mediterraneo, perso nei secoli precedenti quando tra il 500 e 700 d.C. si erano instaurate condizioni climatico ambientali freddo-umide sfavorevoli ambientalmente nell’Europa ma favorevoli sulla sponda meridionale del Mediterraneo. Il riscaldamento globale ha determinato un drastico miglioramento delle condizioni ambientali anche in Siberia e in Mongolia dove milioni di ettari di territorio sono diventati produttivi in seguito allo scongelamento del permafrost. Conseguentemente la popolazione incrementò sensibilmente preparando il terreno per il grande leader Gengis Khan, che tra la seconda meta del XII secolo e il primo quarto del XIII secolo, si avvalse di condizioni ambientali straordinariamente favorevoli per impostare il suo grande impero che si estese anche in buona parte dell’Europa Orientale. I dati storici evidenziano che intorno al 1300 le condizioni climatico-ambientali peggiorarono sensibilmente e l’Europa fu interessata da gravi crisi economiche, sociali, militari e sanitarie.
Le ricostruzioni paleoclimatiche mettono in luce che tra il 1050 e il 1100 la temperatura media si è innalzata di circa 1 grado centigrado e che a partire dal 1270 circa si è nuovamente raffreddata. Tale evoluzione climatica è connessa ad un marcato incremento delle macchie solari (Periodo Caldo Medievale, dal 1000 al 1270 circa, coincidente con il Grande Massimo Solare Medievale) che decrebbero improvvisamente a partire dall’inizio del 1300 dando inizio ad un lungo periodo freddo che culminò con la Piccola Età Glaciale caratterizzata da un periodo freddo terminato intorno al 1730 e da uno piovoso prolungatosi fino alla fine del 1800.
Il riscaldamento globale attuale sta progressivamente provocando lo spostamento verso nord delle fasce climatiche dell’emisfero settentrionale, proprio come accaduto 1000 anni fa. Le zone predesertiche e desertiche lentamente stanno invadendo l’Area Mediterranea e le acque marine si stanno sensibilmente riscaldando.
Il tipico clima mediterraneo si sta trasferendo nell’ Europa Centrale determinando le condizioni per nuove trasformazioni agricole tipicamente mediterranee. Le vaste aree settentrionali della Siberia, della Mongolia e del Canada interessate dal permafrost (suolo perennemente o stagionalmente congelato) si stanno trasformando in aree coltivabili immettendo in atmosfera enormi volumi di gas ad effetto serra prima intrappolati nel suolo gelato. Questi mega eventi naturali sono iniziati significativamente già a partire dal 1750 circa, si sono intensificati nel secolo scorso. Contemporaneamente si sta verificando l’ inquinamento dell’atmosfera causato dalle attività umane. Quest’ultimo determina un peggioramento della qualità dell’aria e influisce localmente sulla salute dell’uomo provocando anche significativi e pericolosi inquinamenti ambientali.
Il riscaldamento attuale, secondo gli archivi naturali, rientra in una evoluzione climatico-ambientale ciclica.
Secondo gli studiosi del clima che si basano su dati strumentali con una “memoria corta” di circa duecento anni l’attuale riscaldamento sarebbe causato esclusivamente dall’inquinamento atmosferico antropogenico.
Considerando solo i dati strumentali duecentennali vi è una correlazione tra incremento delle attività umane inquinanti e riscaldamento globale e sembra che la modificazione dipenda esclusivamente dall’uomo.
Questi duecento anni circa, però, sono senza storia: prima che accadeva?
In base ai nostri dati plurisecolari, naturalmente non precisi come quelli strumentali ma molto significativi, si vede che attualmente all’evoluzione naturale si sommano le emissioni gassose antropogeniche climalteranti.
Anche eliminandole del tutto non si invertirebbe la variazione climatico-ambientale naturale, ma si eliminerebbe certamente l’inquinamento atmosferico. Quindi, si devono ridurre drasticamente le emissioni nocive climalteranti in atmosfera per non inquinare l’ambiente e, soprattutto, bisogna predisporre l’ambiente affinchè si attenuino gli impatti, diversificati per latitudine e orografia, che si intensificheranno nelle prossime decine di anni.
Come 1000 anni fa, sarà l’Area Mediterranea a subire gli impatti più significativi: diminuiranno le piogge fino a provocare una vera e propria desertificazione delle fasce costiere italiane a sud di Roma e lungo le coste spagnole e greche. Diminuirà l’acqua e ciò provocherà conflitti sociali tra le aree costiere e quelle interne dove le piogge continueranno a cadere (circa il 50% in meno), conflitti tra i diversi usi idrici e conflitti bellici nelle aree del vicino oriente per il controllo della risorsa.
