Trentaseimila casi l’anno, con 7.500 decessi. E una mortalità che in dieci anni è calata del 18%: sono questi i numeri del tumore della prostata, il cancro “silenzioso” che non presenta sintomi specifici, ma che è la neoplasia più diffusa fra gli uomini, rappresentando da sola il 20% di tutte le forme al maschile. Che ora può essere combattuto in modo ancora più efficace grazie ad un radiofarmaco, disponibile da pochissimo anche in Italia, che aumenta la sopravvivenza globale del 30%. “Il radio-223 dicloruro rappresenta un successo della ricerca, che ci permette di affrontare in misura ancora più vincente questo tumore – spiega il prof. Francesco Cognetti, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma durante un press event svoltosi oggi a Roma -, anche se non vanno dimenticate mai le buone regole della prevenzione. Perché questa neoplasia risente molto dell’alimentazione troppo ricca di grassi, della sedentarietà, del fumo di sigaretta. A tutte le età, dunque, è indispensabile adottare stili di vita corretti, capaci di tenere alla lontana il cancro. “Il Radio-223 dicloruro (Ra-223) – afferma dott. Paolo Carlini, Dirigente Medico al Regina Elena di Roma – è il primo radiofarmaco ad azione specifica sulle metastasi ossee che, rispetto ad altre terapie non induce danni evidenti al midollo osseo. Il farmaco è stato approvato dall’EMA nel novembre del 2013 ed in Italia è disponibile in classe Cnn. Attualmente è in fase di negoziazione con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)”. Il carcinoma prostatico rappresenta il 20% di tutti i tumori diagnosticati a partire dai 50 anni di età. Non esistono screening, come per il tumore del seno o del colon retto o della cervice uterina. “Da anni, si discute dell’utilità del PSA – prosegue Cognetti -. È scientificamente dimostrato che il livello di questa proteina aumenta in presenza del tumore. Tuttavia i suoi valori elevati possono essere causati anche infiammazioni o infezioni. Per ottenere risultati più precisi è preferibile affiancarlo ad altri marcatori. E comunque l’esame del PSA non deve essere utilizzato in maniera indiscriminata come strumento di screening del tumore della prostata”.