La storia di Babbo Natale è un intrecciarsi di leggende, culture e tradizioni che hanno contribuito alla nascita del Babbo moderno. Esistono, nel mondo, almeno una trentina di vocaboli per riferirsi al personaggio più pubblicizzato delle feste natalizie e qualunque sia l’idioma adoperato per definirlo, ci si riferisce sempre a colui che porta i doni a tutti i bimbi buoni del mondo e in una sola notte. E se la cultura classica greca narra già che Poseidone, dio del mare, fosse un dispensatore di doni, per i più, la storia di Babbo Natale iniziò a Patara, una città sulla costa meridionale dell’odierna Turchia, la cui popolazione era di cultura e lingua greca. Qui, da una famiglia cristiana benestante, che gli diede una solida educazione religiosa, nacque il futuro San Nicola. Entrambi i suoi genitori morirono a causa di un’epidemia e Nicola, ancora giovanissimo affascinato dalle parole di Gesù (“Va, vendi quello che hai e dallo ai poveri”), utilizzò tutta la sua eredità per aiutare bisognosi, ammalati e sofferenti, sentendo, ad un tratto, di voler dedicare la sua vita a Dio. Divenuto vescovo di Myra, si contraddistinse per la sua generosità verso i più bisognosi, il suo amore per i bambini, la sua attenzione per i marinai e le navi. Sotto il regno dell’imperatore Diocleziano, che perseguitò spietatamente i cristiani, Nicola soffrì l’esilio e la prigionia. Dopo la sua liberazione, partecipò al Concilio di Nicea del 325 d.C. e morì il 6 dicembre 343 d.C. a Myra, dove fu sepolto nella Chiesa cattedrale.
Dopo la sua traslazione in Italia,che ebbe un’eco straordinaria in tutta Europa, la diffusione del suo culto ebbe un’impennata, ispirando nuove leggende, tra cui quella dei tre giovani seminaristi che, uccisi, tagliati a pezzettini e messi in salamoia da un oste malvagio (prototipo dell’orco), furono resuscitati da Nicola. Da questo episodio, nacque il patronato del Santo Vescovo sui bambini e la sua festa invernale, il 6 dicembre, divenne quella degli scolari e dei bimbi, soprattutto nell’ Europa centrale e orientale. Nicola divenne un dispensatore di dolciumi e leccornie ai bimbi buoni, mentre le sinistre figure che lo accompagnavano, diverse a seconda dei diversi folklori, da Pietro il nero a Rupprecht, castigavano a suon di frusta e minacce i più capricciosi. Pare che il nome stesso del Santo derivi da quello del dio greco Nickar, anch’egli ritenuto nell’antichità un dio molto generoso. L’aspetto del Santo è cambiato notevolmente nel corso dei secoli. Dopo la Riforma protestante, i santi erano visti di cattivo occhio ma nessuno voleva perdere la tradizione dei regali. Ogni nazione europea adottò il proprio sostituto di San Nicola: in Inghilterra, ad esempio, fu un vecchio con la barba, che mantenne un vago aspetto sacro, per cui il mantello vescovile divenne un lungo abito verde scuro e la mitra divenne il cappuccio, sempre verde, con pon- pon bianco; mentre in Germania il misterioso dispensatore di doni divenne Gesù Bambino.
L’aspetto di vecchio elfo paffuto e grassottello comparve nel 1823, quando Clement C.Moore scrisse “A visit from St Nicholas”; mentre per la divisa rossa bisognerà attendere il 1885, a seguito dell’illustrazione, a Boston, di alcune cartoline natalizie ad opera del tipografo Louis Prang. Dopo la Riforma, anche il nome del Santo venne modificato, passando da “San Nicola” all’olandese Sinter Klass. Gli immigrati tedeschi e olandesi portarono la tradizione anche negli Stati Uniti, dove Kris Kringle (Gesù Bambino) fu sostituito da Santa Claus (abbreviazione di Sancta Nicolaus). La consacrazione dell’immagine soffice e tonda di Babbo Natale avviene nel 1860, quando il Presidente americano Abraham Lincoln, come arma di guerra psicologica nei confronti della Germania, chiese al caricaturista americano Thomas Nast di ridicolizzare l’immagine del Santa Claus tedesco: Nast lo ingrassò, enfatizzò le curve con una cinta nera in vita e decise che Babbo Natale, con la sua lista dei buoni e di cattivi, era certamente nato al Polo Nord e doveva avere le guance rosse. Fu però negli anni 30 che, l’allora nascente Coca Cola Company decise di appropriarsi della rassicurante figura di Santa Claus per pubblicizzare la celebre bevanda e, a questo scopo, il disegnatore Madden Sundbloom accentuò quanto già delineato da Nast, cristallizzando, una volta per tutte, l’immagine di Santa Claus – Babbo Natale, così come la conosciamo: un omone dal vestito rosso orlato di pelliccia, stivaloni neri, che dimora al Polo nord, la cui slitta viene trainata da renne volanti, distribuendo regali ai bimbi buoni.
Fu Clement Clarke Moore ad indicare, in una poesia scritta per i suoi figli, il nome di tutte le otto renne di Babbo Natale (Blitzen, Comet, Cupid, Dancer, Dasher, Donner, Prancer e Vixen) mentre la nona renna, aggiuntasi solo nel 1939, è Rudolph dal naso rosso, inventata a scopo pubblicitario dalla catena americana Montgomery Ward. La favola narra che Rudolph fosse spesso snobbata e derisa dalle altre renne per via del suo naso rosso brillante, tanto che non le era permesso prendere parte a nessuno dei tipici giochi da renna. Una notte di Natale molto nebbiosa, Babbo Natale in persona si avvicinò a Rudolph, chiedendogli se voleva guidare la slitta ,illuminando il percorso con il suo naso. Da allora Rudolph, che rappresenta la rivalsa di tutti coloro che vengono emarginati, divenne la renna più famosa di tutte. In Svezia, invece, questa leggenda non esiste perché Babbo Natale è accompagnato nel suo viaggio da un gruppo di caprioli. Babbo Natale, dunque, è una cosa seria, non solo per il mondo dell’infanzia. Dietro la favola, dietro la finzione nella quale ci nascondiamo noi grandi, per celebrare l’aspetto più popolare delle sue gesta, si celano elementi religiosi, sociologici, antropologici, culturali e una sapiente opera di cesellatura, portata avanti dai maghi del marketing.