Le tipiche produzioni agricole mediterranee saranno significativamente intaccate da invasori biologici determinando problemi all’assetto socio-economico. Aumenterà l’inquinamento fluviale e il sovrasfruttamento delle acque di falda; quest’ultimo faciliterà l’intrusione dell’acqua marina nelle pianure costiere rendendole sterili.
Dobbiamo essere coscienti che il cambiamento climatico ambientale non può essere contrastato. L’uomo può intervenire solo sull’inquinamento atmosferico attuando azioni tese a mitigarne gli effetti. L’uomo può efficacemente intervenire attuando sagge azioni per mitigare i danni che il cambiamento climatico provocherà modificando l’attuale ambiente naturale e antropizzato.
Tale conclusione, strettamente connessa ai dati scientifici multidisciplinari, alla storia ambientale e alle previsioni delle modificazioni del prossimo futuro, deve essere individuata come una pragmatica posizione per preparare l’ambiente nelle aree nelle quali verrà più significativamente modificato nelle prossime decine di anni.
Vanno bene, ad esempio, gli aiuti alle industrie per ridurre le emissioni gassose al fine di non inquinare ulteriormente (troppo) l’atmosfera; accanto a queste misure antinquinamento devono essere attuati interventi per preparare l’ambiente mediterraneo, in particolare, a sopportare per circa 100-150 anni gli effetti del riscaldamento globale naturale e ciclico.
Tra gli impatti che devono essere mitigati possiamo ricordare: l’erosione delle spiagge mediante restauri geoambientali attuati con ripascimenti duraturi; l’accumulo idrico per usi multipli (idropotabili, industriali, agricoli e antincendio); l’alimentazione artificiale delle falde per contrastare il loro sovrasfruttamento; il restauro e il disinquinamento fluviale; i dissesti idrogeologici connessi alle modificazioni delle precipitazioni piovose e al riscaldamento delle aree alpine con conseguente scongelamento del permafrost.
In conclusione si prevede che l’accentuazione del cambiamento climatico-ambientale naturale, nel prossimo futuro, sarà inevitabile, come accaduto circa 1000 anni fa.
La nostra previsione, pertanto, è più drasticamente pragmatica considerando che alla variabilità naturale si può sommare quella determinata dall’inquinamento atmosferico antropogenico.
I problemi da risolvere nell’area mediterranea
1- Fiumi in crisi idrica durante il periodo non piovoso in seguito alla captazione delle sorgenti e alla progressiva scomparsa dei ghiacciai: le sorgenti, attualmente non captate e che alimentano con la loro acqua i fiumi durante il periodo non piovoso, saranno progressivamente captate impoverendo sensibilmente le portate dei corsi d’acqua. I ghiacciai alpini si stanno vistosamente ritirando; in tal modo quasi tutti i corsi d’acqua che attraversano i territori europei che si affacciano sulla parte centro meridionale del Mediterraneo si troveranno senza una disponibilità idrica degna di essere chiamata portata idrica vitale. L’acqua che defluirà nei corsi d’acqua sarà prevalentemente rappresentata dagli scarichi urbani più o meno trattati.
2- Falde minacciate dall’inquinamento: le falde che caratterizzano le pianure alluvionali dei principali corsi d’acqua durante il periodo non piovoso verranno alimentate da acque prevalentemente inquinate. Il sovrasfruttamento delle falde nelle pianure costiere potrà provocare la salinizzazione delle acque sotterranee in seguito alla facilitata ingressione dell’acqua marina. Si aggiunga che le attività petrolifere poco rispettose delle caratteristiche idrogeologiche, come accade in Basilicata, quasi sicuramente causeranno inquinamento delle risorse idriche di importanza strategica delle aree interne.
3- Assenza e/o scarsità di accumuli idrici e aree umide lungo le aree fluviali, collinari e montane: attualmente lungo le aree fluviali, nei fondo valle e nei relativi bacini imbriferi non vi è presenza di una capillare rete di aree umide, di laghetti collinari e montani che accumulino acqua utilizzabile per vari scopi durante il periodo non piovoso. In tal modo anche la fauna e la flora, oltre alle attività antropiche, ne risentiranno seriamente durante il periodo siccitoso in quanto la mancanza d’acqua limita l’ambiente naturale e le attività agricole e zootecniche. La mancanza d’acqua nei bacini imbriferi rappresenta una serio problema anche per le attività antincendio.
