Cresce il numero di giovani laureati in medicina che espatriano per trovare realizzazione professionale fuori dall’Italia, mentre la Sanità Nazionale Italiana continua ad affondare in un baratro senza uscita fra carenza di personale e tagli alla spesa
Il fenomeno della fuga dei medici italiani verso l’estero sta diventando un fenomeno in ascesa. Considerando i dati del 2009, in soli 5 anni sono sestuplicati i medici italiani che hanno deciso di scappare dall’Italia, perché qui lavoro per loro sembra non essercene. Sembra un paradosso se si pensa che l’Italia è un paese in cui la Sanità pubblica è fortemente in carenza di personale. Ma il problema che sta alla radice di tutto è che nonostante le lacune nazionali, l’enormità della spesa pubblica per la sanità va incontro a continui tagli e da ciò ne conseguono precariato, stipendi bassi e purtroppo ambienti ospedalieri in cui regna sovrano il “Nonnismo”: giovani medici devono sottostare al parere del più esperto ed anziano, e spesso cercare di accaparrarsi la sua benevolenza pur di poter realizzare qualche mansione più di alto livello, per diventare qualcuno insomma e poter far carriera dopo ben quasi 11 anni di sacrifici e studi. Ma sono davvero queste le prospettive che i giovani medici appena laureati hanno intenzione di soddisfare? Vittime di un sistema in cui spesso si perde di vista il reale obiettivo della professione, cioè l’amore per il paziente e la necessità di salvare vite?
Ecco che il fenomeno della fuga dei medici diventa sempre più preponderante. I medici italiani che hanno chiesto al Ministero della Salute i documenti necessari per ottenere un impiego all’ estero erano solo 396 nel 2009, e nel 2014 sono stati 2363. I medici, chiedono dunque un certificato che confermi la laurea ed eventuali specializzazioni per espatriare in paesi, prevalentemente europei, dove possano soddisfare al meglio la propria professionalità. C’è inoltre, anche se in percentuale ancora ridotta , coloro che scelgono di “ arruolarsi “ in Africa o in sud America. Ma le strozzature del sistema d’organizzazione per i futuri medici italiani non è solo quello del problema lavorativo.
E’ ancor più alla radice: in Italia si laureano circa 10 mila camici bianchi. La problematica subito dopo la laurea è quella di sgomitare per accaparrarsi un posto nelle scuole di specializzazione, i cui posti attualmente sono solo 5 mila. Ciò dunque significa matematicamente che quasi la metà dei giovani medici laureati dovranno ritentare l’anno successivo per sperare di entrare in una scuola che gli permetta di specializzarsi nel ramo prescelto. I restanti rimasti fuori dunque possono solo attendere, o , come spesso accade, rimboccarsi le maniche e trovare possibilità all’estero. Ammesso e concesso che riescano a terminare la specializzazione in Italia, il problema successivo che si apre è quello lavorativo; nella sanità nazionale ormai da anni c’è un muro nelle nuove assunzioni, nel 2014 si sono registrare circa 5 mila assunzioni in meno rispetto al 2009.
Feder specializzandi, l’associazione a cui aderiscono i giovani medici che stanno facendo la specializzazione post laurea ha dichiarato che “ vanno tutti via perché il nostro sistema formativo non dà garanzie e oltretutto le opportunità lavorative e formative all’estero sono migliori”. “Negli altri paesi si sono resi conto che da noi ci sono molti colleghi già formati che cercano lavoro”, ha dichiarato Carlo Palermo vice segretario di Anaao il sindacato dei medici ospedalieri che conta maggiormente aderenti “ed infatti assistiamo alle pubblicità, veicolate attraverso riviste specializzate ma anche social network, di Francia, Germania e Inghilterra che iniziano i nostri giovani ad entrare nei loro sistemi sanitari”. Purtroppo la situazione nei prossimi immediati anni non tenderà a migliorarsi, anzi si stima che salirà ancora di più il numero dei medici che espatrierà, non solo per le poche occasioni che il nostro paese offre ma anche perchè l’estero, è goloso dei nostri giovani medici e li corteggiano. Palermo ha dichiarato che “bisogna intervenire in vari modi per invertire questa tendenza. Intanto vanno aumentate almeno ad 8 mila le borse di studio per le specializzazioni, poi va riaperto il turn over dentro gli ospedali. Dall’altro devono esser anche ridotti per alcuni anni gli accessi alla facoltà di Medicina per riassorbire gli incrementi di iscrizioni legati alle sentenze dei Tar, che hanno riammesso molti dei candidati scartati facendo crescere il numero degli iscritti fino a 12 mila”. In effetti, in campo medico, non è da sottovalutare anche il boom delle iscrizioni di questi ultimi anni, ciò, a parer di alcuni, potrebbe essere imputato al fatto che i test di ammissioni non fossero così complicati come ci si aspetterebbe da una verifica che testa le capacità le conoscenze e soprattutto la volontà dei futuri medici italiani nell’avviare questo percorso di studi difficoltoso e tortuoso, in cui necessita tanta passione e motivazione. Inevitabile anche non accennare al problema sollevato qualche anno fa sui test “truccati”, dove alcuni studenti avevano la meglio perché aiutati da “una mano amica” esterna, e da una raccomandazione della Commissione. Insomma, gli scandali non sono mancati in Italia nell’indirizzo di medicina. Ciò non significa che si debba generalizzare, anche perché i dati parlano chiaro ed i paesi stranieri lo confermano: la preparazione medica degli studenti italiani è eccellente, ed unita alla volontà di fare e crescere nel proprio ambito spinge i medici a cercare fuori dall’Italia la terra della propria realizzazione.