Ormai le TV statunitensi dedicano intere trasmissioni ed edizioni speciali nei notiziari. Negli USA non si fa che parlare della potente tempesta di neve che nei prossimi giorni rischia di sommergere gli stati del New England, coinvolgendo persino le più grandi metropoli dell’East Coast, come New York e Boston. Le forti nevicate che entro le prossime 36 ore investiranno tutta la costa nord-orientale degli States, dal New Jersey al Massachusetts fino allo stato del Maine, saranno associate ad una tipica configurazione invernale, che con una certa frequenza caratterizzata gli stati dell’East Coast nord-americana.
Difatti, questo tipo di perturbazioni, tipicamente invernali, che colpiscono con particolare durezza il nord-est degli USA, prendono il nome di “Nor’easter”, denominazione utilizzata per indicare il risucchio, da parte della profonda circolazione depressionaria, delle masse d’aria fredde d’estrazione canadese che raggiungono le coste del New England tramite una gelida e intensa ventilazione da Nord e N-NE, trasformando delle nevicate di moderata intensità in un vero “blizzard” made in USA. Ma andiamo a vedere come si originano i “Nor’easter”, analoghi a quello che da domani si vedrà sugli USA nord-orientali. In genere queste perturbazioni nascono da un processo ciclogenetico che si realizza all’altezza del Middle-West o della regione dei Grandi Laghi, allorquando una saccatura di matrice artica affonda con le proprie radici fino al cuore degli States centrali, innescando una profonda avvezione di vorticità positiva in quota che alimenta lo sviluppo di una circolazione depressionaria (extratropicale) ben radicata a tutte le quote (grazie anche all’intervento dell’avvezione fredda ad ovest del minimo, mentre ad est si stabilisce una rimonta di masse d’aria molto più miti e umide, d’estrazione sub-tropicale oceanica).
Questa ciclogenesi, evolvendo verso nord-est o nord-nord/est, tende notevolmente ad approfondirsi, per la costante alimentazione fredda, artico canadese, che scivola sul suo bordo occidentale, spesso coadiuvata dalla discesa meridiana (da nord verso sud) del “getto polare”, la quale inasprisce l’avvezione di vorticità positiva che tiene in vita la stessa ciclogenesi, in spostamento a ridosso dell’East Coast. Tale tipo di configurazione, in genere, specie se il minimo barico nei bassi strati si localizza poco a largo delle città di New York e Boston, predispone una intensa ventilazione dai quadranti nord-orientali, con la classica componente da N-NE e NE, che trasporta aria piuttosto umida dalla superficie oceanica verso la fascia costiera. L’aria molto umida oceanica, una volta raggiunte le aree costiere del New England, tende a interagire con le masse d’aria molto più fredde, di origine artica, che dal Canada orientale scivolano in direzione dell’East Coast (il New England per la precisione), umidificandole notevolmente al punto da produrre una estesa nuvolosità bassa (spesso la base delle nubi può essere di soli 300-200 metri sulle coste del Massachusetts, Long Island e New Jersey, come sulla stessa New York) che dà la stura a persistenti precipitazioni, le quali assumono un prevalente carattere nevoso con la discesa di aria molto fredda dal Canada orientale.
Da tali interazioni, fra l’aria umida oceanica e quella fredda canadese, si vengono a creare i presupposti per intense e persistenti nevicate fino alle coste, in grado di lasciare accumuli a dir poco consistenti, anche di oltre i 50-60 cm in pochissime ore. Ma i “Nor’easter” più violenti, non per caso, sono quelli che si sviluppano lungo il ramo più meridionale della “corrente del golfo”, dove gli affondi artici possono stimolare la genesi di profondi cicloni extratropicali, davanti le coste del South e North Carolina, che tendono ad approfondirsi, risalendo e bordando l’intera East Coast americana, fino a Terranova e il mare del Labrador, sotto la spinta del ramo ascendente del “getto polare” che risale dal sud degli States. In genere, questo tipo di ciclogenesi, tendono ad assumere un grande sviluppo grazie all’enorme calore latente e al vapore acqueo trasmesso alle masse d’aria sovrastanti dalla calda “corrente del Golfo”, la quale agevola la convenzione (quindi la formazione di nubi temporalesche) e inasprisce notevolmente i contrasti termici con l’East Coast, che rimane in balia delle fredde, o meglio gelide, masse d’aria polari che scivolano lungo il bordo occidentale della circolazione depressionaria (con venti al suolo settentrionali ad ovest del minimo).
Tali contrasti termici possono dare origine ad un estesa massa nuvolosa (con nubi cumuliformi al traverso del fronte freddo e nel settore caldo prospiciente) che dall’Atlantico occidentale (dall’area dove nasce il ramo principale della “corrente del Golfo”) risale fino alle coste del New England, dalla Virginia fino al Maine, dando luogo a fitte precipitazioni diffuse su un ampio areale, le quali tendono a dipanarsi da est o E-NE lungo il settore dell’occlusione. Precipitazioni che proprio nel periodo più freddo dell’anno, quello invernale, possono assumere carattere prevalentemente nevoso fino alle coste, data la contemporanea discesa di masse d’aria molto gelide (isoterma di +0°C sotto il livello del mare) dal Canada orientale, aspirate dalla profonda ciclogenesi che trasla davanti la costa atlantica. In questa fase, il contemporaneo approfondimento del minimo barico al suolo tende ad inasprire il “gradiente barico orizzontale” sugli USA nord-orientali, determinando una rapida intensificazione dei venti al suolo, fra Nord, N-NE e NE, assumendo carattere di burrasca su una larga fetta di costa, inclusa l’area fra New York e Boston, dove si potranno registrare raffiche molto forti.
Se il minimo barico scende sotto i 985-980 hpa, mentre sugli USA centrali si instaura un robusto blocco anticiclonico, con massimi sopra i 1030 hpa, il “gradiente barico orizzontale” che si viene a creare è talmente intenso (isobare molto strette) da attivare delle vere e proprie tempeste di vento, con una componente nord-orientale che dà luogo a potenti mareggiate da “mare vivo” nel tratto di costa compreso fra la Virginia fino al Maine, con onde che possono superare anche i 6-7 metri di altezza. Generalmente i “Nor’easter” raggiungono la massima intensità a largo delle coste canadesi, dove possono evolvere in profondissime “depressioni-uragano”, con minimi barici sotto i 960-950 hpa che danno origini ad autentiche tempeste di neve e vento tra Terranova, le coste del Labrador e quelle della Groenlandia meridionale, con venti medi sostenuti che raggiungono l’intensità di un uragano. I “Nor’easter” più conosciuti sono stati la “tempesta perfetta” (battezzato come la “burrasca di Halloween”) dell’Ottobre 1991 ed il “Blizzard del ’93”, del Marzo del 1993, che coprirono di neve l’intero nord-est statunitense, con accumuli di neve fresca prossimi al metro di altezza, causando decine di morti e danni per milioni di dollari.