Il Presepe (o Presepio) è la rappresentazione della scena della nascita di Gesù, realizzata per mezzo di statuine di diversi materiali; preparata tradizionalmente nelle case e nelle chiese nel periodo tra il Natale e l’Epifania. La scena ha i suoi elementi principali nella grotta, che racchiude la mangiatoia dove viene posto Gesù Bambino, con a lato la Madonna, San Giuseppe, il bue, l’asino, i tre Re Magi e i pastori. Ma quali sono le origini del presepe? Se a Betlemme si operò il mistero della divina Incarnazione del Salvatore nel Mondo, a Greccio, per la pietà di San Francesco di Assisi, iniziò la sua mistica rievocazione.
Tra i boscosi monti Sabini, alle pendici del monte Lacerone, si scorge il paesino di Greccio, che si apre sulla vasta pianura di Rieti; dall’aspetto di un castrum medioevale, con case serrate tra loro, raccolte intorno ad una piazza con fontana centrale. Ripercorrere alcuni passaggi della vita di San Francesco, in questo luogo, è fondamentale per capire come si è giunti alla prima rappresentazione del presepe. Il Santo, che era stato a Roma da Papa Onorio III nell’anno 1210, chiedendogli l’approvazione della sua Regola di vita con i fratelli, in povertà assoluta, predicando il Vangelo nella semplicità; qualche anno dopo, nel 1219, armato solo di perdono e della parola di Gesù, partì come Crociato in Oriente. Fu ricevuto dal sultano alMalik- al-Kamil e poté visitare in pace i luoghi santi della vita del Signore. Il ricordo più intenso di quel viaggio fu certamente, per il futuro Santo, la visita all’umile grotta di Betlemme dove nacque Gesù. Tornato in Italia, pensando certamente a Betlemme, in prossimità del Natale, Francesco, prima di congedare i frati per il riposo notturno, li pregò di fermarsi ad ascoltare una sua proposta: quella di celebrare il Natale in un modo nuovo, rappresentando la nascita del Bambino Gesù, per mostrare quanti disagi Il Salvatore ha dovuto affrontare.
Frate Bernardo fu assolutamente d’accordo, frate Leone sollevò qualche dubbio sulla partecipazione della gente, frate Egidio espresse il timore che il Papa avrebbe potuto negare il permesso, ma Francesco cercò di entusiasmare i suoi frati sull’iniziativa. Nel frattempo, un giovane di Greccio, andò da Francesco per offrirgli i suoi territori costellati di grotte naturali che si prestavano perfettamente al suo progetto. Il Papa Onorio III accordò volentieri il suo permesso e i frati si misero all’opera per cercare i volti che dovevano interpretare la Sacra rappresentazione: i pastori, Maria, Giuseppe, il bambino. La notte di Natale del 1223, arrivarono persone da varie regioni, frati, donne, uomini, con fiaccole per illuminare la Notte Santa, tra i borghi e sentieri in cui risuonavano cori festosi. Radunato tutto il popolo, Francesco introdusse con poche parole la Veglia natalizia, frate Egizio lesse il Vangelo della nascita di Gesù ad alta voce e Chiara recitò alcuni pensieri sulla povertà del figlio di Dio. Entrarono poi anche i pastori in scena, rendendo quella notte unica, avvolta da una fede profonda. Francesco concluse la commovente rappresentazione con queste parole : “Fratelli, siete accorsi stanotte per vedere con i vostri occhi la nascita del nostro Signore. Egli è nato umile e povero, e umili erano anche le persone che lo hanno adorato. L’umiltà e la povertà con le quali Dio si è rivelato all’umanità sono l’unica via che conduce al bene assoluto; in questo sta la perfetta letizia. Oggi Greccio è diventata la nuova Betlemme, andate e annunciatela a tutti”.Diversa è la descrizione di quella notte, tratta da Legenda Major di Bonaventura, dove si narra che un cavaliere virtuoso e sincero di nome Giovanni Vellita, che per amore di Cristo aveva