La nebbia è senza ombra di dubbio uno dei più affascinanti e misteriosi fenomeni atmosferici. In sostanza rappresenta un oscuramento degli strati più bassi dell’atmosfera, prossimi al suolo, causato dalla rapida condensazione del vapore acqueo. I fattori essenziali che favoriscono la formazione della nebbia sono diversi; 1) una umidità relativa molto elevata (80%-100%) 2) un sensibile raffreddamento dello strato d’aria prossimo al suolo 3) la presenza di numerosi nuclei di condensazione. A differenza di quanto si possa pensare la nebbia è un fenomeno molto instabile, e difficile da prevedere con grande precisione. Difatti, bastano piccole variazioni di temperatura affinchè essa si formi o si dissipi rapidamente. La nebbia è costituita da piccolissime goccioline d’acqua ed è favorita da venti deboli, intorno forza 2-3 Beaufort, mentre la sua formazione sovente è fortemente ostacolata da venti forti, sovente sopra i 4-5 Beaufort, anche se regnano tutte le condizioni ideali per la sua formazione.
In questi giorni, con il ritorno dell’alta pressione e delle “Subsidenze atmosferiche” (moti discendenti che schiacciano l’aria verso il basso), il notevole ristagno di umidità e agenti inquinanti, in prossimità del suolo, sta agevolando l’ambiente ideale per la formazione di diffusi banchi di nebbie, localmente anche piuttosto fitti. Soprattutto all’interno della pianura Padana, e nelle valli e conche interne dell’Italia centro-settentrionale. In forma più isolata anche sulle pianure del sud Italia. Come è noto questo tipo di nebbie si realizzano in concomitanza con il fenomeno dell’inversione termica, originato dall’irraggiamento notturno del suolo che interessa gli strati più bassi della troposfera. Proprio nel corso della stagione autunnale e invernale, quando il cielo si mantiene limpido e sereno, in una condizione anticiclonica, con venti deboli o assenti e poco o nullo rimescolamento delle masse d’aria, il terreno irradia calore verso la media e alta atmosfera, liberandolo rapidamente verso l’alto. Tali condizioni agevolano un forte raffreddamento del terreno, favorendo la formazione di uno strato di aria fredda e pesante che ristagna presso il suolo, a circa 100-200 metri di altezza.
Durante il giorno, nel periodo invernale, i raggi solari spesso non riescono a riscaldare il suolo, sia per l’aumentata inclinazione d’inverno che per la ridotta durata del giorno e per l’eventuale presenza di neve che riflette fortemente la luce solare diretta (effetto Albedo). L’aria a contatto con il terreno al calar del sole di conseguenza si raffredda molto rapidamente, raggiungendo temperature inferiori rispetto agli strati atmosferici sovrastanti. La temperatura risulta quindi più bassa in pianura che nelle aree collinari o in montagna, con scarti di anche +10° +12°. Ma in realtà per avere un inversione bastano differenze di appena +2° +3° in appena 200-300 metri di altezza. Questo strato di aria fredda e stabile, essendo più pesante, rimane a livello del suolo e con la condensazione dell’umidità origina le temute nebbie d‘irraggiamento, molto note in inverno nella pianura Padana e nelle vallate alpine e appenniniche.
Le nebbie d’irraggiamento si formano durante le lunghe notti serene e calme di autunno e inverno e raggiungono particolare intensità in corrispondenza delle grandi città, dove lo smog, con la concentrazione delle polveri sottili e di altri agenti inquinanti, è molto elevata, fungendo cosi da nuclei di condensazione che agevolano lo sviluppo di densi strati sottili, con base poggiata sul terreno. Questo tipo di nebbie, durante l’autunno e l’inverno, sono molto frequenti sul Catino Padano, e nelle valli dell’Italia centrale. Le nebbie d’irraggiamento raggiungono un massimo di intensità al primo mattino per poi scomparire durante le ore più calde della giornata, non appena il sole sale sopra la linea dell’orizzonte.