Il Ministero, “le attività di ricerca e prevenzione realizzabili attraverso l’applicazione dei due protocolli diagnostici si pongono come un’assoluta priorità di salute pubblica”
Il 23 dicembre scorso è entrato in vigore il decreto che ha dato concretezza, finalmente alla nuova normativa che regolamenta le indagini e gli accertamenti diagnostici da eseguire in caso di sospetta sindrome della morte improvvisa infantile (o Sids), la cui causa è stata imputata maggiormente al soffocamento e di cui il giornale si è diverse volte occupato. Il 22 novembre 2014 era stato infatti pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto 7 ottobre 2014 di approvazione dei protocolli diagnostici “Protocollo di indagini e di riscontro diagnostico nella morte improvvisa infantile – Legge 2 febbraio 2006, n. 31, art.1, comma 2” e “Morte inaspettata di feto di età gestazionale superiore alla 25a settimana”. Con il decreto si è finalmente sbloccata lo stallo che purtroppo dal 2006 l’Italia si trascinava, a causa della mancata applicazione della legge 31 del 2006 per la prevenzione della sindrome della “morte improvvisa in culla”.
La Sids, colpisce i bambini tra un mese e un anno di età, è stato da sempre una sindrome oscura e misteriosa; il suo nome stesso di fatti è un acronimo che si applica quando i medici non possono appunto definire la causa della morte in modo specifico e dunque neanche associare la morte stessa ad una determinata patologia. Dinnanzi ad una morte “ingiustificata” perfino dai medici, la sindrome, che più che tale dovrebbe essere definita causa-non-causa di morte infantile, è rimasta all’oscuro da possibili spiegazioni scientifiche assolute ed inconfutabili. «La morte in culla e la morte inaspettata del feto rappresentano tra i più gravi e ancora poco conosciuti problemi della medicina moderna e le cause di questi eventi non sono ancora del tutto chiare — scrive il ministero della Salute —La morte improvvisa del lattante costituisce la più frequente causa di morte nel primo anno di vita con una incidenza di circa uno su 700/1000 nati vivi e la morte inaspettata del feto ha una incidenza di circa uno su 100/200 gravidanze». I casi dal punto di vista numerico sono per fortuna contenuti. Purtroppo non si puo’ dire la stessa cosa degli effetti psicologici che si abbattono sulle famiglie colpite da questo terribile fenomeno.
Proprio per l’impossibilità di una diagnosi e spesso di un intervento di soccorso che possa salvare la vita delle piccole vittime, la legge 31 del 2006 prevede infatti l’obbligo dell’autopsia in caso di morte improvvisa del lattante, dinnanzi ad un volere espresso dei genitori. La normativa di otto anni fa individuava nel Centro di ricerca Lino Rossi a Milano, dell’ Università degli Studi di Milano, il Centro di riferimento nazionale per la raccolta dei dati di tutti i casi di Sids e di Siud e demandava alle Regioni il compito di indicare i Centri di riferimento che devono svolgere gli esami autoptici ed inviare i dati da trasmettere appunto al Centro “Lino Rossi” stesso. Ma anche su tale questione, aleggia un velo di mistero, proprio come la sindrome da culla. Pare infatti che il Centro “Lino Rossi” sia rimasto inattivo su questo fronte, addirittura alcune voci dissero che molti casi di sids verificatesi pochi anni fa, nonostante alcune regioni già fossero operative nel trasmettere i dati al centro, risultasse inoperativo. Dunque molte famiglie in questi anni sono rimaste senza una valida risposta per giustificare scientificamente il loro dramma.
Nel 2008 il Consiglio superiore di sanità aveva bloccato il protocollo predisposto allora, poiché aveva rilevato alcune lacune dello stesso circa la funzionalità del Centro (rilievi sempre respinti dai responsabili del “Lino Rossi” ). Dal 2008 ad oggi, il buio sulla tematica Sids, fino ad oggi appunto, o meglio fino al dicembre scorso. Il Ministero della Salute scrive che i nuovi protocolli « definiscono in modo particolareggiato tutte le tappe del riscontro diagnostico: indagine medico-legale, autopsia, diagnosi molecolare infettivologica, accertamento tossicologico, valutazione genetica, consulenza genetica , indagini citogenetiche sui lattanti deceduti improvvisamente e sui feti deceduti anch’essi senza causa apparente. Tali documenti sono stati sottoposti alla valutazione del Consiglio superiore di sanità, che ha espresso all’unanimità parere favorevole. In sintesi, il percorso interdisciplinare elaborato offre ai professionisti sanitari la possibilità di definire tutte le informazioni necessarie e le modalità idonee attraverso cui raccogliere le medesime informazioni e quindi di adottare azioni e strumenti adeguati, per giungere alla corretta valutazione dei risultati dei propri interventi».
Nel protocollo si dice anche che «considerato che la prevenzione si basa anche sulla migliore conoscenza delle alterazioni riscontrabili nei vari organi e sull’individuazione dei meccanismi che ne sono alla base, le attività di ricerca e prevenzione realizzabili attraverso l’applicazione dei due protocolli diagnostici si pongono come un’assoluta priorità di salute pubblica. È quindi essenziale ora che i risultati delle indagini svolte secondo i due protocolli approvati, ma anche quelle effettuate nel corso di questi anni, siano comunicati tempestivamente (come previsto dell’articolo 3, comma 1, della legge citata) dai centri autorizzati alla banca dati nazionale istituita presso il Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche dell’Università degli studi di Milano (già Istituto di Anatomia Patologica dell’Università di Milano) per consentire di comprendere e analizzare meglio questi eventi avversi. L’obiettivo è quello di ridurre i casi infausti ancora oggi senza spiegazioni e, una volta compresi tutti gli aspetti esaminati, abbassare il tasso di mortalità infantile ed evitare la sofferenza per le famiglie». «Vediamo positivamente l’approvazione del nuovo decreto — dice la professoressa Anna Maria Lavezzi, direttrice del Centro Lino Rossi. — . Secondo noi è però necessario un aggiornamento dei protocolli» . Sul sito, il Ministero inoltre si parla di modifiche in relazione alla “Proposta di modello organizzativo sul territorio e algoritmo operativo in caso di SUID” elaborata dal Gruppo di esperti nominato dal Ministero che ha rivisto la materia. La Suid (Sudden unexpected infant death, ovvero morte improvvisa inaspettata del bimbo al di sotto dell’anno di età) raggruppa tutti i casi di bambini (dunque non i feti) morti improvvisamente e inaspettatamente, le cui cause di morte non sono immediatamente evidenti. Se dopo l’autopsia,non si trova ancora una causa, allora sarebbero identificati come casi SIDS. In relazione però a quest’ultimo aspetto, un’eventuale modifica dei procedimenti applicabili in sede di autopsia per definire la causa “non-causa” della morte del bambino, facendo dunque una distinzione fra caso di Suid e solo successivamente possa essere dichiarato caso di Sids, dovrà intervenire il Ministero della Salute, che ancora ad oggi non ha espresso un suo parere al riguardo, in merito alle modifiche avanzate dal Centro “Lino Rossi”.