Le carote nere appartengono alla stessa specie di quelle arancioni ma provengono dall’Afghanistan e sono dei potenti antiossidanti
Le carote nere o viola hanno una marcia in più rispetto a quelle arancioni da tutti conosciute. Si sono affermate e diffuse principalmente in Cina dove se ne fa un uso sia culinario che nell’ambito medico.
Esse avrebbero origini antichissime, risalendo al 3000 a.C., introdotte poi nel continente europeo attraverso gli Arabi alla fine del Medioevo insieme ad un altro tipo di carote di colore giallo.
La loro preziosità deriva dall’essere dei potenti antiossidanti, venendo definiti “gli spazzini” dei radicali liberi, infatti, oltre al betacarotene sono ricche di antociani – le sostanze chimiche responsabili della loro colorazione – contenuti anche nei mirtilli o nelle more con proprietà antinfiammatorie e capaci anche di contribuire a mantenere il colesterolo entro parametri accettabili. Inoltre agiscono da protettori sulla circolazione capillare rivelandosi buoni alleati per contrastare la cellulite, la fragilità capillare e le emorroidi.
Costituiscono un potente scudo anticancro contenendo un elevato contenuto di polifenoli che proteggono dalla degenerazione cellulare – secondo uno studio della dottoressa Anneline Padayachee (Università del Queensland) pubblicato su Food Chemistry.
Nello specifico l’attività di difesa dei polifenoli si esplicherebbe nella prevenzione dei tumori del colon in quanto essi, presenti nelle fibre della carota, vengono sprigionati nelle ultime fasi della digestione, quindi nell’intestino.
Il miglior consumo che se ne possa fare è mangiarle crude (magari facendone un centrifugato), al fine di assimilarne appieno le vitamine (A e C e vitamine del gruppo B) ed i sali minerali (ferro, calcio, potassio e selenio) nonché un tasso di sostanze antiossidanti dodici volte maggiore rispetto a quello delle normali carote.