I fantasmi esistono solo nella nostra mente, ma ora gli scienziati sanno esattamente dove trovarli e anche come riprodurli. E’ lo stupefacente risultato cui è giunto uno studio del team di Olaf Blanke dell’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna, in Svizzera, di cui fa parte anche Giulio Rognini, giovanissimo cervello italiano ‘in fuga’. Il 29 giugno del 1970 anche l’alpinista Reinhold Messner ha avuto un’esperienza mistica: raccontando la sua discesa dalla cima del Nanga Parbat con il fratello, mentre erano congelati, esausti e affamati di ossigeno, ha detto di aver visto “improvvisamente un terzo alpinista con noi, pochi passi dietro di me, sulla destra, appena fuori dal mio campo visivo”. Storie come questa sono state riportate innumerevoli volte dagli esploratori, nonché da persone rimaste vedove, ma anche da pazienti affetti da disturbi neurologici o psichiatrici: descrivono una presenza invisibile simile a un angelo custode, o a un demone, o a una persona cara persa. Un’entità inspiegabile, illusoria, ma persistente.
Il gruppo di ricerca dell’Epfl ha ora svelato la natura di questo ‘fantasma’, ricreando l’illusione di una presenza in laboratorio e fornendo anche una spiegazione: hanno dimostrato che la sensazione di una presenza è il risultato di un’alterazione dei segnali cerebrali senso-motori, che sono coinvolti nel generare la consapevolezza di sé attraverso l’integrazione di informazioni proveniente dai nostri movimenti e dalla posizione del nostro corpo nello spazio. Il lavoro è pubblicato su ‘Current Biology’. Rognini ha solo 30 anni, si è laureato a Pisa in ingegneria biomedica e “con una semplice mail spedita al professor Blanke – dice all’Adnkronos Salute – sono riuscito a ottenere un dottorato: il mio sogno era unire la robotica alle scienze cognitive. Già solo ricevere una risposta in Italia sembra tanto”. Al giovane scienziato la Svizzera non solo ha risposto, ma ha aperto le porte di uno dei laboratori di ricerca più avanzati al mondo: “Ora ho portato a termine il dottorato e tendenzialmente vorrei rimanere qui. Anche se penso che nella scienza è bene muoversi per il mondo”.
“L’origine di questo studio – racconta Rognini – si deve a studi condotti dal professor Blanke a partire dal 2006, in cui è stato indotto il cosiddetto ‘feeling of a presence’ tramite stimolazione elettrica di una specifica parte del cervello, la giunzione parietale temporale: il paziente in questo modo riportava una presenza dietro il corpo, ma girandosi non la trovava. La cosa curiosa è che questa presenza assumeva la stessa posizione e i movimenti del paziente: se era in piedi, anche il ‘fantasma’ risultava in piedi. Se era seduto, anche la presenza ‘si accomodava’. La condivisione fra postura e movimenti con la presenza percepita già mostrava la componente senso-motoria del fenomeno”. “Ora – prosegue l’esperto – abbiamo allargato lo studio a più pazienti (12 neurologici e 48 persone sane in cui è stato usato il nostro robot per riprodurre l’illusione) e abbiamo approfondito le nostre analisi, confermando le osservazioni del 2006, suggerendo ancora una volta l’origine senso-motoria del fenomeno e ampliando la conoscenza delle regioni cerebrali coinvolte (la corteccia insulare, parietale-frontale e temporo-parietale), che hanno anche una funzione di integrare segnali motori e tattili. Il nostro obiettivo è riuscire anche ad avere risvolti terapeutici, utilizzando ad esempio versioni simili di questo robot per regolare gli eventi psicotici in malati di schizofrenia”. Non poco per chi ne soffre e per chi se ne deve prendere cura.
Nel dettaglio, gli scienziati hanno effettuato un esperimento di ‘dissonanza’ in cui i partecipanti, a occhi bendati, sono stati invitati a eseguire movimenti tenendo una mano davanti al loro corpo. Dietro di loro un dispositivo robotico riproduceva i loro movimenti, toccandoli sul retro in tempo reale. Il risultato è stata la creazione di una sorta di discrepanza spaziale, ma a causa del movimento sincronizzato del robot, il cervello del partecipante si adatta. Successivamente, i neuroscienziati hanno introdotto un ritardo temporale tra il movimento del partecipante e il tocco del robot. In questa condizione asincrona, distorcendo la percezione temporale e spaziale, i ricercatori sono arrivati a ricreare l’illusione fantasma. I partecipanti non erano a conoscenza dello scopo dell’esperimento. Dopo circa tre minuti, i ricercatori hanno chiesto loro quello che sentivano. Istintivamente, diversi soggetti hanno riportato un forte “senso di presenza”, contando fino a quattro “fantasmi”. “Per alcuni, la sensazione era così forte che hanno chiesto di interrompere l’esperimento”, dice Rognini. “Il nostro esperimento – commenta infine Blanke – ha indotto in laboratorio per la prima volta la sensazione illusoria di una presenza. Abbiamo dimostrato che può verificarsi in condizioni normali, semplicemente mettendo in conflitto i segnali sensoriali-motori. Il sistema robotico ci ha aiutato a imitare le sensazioni di alcuni pazienti affetti da disturbi mentali o di individui sani in circostanze estreme. Ciò conferma che il fenomeno è causato da una percezione alterata del proprio corpo nel cervello”.