4- Dissesto idrogeologico ed idraulico: la mancanza di adeguate regimazioni idrauliche e di idonee sistemazioni idrogeologiche rende l’ambiente di fondo valle e di versante particolarmente vulnerabile alle esondazioni, ai fenomeni erosivi e franosi innescati dal diverso modo con cui stanno precipitando e precipiteranno le piogge (nubifragi rilasciati da cumulonembi) e dalla progressiva diminuzione della copertura vegetale.
Principali Criticità Ambientali del prossimo futuro
In sintesi si possono evidenziare le seguenti principali criticità ambientali:
- Corsi d’acqua con scarso o nullo deflusso idrico estivo;
- Scarsità o mancanza di acqua per attività irrigue e zootecniche;
- Sovrasfruttamento delle acque sotterranee delle pianure alluvionali costiere e loro progressiva salinizzazione;
- Mancanza di bacini di accumulo idrico antincendio e uso plurimo nelle aree collinari, montane e nelle aree boscate;
- Mancanza di Oasi umide persistenti;
- Spiagge in erosione per cause naturali connesse all’insufficiente rifornimento di sedimenti nell’attuale periodo di cambiamento climatico;
Interventi prioritari
In relazione all’attuale assetto idrologico, idraulico ed idrogeologico e in previsione degli impatti connessi all’accentuazione della variazione climatica si individuano le seguenti linee di intervento al fine di attenuare gli impatti negativi della diminuzione delle precipitazioni idriche, tutelare l’ambiente naturale e antropizzato.
Gli interventi sostenibili relativi alla risorsa idrica devono mirare a garantire:
- Corsi d’acqua con deflusso idrico estivo;
- Disponibilità idrica per attività irrigue e zootecniche;
- Bacini di accumulo idrico per uso plurimo anche per uso antincendio;
- Oasi umide persistenti;
- Regimazione e valorizzazione delle aste fluviali.
Una strategica priorità è individuata nella:
Valorizzazione delle microrisorse idriche (per uso idropotabile diffuso, irriguo, antiincendio ecc.);
Riequilibrio fluviale dei corsi d’acqua privati delle acque delle grandi sorgenti captate e trasportate altrove, e dei versanti collinari e montani; sistemazioni idrauliche delle aste fluviali con interventi compatibili con la valorizzazione ambientale e le attività agricolo-zootecniche;
Rivitalizzazione dei fiumi mediante la realizzazione di accumuli idrici e oasi umide per accumulare l’acqua di ruscellamento invernale da reimmettere in alveo nel periodo non piovoso durante il quale nel corso d’acqua scorrono solo acque di scarico.
Restauro ambientale delle aree di fondo valle e delle aree interessate da dissesti mediante adeguati interventi di ingegneria naturalistica compatibili con le previsioni dell’uso produttivo del suolo.
La difesa dell’ambiente è strettamente connessa alle risorse idriche per cui assume una importanza sociale la individuazione e valutazione delle risorse idrogeologiche strategiche mediante la ricostruzione della struttura geologica ed idrogeologica tridimensionale del sottosuolo delle pianure alluvionali e vulcaniche quaternarie e degli acquiferi prequaternari, la ricostruzione della struttura geologica ed idrogeologica tridimensionale degli acquiferi che alimentano sorgenti sottomarine e individuazione degli interventi per la valorizzazione delle risorse idriche disperse in mare. Sempre legato alle risorse idriche superficiali è da considerare un altro impatto della variazione climatica sulla porzione superficiale dei versanti argillosi: l’ispessimento della coltre alterata che provoca la riduzione dello scorrimento dell’acqua e quindi una riduzione delle risorse idriche superficiali accumulabili nei bacini artificiali appenninici. Tale fenomeno, completamente nuovo e già in atto, non è ancora ben noto e valutato per cui non si può, attualmente, prevedere l’impatto che esso avrà circa la riduzione delle risorse accumulabili nel prossimo futuro.
Gli impatti sociali più significativi previsti nel prossimo futuro nella parte centro meridionale dell’area mediterranea saranno rappresentati da:
- Conflitti regionali e interregionali connessi ai trasferimenti attuali di risorse idriche dalle zone interne a quelle costiere e da una regione all’altra;
- Incremento del costo dell’acqua
Incremento del consumo energetico connesso alla maggiore richiesta di climatizzazione.