Ricerca: simulato il “sequestro” delle proteine

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Fisici teorici del laboratorio trentino Lisc e biologi molecolari di laboratori americani uniscono le forze e ottengono un importante risultato per la comprensione dell’origine molecolare di patologie gravi come alcune malattie neurodegenerative e cardiovascolari e per la diagnosi di alcuni tumori. A pubblicare la notizia è la rivista “Pnas – Proceedings of the National Academy of Science of Usa -, l’organo ufficiale dell’Accademia delle Scienze americana. La ricerca è stata condotta dal Lisc – Laboratorio Interdisciplinare di Scienza Computazionale, una joint venture del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento e della Fondazione Bruno Kessler, in collaborazione con l’Università del Massachussetts e l’Università del Maryland. “Questo risultato è stato reso possibile da un approccio fortemente interdisciplinare realizzato nell’ambito di collaborazioni internazionali”, osserva Pietro Faccioli, professore di Fisica nucleare e subnucleare all’Università di Trento e coordinatore del gruppo di ricerca in attività al Lisc. “In questo caso – aggiunge Faccioli – la fisica teorica si è messa al servizio della biologia molecolare fornendo un formalismo matematico particolarmente adatto a simulare processi molecolari rari. In questo modo, il team è riuscito a simulare, a partire da un modello microscopico atomistico, il meccanismo attraverso il quale alcune proteine denominate “serpine” riescono a “sequestrare” dall’ambiente cellulare (e, quindi, inibire) alcuni agenti molecolari denominati “serin proteasi” (che sono degli enzimi). Si tratta di un processo di grande rilevanza biologica, in quanto diverse gravi patologie possono insorgere quando l’azione inibitoria delle serpine avviene in maniera troppo lenta o inefficiente”. Qualche esempio? “Le serpine – spiega – sono coinvolte in una grande classe di patologie, le cosiddette serpinopatie. Ad esempio, se la transizione di una variante di serpina chiamata PAI-1 avviene troppo lentamente, possono insorgere malattie cardiovascolari e viene ridotta la capacità di diagnosi di alcuni tipi di cancro”. Poi, sul contributo della fisica teorica, Faccioli aggiunge: “Il processo di inibizione delle serpine è troppo raro e complesso per essere studiato con le tecniche standard della biochimica computazionale (la cosiddetta molecular dynamics)”. “Per questo, il nostro gruppo ha utilizzato un approccio alternativo, sviluppato a Trento negli ultimi otto anni, che è derivato dal formalismo matematico denominato “degli integrali di cammino” che è comunemente usato in fisica subnucleare. La soluzione numerica delle equazioni che sono state derivate – spiega ancora Faccioli – è stata resa possibile dall’integrazione delle conoscenze in fisica teorica con le competenze in supercalcolo del ricercatore Fbk Silvio a Beccara e si è avvalsa anche del contributo prezioso di molti studenti di dottorato, in particolare di Giorgia Cazzolli”. Questa ricerca interdisciplinare ha permesso per la prima volta di identificare le forze inter-atomiche che guidano la reazione di inibizione e di spiegare perché alcune piccole molecole (peptidi) siano in grado di legarsi alla serpina, accelerando il processo di inibizione. Più in generale ha mostrato la potenzialità della nostra piattaforma teorico-computazionale nello studio ad un livello di dettaglio atomistico di fenomeni di grande interesse biologico.

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