abbandonato le armi, confessò di aver visto un bimbo bellissimo, dormire in una mangiatoia, mentre il beato Francesco, stringendolo tra le braccia, sembrava volerlo svegliare. Un’apparizione credibilissima, attestata dalla presenza di uomini di fede che la narrarono, confermata dai miracoli. Il Santuario di Greccio, noto in tutto il mondo per essere stato scelto come teatro della rievocazione della Natività di Betlemme; evento cruciale nella storia del Cristianesimo, avvenuta nella notte di Natale del 1223, è una straordinaria fusione di architettura e natura, dato che i suoi confini si perdono nei rigogliosi boschi di lecci che accolsero le solitarie ascesi di Francesco. La nascita dell’eremo è avvolta dalla leggenda: secondo un racconto popolare, il Santo chiese ad un bimbo del borgo di lanciare un tizzone per stabilire il luogo del convento ed il tizzone, dalle porte del paese, giunse sino allo sperone di roccia dove oggi sorge il Santuario. Sopra l’attuale convento, tra i boschi, a più di mille metri, nel 1209 lo stesso Francesco eresse una capanna per le sue meditazioni.
Il luogo fu denominato “Monte San Francesco” e nel 1712 fu dedicata al Santo una cappella. La natività, a partire dal 1223, ebbe diverse riproduzioni, alcune opere di artisti famosi, altri di artigiani meno noti, fino ad arrivare alla realizzazione, nelle nostre case, del piccolo presepe con le statuine in gesso o in plastica colorata. Tra le prime rappresentazioni di alto valore artistico, la natività di Arnolfo da Cambio, nel 1289, oggi conservata nella confessione della cappella Sistina in Santa Maria Maggiore a Roma, realizzata per onorare una delle reliquie più significative del Cristianesimo: la culla di Gesù Bambino. Il più tradizionale dei presepi romani si trova nella chiesa dell’Ara Coeli, nel quale il Bambino è il protagonista assoluto. Si tratta di una statua che fu ricavata, secondo la tradizione, da un olivo dell’orto del Getsemani; colorata misteriosamente dagli angeli e che, altrettanto misteriosamente, giunse a Roma e fu protagonista di miracolose guarigioni e di altri fatti straordinari. Il presepe pugliese, invece, occupa tutta una cappella o addirittura il transetto di una chiesa; è incastonato in una grandiosa grotta di finta roccia e su di essa si sviluppa la cavalcata dei Magi, animata da pecore, pastori, zampognari. A Lecce invece, sono fatti in cartapesta. Gran parte dei presepi pugliesi quattro-cinquecenteschi sono opera di Stefano da Putignano o della sua bottega. Un ricordo particolare va al presepe siciliano che. pur essendo analogo a quello napoletano, se ne diversifica per la minor divagazione. Il tono e la rappresentazione sono più sacre, l’atmosfera più drammatica. Esempi si possono trovare nel Museo siracusano di Palazzo Bellomo: statuette delicate, caratterizzate nei volti, nei gesti e nella finezza degli abiti.
Anche in Alto Adige troviamo una ricca tradizione di presepi, già presente nel quattro-cinquecento ad opera di maestri ed artigiani intagliatori di legno. Il gusto nordico tirolese si mescola con lo stile italiano per dar vita a piccoli presepi lignei animati da una folla di personaggi; esempi se ne trovano nel museo diocesano di Bressanone, nel grande altare della chiesa di San Francesco a Bolzano, nella abbazia di Novacella. Tale tradizione continua ancor oggi presso gli intagliatori in legno della Val Gardena e del Trentino. Ma è certamente Napoli la patria indiscussa del presepio, dove esso è un’esplosione di luci, colori, forme, suoni, una manifestazione del costume e dell’animo napoletano. L’amore per lo spettacolo, per la vivacità e per l’aneddotica rende questi presepi unici, talvolta ricchi di animate scene popolaresche.