Gli esperti spiegano illustrano l’attività eruttiva dell’Etna di lunedì 2 febbraio, “performance” vulcanica per fortuna senza rischi per i centri abitati”
L’attività dell’Etna di lunedì 2 febbraio ha destato molto interesse e curiosità come del resto qualunque attività vulcanica che si rispetti. Il fascino dell’eruzione conquista sempre tutti dagli esperti, agli appassionati ed anche la gente comune. Certamente quella di lunedì non è stata una delle performance “migliori” dell’Etna, forse, ha anche deluso le aspettative di chi attendeva qualcosa di più spettacolare, ma accontentiamoci ed, anzi, bisognerebbe essere grati all’Etna che ha deciso di fermare la sua attività e dunque lasciare che la lava si fermasse a poche centinaia di metri dalla strada Altomontana, che rappresenta uno dei sentieri naturalistici del vulcano siciliano maggiormente frequentato da escursionisti e biker che sono affascinati dallo sport estremo. La lava fuoriuscita dal cratere di sud/est, s’è spinta infatti fino a 2.000 metri di altitudine, dunque nessun pericolo né per le popolazione della zona né per gli escursionisti che vivono l’Etna per un tipo di escursionismo leggero e che non si spingono appunto, fino a 2000 metri di quota.
Come hanno potuto documentare i militari della Forestale e gli esperti del CAI Linguaglossa, del Parco dell’Etna e ai vulcanologi dell’INGV hanno effettuato un sopralluogo sul posto insieme agli uomini del Corpo Forestale la mattina di lunedì 2 Febbraio.
Il Cai Linguaglossa, associazione di appassionati ed esperti dell’ Etna che vivono il vulcano siciliano a 360 gradi, con attività escursioniste e motorbiker sui sentieri sull’Etna ma anche arrampicate, scalate nonché organizzazioni di inziative per e sull’ Etna volte a valorizzare il patrimonio naturale del vulcano siciliano, patrimonio di estrema bellezza e che va, a detta del gruppo Cai, sempre valorizzato nella sua bellezza anche quando è in piena attività eruttiva, attività pericolosa ma che pe loro appassionati rappresenta l’apoteosi della natura.
Il gruppo Cai Linguaglossa puntualizza ai microfoni di MeteoWeb alcuni aspetti importanti di questo caso specifico “nessun rischio dunque, nessun allarme scattato per i centri abitati più prossimi alle pendici dell’Etna”, spiegando che “l’eruzione si è prodotta verso Sud Ovest ma la situazione fin dall’inizio è risultata essere tranquilla ai nostri occhi, le popolazioni erano assolutamente al sicuro perché i primi centri abitati sono molto distanti dal punto in cui si è prodotta e poi, scendendo lungo il lato sud est, si è esaurita la discesa della lava, a circa 200 metri di altezza”. La lunga esperienza del Cai Linguaglossa però ha insegnato a questo team di appassionati che con la natura non si può mai essere sicuri e tranquilli, e alla mente del rappresentante Cai sono affiorati alcuni tragici ricordi che sono legati all’attività dell’Etna, vulcano bello ma pur sempre maledetto, capace infatti di creare danni, distruzione e morte. E ci ha raccontato che “nel 1991, in particolare un po’ in tutti gli anni 90’, l’eruzione vulcanica provocò una discesa lavica di importanti dimensioni, avvicinandosi pericolosamente ai centri abitati.”
Quando la popolazione deve allarmarsi e provvedere a mettersi in sicurezza?
“Tutto dipende – spiegano gli esperti del Cai – dal punto in cui si genera l’eruzione e da quale cratere; se infatti, sul versante dell’Etna si aprissero delle fratture improvvise a quote basse, come è successo nel 91’, in quel caso, il pericolo per i centri abitati aumenterebbe inesorabilmente. Dal momento che l’eruzione si genera dai crateri sommitali non c’è quasi mai il pericolo che la lava possa raggiungere quote basse, la natura è affascinante quanto imprevedibile, inutile dunque parlare di evidenze matematiche: tutto è relativo; chi potrebbe dare la sicurezza che anche se l’eruzione si produca in uno dei crateri sommitali non sia di proporzioni talmente importanti ed abbondanti nonché continue, tali da provocare un’irrefrenabile discesa fino a raggiungere le quote più basse ed i primi centri abitati?” Il Cai Linguaglossa ricorda altre storiche eruzioni “come quella del 1923 che raggiunse il centro abitato di Linguaglossa o ancora nel 1928 che colpì la frazione di Mascali” una frazione della città di Catania che si trova, ricordiamolo, quasi sul livello del mare. Da ciò si può dunque evincere come la natura possa essere devastante e soprattutto lo è solo quando decide lei, senza avvertire nessuno, fa il suo cammino, disastroso o devastante che sia.
