In questo caso l’attività elettrica può essere supportata dai notevoli contrasti termici e igrometrici fra l’aria molto secca (deumidificata dalle “Subsidenze”) presente all’interno dell’occhio, e quella molto più calda e impregnata di umidità che circola a gran velocità attorno quest’ultimo, all’interno della circolazione ciclonica. Parte del vapore acqueo presente attorno le imponenti formazioni nuvolose cumuliformi, di forma spiraliformi, può riuscire ad entrare dentro l’occhio della tempesta, interagendo con l’aria decisamente più secca e fresca ivi presente. Tale interazione con l’aria più secca e fresca dell’occhio può agevolare la formazione di chicchi di grandine, lungo la sommità dei cumulonembi, che smossi dalle forti correnti ascensionali possono provocare la separazione forzata delle particelle con cariche positive e negative, contribuendo così alla formazione del fulmine. Negli altri punti del ciclone, data anche la formidabile forza centrifuga, non vi sono le condizioni ideali per lo sviluppo di una attività elettrica degna di nota. Caso a parte è se la struttura mantiene lo status di depressione tropicale o semplice tempesta tropicale. In questo caso i “Clusters temporaleschi” hanno tutto il tempo per maturare con maggiore libertà, sfoggiando un corredo di fulminazioni anche piuttosto elevato lì dove l’attività convettiva risulti forzata (calore latente dal mare caldo).
La spettacolare fotografia dell’astronauta Samantha Cristoforetti: un fulmine illumina l’occhio del ciclone “Bansi”, ecco perchè è cosi raro
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