Come previsto l’ondata di freddo che nei giorni scorsi ha investito la Grecia e la Turchia ha prodotto nevicate molto abbondanti su buona parte dell’altopiano Anatolico, che in alcuni è stato letteralmente sommerso di neve fresca. In alcune aree di montagna, dopo giorni di intense e persistenti nevicate, il manto nevoso accumulato sul terreno ha superato i 1.0-1.5 metri di altezza. Interi villaggi, lungo il versante settentrionale dei monti del Ponto, sono stati sepolti dalla neve fresca, che sopra i 1000-1500 metri di altezza ha sfiorato i 2.0 metri di spessore. La situazione più difficile la si riscontra proprio a Kastamonu, città di oltre 90.000 abitanti situata a 900 metri sul livello del mare. Affacciata sul mar Nero, quasi a strapiombo sulle coste della Turchia settentrionale, e quindi in un punto particolarmente esposto alle freddissime correnti settentrionali provenienti dall’Ucraina, Kastamonu è stata seppellita dalla neve, dopo giorni di nevicate ininterrotte. In questa località gli accumuli hanno superato addirittura i 2.0 metri di spessore, tanto che molte abitazioni ai piani inferiori e le stesse autovetture sono state sommerse.
L’eccezionale nevicata ha paralizzato i trasporti su tutte le linee della Turchia. Molte strade e autostrade sono tuttora impraticabili, specie sul settore settentrionale del paese, mentre sarebbero decine i centri montani e i villaggi dell’altopiano Anatolico rimasti isolati, a causa delle abbondanti nevicate che hanno paralizzato qualsiasi tipo di trasporto. Come avevamo già spiegato in un precedente articolo di didattica le abbondanti nevicate che hanno colpito buona parte del territorio turco, ed in modo particolare il settore più settentrionale e le coste che si affacciano sul mar Nero, sono state originate da un fenomeno analogo al ben noto “lake effect snow” nord-americano, definito come “Black sea effect snow”. Questo fenomeno, responsabile delle copiose nevicate che hanno sepolto la Turchia settentrionale, si è prodotto in seguito allo scorrimento delle fredde correnti, di origine polare continentale, sopra la più tiepida superficie del mar Nero. Le fredde correnti settentrionali, conservando per un lungo periodo le loro origini gelide, dopo essere transitate sopra l’Ucraina (interamente innevata di fresco) hanno proseguito la loro strada verso latitudini più meridionali, versandosi sopra le miti acque superficiali del mar Nero. I gelidi venti da Nord e N-NO, in uscita dal bassopiano ucraino innevato, si sono propagati verso il bacino del mar Nero. A contatto con le miti acque superficiali del mar Nero l’aria molto fredda, d’origine continentale, si è sensibilmente riscaldata e umidificata nei bassi strati.
Questo riscaldamento della massa d’aria, indotto dal transito della stessa sopra le più tiepide acque superficiali del mar Nero, ha inasprito i forti contrasti termici che si sono determinati sopra la più tiepida superficie marina (“gradiente termico verticale”), producendo l’innesco di una spiccata attività convettiva (moti ascendenti della colonna d’aria). Questi moti convettivi hanno agevolato la formazione di una lunga striscia di bande nuvolose cumuliformi (cumuli, cumulonembi con base molto bassa e carichi di neve) in grado di apportare precipitazioni sparse, spesso a sfogo di rovescio, con frequenti gragnolate e neve molto umida che arrivava a depositarsi fino alle coste della Turchia settentrionale. L’instabilità convettiva e della nuvolosità cumuliforme, che si dispone in lunghi ed estesi serpentoni distesi lungo la direzione del vento prevalente, viene spiegata dal fatto che a contatto con la più mite superficie marina la massa d’aria gelida si riscalda e si carica di umidità fin dagli strati più bassi, mentre in quota continua a mantenere le sue origini gelide, con valori sotto la soglia dei -35°C -40°C. Tale dinamica tende a esacerbare il “gradiente termico verticale” all’interno della massa d’aria, instabilizzandola dall’interno e alimentando la formazione di bande di nubi cumuliformi, allineate una dietro l’altra, che raggiunte le coste della Turchia settentrionale, sotto la spinta dei sostenuti venti settentrionali che spiravano a tutte le quote, hanno dato la stura a intensi rovesci di neve, a tratti accompagnati dalla caduta di chicchi di grandine e dalla gragnola.
Ciò dà origine al fenomeno che possiamo chiamare “Black sea effect snow”, responsabile delle forti nevicate che nel periodo invernale colpiscono l’area di Istanbul e le coste della Turchia settentrionale. Ma oltre al fenomeno del “Black sea effect snow” si è aggiunto anche lo “stau” (sbarramento orografico) generato dagli elevati monti del Ponto che in queste situazioni, con i venti da Nord e N-NO provenienti dal mar Nero, possono favorire abbondanti nevicate sino alle zone costiere, dato l’elevato “forcing” orografico imposto da questi rilievi piuttosto imponenti alla ventilazione dai quadranti settentrionali. La barriera montuosa del Ponto, con le sue vette oltre i 3000 metri, blocca i freddi e umidi venti settentrionali che scivolano dal mar Nero, costringendo l’aria gelida, a contatto con i primi contrafforti montuosi, a salire bruscamente di quota, saturandosi e favorendo la formazione di estesi annuvolamenti cumuliformi, sul versante sopravento, che tendono a dispensare precipitazioni a carattere nevoso, piuttosto intense e persistenti. Oltre alle forti nevicate la Turchia ha sperimentato anche le prime giornate di gelo sull’altopiano interno, ormai ricoperto da uno spesso strato di neve fresca che sta determinando un forte “Albedo”. Su tutti spiccano i -18.2°C raggiunti ieri a Corum e i -17.4°C a Yozcat. Ma temperature sotto i -10°C si sono registrate in svariate località dell’altopiano Anatolico.