“La bambina ‘guarita’ dalla leucemia grazie al virus dell’Aids”. Così le cronache internazionali di dicembre 2012 descrivevano Emily Whitehead, detta Emma, una bimba americana che allora aveva 7 anni e che dal 2010 combatteva con una forma di leucemia linfoblastica acuta diventata resistente alla chemio. Due anni fa, al meeting annuale della Società Usa di ematologia (Ash), i riflettori si erano accesi su di lei perché da più di 6 mesi viveva libera dalla malattia. Un successo ottenuto grazie a una terapia sperimentale che ha utilizzato cellule T del suo sistema immunitario, riprogrammate usando come vettore genetico un virus Hiv neutralizzato. Ora, 24 mesi dopo, Emily ha 9 anni e la sua favola continua. Ancora una volta protagonista al congresso dell’Ash al via oggi a San Francisco. Da quel trattamento ricevuto nell’aprile 2012, una forma di immunoterapia denominata ‘CTL019’, la sua vita è ricominciata e prosegue come quella dei suoi amici sani. Emma va a scuola, coltiva i suoi hobby preferiti e gioca con il suo cane Lucy. Sembra avere vinto il suo male, anche se tecnicamente la guarigione ufficiale scatta dopo un periodo di 5 anni. Ed Emily non è sola, perché come lei un gruppo di altri bambini sta sperimentando i benefici dei linfociti T ‘ogm’. Cellule ingegnerizzate in laboratorio in modo da trasformarsi in killer specializzati nel ‘cacciare’, catturare e uccidere le cellule B impazzite per la leucemia. “Il 92% dei 39 bimbi trattati nello studio pilota non mostrava più segni di cancro del sangue a un mese dalla terapia – riferisce durante il summit californiano Stephan A. Grupp, oncologo pediatrico del Children’s Hospital di Philadelphia e docente di pediatria alla Penn (Perelman School of Medicine dell’università della Pennsylvania), a capo della sperimentazione – Con risposte complete che in alcuni casi, come Emily, hanno ormai superato i 2 anni. Mentre continuiamo a seguire i bambini arruolati in questo studio, osserviamo risultati entusiasmanti per pazienti che hanno esaurito le altre opzioni terapeutiche a disposizione”. Dei 36 piccoli che hanno avuto risposte complete a un mese del trattamento, 25 (69%) sono rimasti in remissione a 6 mesi. Degli stessi 36, 10 hanno poi avuto ricadute e 5 di loro sono morti. Tutti i bambini dello studio pilota soffrivano di leucemia linfoblastica acuta che si era ripresentata dopo il trattamento avviato in prima linea, o si era mostrata resistente al farmaco fin dall’inizio: CTL019, spiegano gli scienziati, è un tipo di immunoterapia che consiste nel bioingegnerizzare in laboratorio cellule T del paziente in modo da trasformarle in ‘cacciatori’ di cellule B. Vengono infatti modificate in maniera tale da riconoscere e agganciare una proteina presente solo sulla superficie dei linfociti B (la CD19). Una volta reintrodotte nel paziente, le cellule T così riprogrammate proliferano ed eliminano le cellule B sia malate che sane. La funzione di queste ultime viene quindi ripristinata attraverso infusioni ad hoc di immunoglobuline. Ai pazienti i ricercatori hanno inoltre somministrato un farmaco immunomodulante mai usato prima, per contrastare lo scatenarsi di un effetto indesiderato indotto dalla terapia (sindrome da rilascio di citochine). “I risultati – conclude il responsabile della sperimentazione – indicano che le cellule T ingegnerizzate proliferano con successo nell’organismo del paziente, producendo tassi di risposta completa molto elevati e persistenti, che potenzialmente permettono il controllo della malattia a lungo termine. Il nostro prossimo passo è condurre uno studio multicentrico di fase II, già in corso, mirato a valutare la sicurezza e l’efficacia della terapia in più strutture”. Il team di Grupp sta anche collaborando con un’altra équipe della Penn, che offre la stessa terapia personalizzata a pazienti adulti colpiti da altre forme tumorali. Nel luglio scorso l’agenzia del farmaco Usa Fda ha accordato all’approccio CTL019 la designazione di ‘terapia breakthrough’, per accelerarne lo sviluppo attraverso trial clinici più estesi. Ad agosto 2012 il gruppo svizzero Novartis ha acquisito dalla Penn i diritti esclusivi sulla terapia. Diversi scienziati del colosso basilese compaiono fra i co-autori negli abstract presentati al meeting dell’Ash.