Green Hill e vivisezione: oggi la sentenza di condanna

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Giustizia è stata fatta: “con la sentenza di oggi finisce la stagione degli allevamenti di beagle per la sperimentazione”

Una sentenza storica che costituisce un precedente importantissimo e che vede come destinatario il tristemente famoso allevamento di cani beagle destinati alla sperimentazione.

Il Tribunale di Brescia ha condannato per uccisione di animali e maltrattamenti Ghislaine Rondot, gestore di Green Hill, Roberto Bravi e Renzo Graziosi, rispettivamente direttore e veterinario. Mentre è stato assolto il secondo gestore, Bernard Gotti, per non aver commesso il fatto.

Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega Italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente ha così affermato: “la sentenza di Brescia è una grande vittoria, un traguardo di straordinaria importanza. Soddisfa perché riconosce la colpevolezza di 3 imputati su 4, la sussistenza dei reati (maltrattamento ed uccisione) e quindi il principio secondo cui, anche nel contesto di massimo sfruttamento economico e per scopi scientifici, gli animali vanno rispettati e tutelati, come prevede la legge“.
La sentenza ha una portata storica e suggella degnamente una vicenda emblematica per l’opinione pubblica, non solo del nostro Paese. Green Hill era davvero il “canile lager” che avevamo denunciato, contro il quale hanno manifestato decine di migliaia di persone. E’ una vittoria dell’accusa, ma anche di tutti coloro che amano gli animali e di tutti i poveri cani che hanno perduto la vita o hanno vissuto una non-vita tra le mura dello stabilimento di Montichiari. Fortunatamente, grazie alla legge che ho scritto, non avremo sul nostro territorio altre “fabbriche di morte”. E questa è una seconda, importante ragione di soddisfazione“.
Non possiamo dire altrettanto delle pene comminate. I responsabili non sono stati puniti come avrebbero meritato, ma è risaputo che il nostro codice penale è ancora troppo “mite” con gli autori di reati a danno degli animali. Riflettano il governo e i parlamentari che in questi giorni esaminano il decreto sulla “non punibilità per tenuità del fatto”: se le norme proposte fossero state in vigore, reati come quelli commessi a Green Hill probabilmente sfuggirebbero a qualsiasi forma, anche tenue, di punizione“.

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