Le origini del Carnevale vengono fatte risalire alla festa romana dei Saturnalia, in onore del dio Saturno, e dei Lupercalia, in onore del dio Fauno, nella sua accezione di Luperco, protettore del bestiame ovino e caprino dall’attacco dei lupi. I festeggiamenti affondano le radici negli antichi riti pagani, in un periodo storico anteriore al Cristianesimo, dove il Carnevale era carico di simboli agricoli-pastorali, segnando il passaggio dalla fine dell’inverno alla primavera.
E’ durante il Medioevo che il Carnevale assume connotazioni più precise, tanto da essere definito da storici e sociologi la “festa dei folli” tra trasgressive baldorie senza limiti morali e lauti pasti. Nell’età della Controriforma, il Carnevale ha incontrato varie resistenze da parte della Chiesa e di diversi ordini religiosi. Questo però, fu anche il periodo in cui le compagnie dei guitti più fortunate, riuscirono a salvarsi dalla censura ecclesiastica anche grazie alla protezione ricevuta dai potenti; mentre quelle meno fortunate furono costrette a spostarsi di piazza in piazza, di città in città, per mettere in scena i propri costumi e i propri drammi carnevaleschi. Nel Cinquecento, gli attori in maschera più affermati sono tenuti a mettere la loro arte al servizio dei mecenati, esibendosi davanti ad una corte di una élite privilegiata ed organizzando spettacoli nelle suntuose sale dei palazzi rinascimentali, nei giardini principeschi e nelle regie dei magnati.
In questo periodo il Carnevale è una prerogativa dei soli nobili, prendendo rapidamente piede in tutta la nostra Penisola, favorendo la nascita e lo sviluppo di splendide scenografie, maschere regionali e la diffusione di compagnie girovaghe. Nel 600’, invece, esso divenne una festa popolare e le varie maschere della Commedia dell’Arte, stabilendo sempre più un diretto contatto con la realtà “bassa e volgare” , adottarono il linguaggio dialettale-popolare della loro regione d’origine (es. il servo Pulcinella rappresenta Napoli, il servo Arlecchino la regione bergamasca, Pantalone la città di Venezia, Gianduia Torino, Meneghino Milano ecc). Nonostante c’e’ chi avanza l’ipotesi che il termine Carnevale derivi da “Carnes levare” , cioè “togliere le carni” o da “Carni vale!”, ossia “carne addio!”, nel senso che una volta in questo periodo, prima dell’arrivo della primavera, le ultime scorte di carni, grassi animali e salumi si esaurivano in orge gastronomiche; per i più, l’etimologia del termine Carnevale risale al latino “carnem levare”; espressione con cui nel Medioevo si indicava la prescrizione ecclesiastica di astenersi dal mangiare carne a partire dal primo giorno di Quaresima, vale a dire dal giorno successivo alla fine del Carnevale, sino al Giovedì Santo prima della Pasqua.
Il Carnevale infatti, nel calendario liturgico cattolico-romano si colloca necessariamente tra l’Epifania (6 gennaio) e la Quaresima. Le prime testimonianze documentarie del Carnevale risalgono ad epoca medievale e parlano di una festa caratterizzata da uno sregolato godimento di cibi, bevande e piaceri sensuali. Per tutto il periodo si sovvertiva l’ordine sociale vigente e si scambiavano i ruoli soliti, nascondendo la vecchia identità dietro delle maschere. I festeggiamenti culminavano solitamente con il processo, la condanna, la lettura del testamento, la morte e il funerale di un fantoccio, che rappresentava, allo stesso tempo, sia il sovrano di un auspicato mondo di “cuccagna”, sia il capo espiatorio dei mali dell’anno passato. La fine violenta del fantoccio poneva termine al periodo degli sfrenati festeggiamenti e costituiva un augurio per il nuovo anno in corso.
Il Carnevale rappresentò, dunque, un periodo soprattutto di rinnovamento, seppure per lo più simbolico, durante il quale, il Caos sostituiva l’ordine costituito, che, però, una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all’inizio del Carnevale seguente (prendendo in considerazione il ciclo dell’anno solare). Nel mondo antico, anche le feste in onore della dea egizia Iside comportavano la presenza di gruppi mascherati come attesta lo scrittore Lucio Apuleio nelle “Metamorfosi” (Libro XI). Presso i Romani, la fine del vecchio anno era rappresentata da un uomo coperto di pelli di capra, portato in processione, colpito con bacchette e chiamato Mamurio Veturio. Durante le Astanterie, passava il carro di colui che doveva restaurare il cosmo dopo il ritorno del Caos primordiale.
In Babilonia, poco dopo l’equinozio primaverile, era ritualizzato il processo originario di fondazione del Cosmo, descritto miticamente dalla lotta del dio salvatore Marduk con il drago Tiamat. Durante queste cerimonie, si svolgeva una processione nella quale erano allegoricamente rappresentate le forze del Caos, che contrastavano la ricreazione dell’universo. Si trattava di un periodo di passaggio di cui il transito degli astri era considerato la manifestazione. Nella processione vi era anche un carro a ruote sul quale stavano le Allegorie del dio Luna e del dio Sole. Facendo un salto avanti nei secoli, a Firenze, nel XV e XVI, i Medici organizzavano grandi mascherate su carri chiamati “trionfi”, accompagnate da canti carnascialeschi, ossia canzoni a ballo di cui anche Lorenzo il Magnifico fu autore. Celebre, a riguardo, il Trionfo di Bacco e Arianna, scritto proprio da Lorenzo il Magnifico. Nella Roma del governo papalino si svolgevano, invece, la “corsa dei barberi” (cavalli da corsa) e la “gara dei zoccoletti” accesi che i partecipanti cercavano di spegnersi a vicenda.