«Le decisioni prese per ridurre le quote di pesca sono molto deboli e dimostrano che i ministri dell’UE non hanno alcuna intenzione di fermare la pesca eccessiva. Si continuano a seguire logiche di breve periodo, a tutto vantaggio delle grandi flotte industriali, con il rischio di svuotare per sempre i nostri mari. Un fallimento politico anche per l’Italia, che ha presieduto il Consiglio di ieri e non è stata in grado di guidare i Paesi membri verso un radicale cambiamento delle politiche di gestione della pesca».
Solo un anno fa, con l’approvazione della riforma della Politica Comune della Pesca (PCP), i Paesi membri dell’UE si erano impegnati a porre fine alla pesca eccessiva e a garantire il recupero degli stock ittici sovrasfruttati. Nel Consiglio di ieri solo alcune delle quote di pesca per il 2015 sono state ridotte, in linea con le raccomandazioni scientifiche (ad esempio per l’aringa e lo sgombro). Per altri stock ittici, sono stati invece mantenuti gli attuali livelli di cattura o sono state accordate solo minime riduzioni. Ad esempio, per specie importanti come il merluzzo e la sogliola nei mari del Nord, la riduzione è stata inferiore alle richieste della comunità scientifica.
«Sono state ignorate le richieste di centinaia di migliaia di cittadini, tra cui molti pescatori artigianali, delle ONG e degli esperti», prosegue Maso. «È ora che i Paesi europei, in primis l’Italia, mettano al centro delle loro politiche la sostenibilità della pesca, il recupero degli stock ittici e la lotta all’illegalità. Se i governi vogliono davvero raggiungere gli obiettivi che si sono posti solo pochi mesi fa, devono fare ancora molta strada», conclude.