Antonino Di Caro,un altro medico italiano “eroe” che parte per l’Africa con l’obiettivo di contrastare l’ebola
Qual e’ la motivazione che spinge a partire per l’Africa con l’unico obiettivo di lottare contro l’epidemia da virus Ebola, che in questi territori continua a fare migliaia di morti? ”L’unica risposta possibile e’ che si parte per cercare di ‘fare la differenza’. Mettere a frutto anni di studio avendo la possibilita’ di aiutare sul campo tante persone e’, per molti di noi, una tentazione irresistibile”. A spiegare cosi’ all’ANSA la propria decisione e’ Antonino Di Caro, direttore del laboratorio di Microbiologia dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani, in partenza nelle prossime settimane per la Sierra Leone assieme ad altri tre colleghi. Cinquantotto anni, sposato e senza figli, Di Caro afferma di essersi sentito appoggiato dalla moglie in questa decisione anche se, afferma, ”non mi ci manda a cuor leggero”. Ma il punto, spiega con passione, ”e’ che noi virologi ci stiamo preparando da piu’ di 10 anni all’eventualita’ di una simile epidemia ed ora che c’e’ l’occasione concreta di mettere in pratica tanti anni di studio, non posso rinunciare; questa e’ per me, come per tanti altri colleghi, una tentazione irresistibile”. Si tratta, infatti, chiarisce, ”di cercare appunto di fare la differenza aiutando le persone sul campo quando piu’ hanno bisogno”. Di Caro andra’ in Sierra Leone nell’ambito di un progetto della cooperazione italiana. Sara’ in uno dei centri di Emergency ed avra’ un compito preciso: ”L’obiettivo e’ implementare un nuovo laboratorio ed il mio lavoro sara’ quello di effettuare i test per la diagnosi del virusEbola, in modo da poter avviare tempestivamente i meccanismi di isolamento dei pazienti e di sorveglianza dei soggetti entrati in contatto con loro”. Questa non e’ la sua prima missione: ”Quest’anno ho effettuato altre due missioni in Guinea e Liberia – racconta – nel momento in cui l’epidemia era gia’ scoppiata. Rimarro’ ora in Sierra leone per 2-3 settimane. In media, infatti, la nostra permanenza non supera le 5 settimane, poi c’e’ un ricambio di operatori, altrimenti lo stress sarebbe troppo alto date le difficilissime condizioni in cui si opera”. Altra inevitabile domanda riguarda la paura: ”Certo, ho tantissima paura pensando alla missione che mi attende – risponde Di Caro – ma questo e’ un lavoro che senza la paura non si puo’ fare. La paura, infatti, e’ un meccanismo di difesa e, se non ci fosse, rappresenteremmo un pericolo per noi stessi e gli altri poiche’ saremmo portati a sottovalutare i rischi”. E’ un po’, prosegue, ”come i marinai con il mare”. Fondamentale, conclude il virologo, ”e’ dunque lasciarsi spingere dall’entusiasmo e la forte motivazione che e’ alla base del nostro lavoro, ma mai essere spavaldi, perche’ e’ proprio allora che si fanno gli errori piu’ gravi”.