“Anche negli anni ’80” proseguono gli esperti del Cai, “si verificò un’eruzione che destò molta preoccupazione fra la popolazione di Alcantara”.
Ma in cosa consiste l’attività del Cai e come gestiscono le emergenze di questo tipo? “La nostra associazione nasce nel 1863, come un gruppo di pochi amici appassionati di escursionismo e sport estremo, che organizzavano le loro “gite” sule pendici dell’Etna. Nel tempo, a gruppo si sono aggregati sempre più persone affascinate dall’Etna e dalla sue suggestive atmosfere, tanto da divenire nel tempo degli esperti acccreditati, gli “uomini dell’Etna”, che conoscono ogni centimetro del monte vulcanico, per loro non esistono segreti sull’Etna: è un libro aperto in cui potrebbero camminarci anche ad occhi chiusi. Molte persone seguono le nostre iniziative e sono costantemente in contatto con le nostre sedi, sono le persone stesse che ci avvertono di qualunque tremore sospetto, in modo che noi, possiamo procedere con dei sopralluoghi o contattare direttamente l’Ingv o la protezione civile, nonché il Corpo Forestale dello Stato, per chiedere qualunque delucidazione in merito alle segnalazioni che abbiamo ricevuto, per rassicurarli da qualunque rischio o eventualmente comunicare un all’allerta.”
C’è qualche rimedio davanti alla forza della lava? “ No nessun rimedio, nessuna soluzione davanti ad un’eruzione, di qualunque portata essa sia, la natura non può essere controllata.”
E’ certo che oggi, con gli strumenti che la tecnologia ci offre, è possibile seppur non arrestare la prorompente attività lavica, poter perlomeno comunicare tutte le informazioni necessarie per guidare le popolazioni più a rischio verso una soluzione, come quella di evacuare le zone a rischio qualora la situazione lo richiedesse. Gli esperti aggiungono che “si, qualcosa si potrebbe fare per limitare la forza ed il percorso della lava, che è quella di deviare il corso attraverso la costruzione di strutture cementizie che possano contenere il fiume di fuoco; ma questa, seppur potrebbe essere una pratica risolutiva, è vietata dalla attuali leggi. Ci sono stati degli episodi dove procedendo con la sua deviazione, si è arginato il rischio che la stessa giungesse a quote più basse per evitare che scendesse ed arrivasse nei paesi, ma il divieto del resto ha una giustificazione legittima: se si devia il percorso lavico da una parte, aumenta il rischio che la lava, incontenibile, non si arresti nel bacino artificiale creatole, ma “trovi” una via alternativa; una volta dirottata altrove, verso ad esempio un altro versante, potrebbe procedere la sua corsa sempre più giù vicino ad altri centri abitati. Nel 91 in Val Calanna, pensarono di bloccarla con il cemento per rallentare la sua discesa, costruendo una sorta di barriera, La tecnica di fatti è stata utile perché la lava, è rimasta lì, dentro il bacino, raccogliendosi fino al suo esaurimento”. Il Cai è particolarmente esperto nel captare e comprendere i segnali del vulcano e ad interpretare i suoi rantolii: “lo capiamo in base ai tremori e capiamo di cosa si tratta ma non si può prevedere fino in fondo che tipo di eruzione si potrebbe sviluppare di lì a poco”.
In merito all’episodio eruttivo dell’Etna di Lunedì, abbiamo contatta anche il Commissario Ferlito del Corpo Forestale di Catania, che ha ribadito come “l’attività non era assolutamente rischiosa, si è fermata a circa 2000 mt di altezza. La sala operativa dell’INGV, con il quale il nostro comando è sempre in continuo contattato, ci ha avvertito domenica sera di una probabile accellerazione dell’attività nella pancia dell’Etna. La mattina seguente, sono scattati i primi sopralluoghi.” La squadra del corpo forestale si è recata su posto a bordi di mezzi cingolati in presenza di un ricercatore esperto dell’INGV per monitorare e controllare più da vicino. “Subito ci siamo accorti che era sotto controllo e non c’era nessun rischio imminente tale da dover lanciare un’allerta, infatti si è fermata poi a 2000 metri circa di quota”. Il corpo Forestale ha un ruolo essenziale nella zona dinnanzi a rischi di attività lavica, in constante comunicazione con l’INGV che avverte di qualunque tremore anomalo e il corpo forestale attua tutti i protocolli di controllo e verifica sul posto.