La ricostruzione del disastro dell’Airbus A320 di Germanwings: ecco perchè l’unica teoria verosimile e attendibile è quella del suicidio di Andreas Lubitz, da scartare l’ipotesi dell’attentato terroristico e ancora di più quello di un “grande complotto internazionale”
In tanti non credono all’ipotesi del suicidio del copilota Andreas Lubitz per spiegare la tragedia dell’Airbus A320 di Germanwings che martedì 24 marzo s’è schiantato sulle Alpi provocando uno dei più gravi disastri aerei della storia europea, con 150 vittime. Non ci credono perchè è un’ipotesi talmente tanto assurda e irreale che lascia basiti fino a stentare a crederci, ma purtroppo a volte la mente umana arriva a tanto. A spiegare meglio di tutti, a livello psichiatrico, il folle gesto di Lubitz è stato l’ex presidente della Societa’ italiana di psichiatria (Sip), Claudio Mencacci, che ha illustrato cosa scatta in testa evidenziando come “in quei momenti la vita degli altri non conta“.
In realtà, dopo tre giorni dal disastro, l’ipotesi del suicidio del co-pilota tedesco è la più attendibile, anzi l’unica credibile. Per almeno 10 motivi, che illustriamo di seguito. Prima, però, è bene precisare le motivazioni di tali approfondimenti. La tragedia immane rimane nelle sue gigantesche proporzioni, a prescindere dal perchè sia accaduta. Chiaramente, però, è giusto interrogarsi su cosa sia successo per capirne i motivi, dare risposte ai familiari delle 150 vittime e adottare provvedimenti adeguati affinchè non si ripeta nulla di simile in futuro.
1. Il suicidio raccontato in diretta dal Cockpit Voice Recorder
L’ipotesi del suicidio non è stata un’invenzione di qualcuno. A raccontare gli ultimi drammatici minuti del volo Germanwings, non essendoci sopravvissuti e quindi testimoni diretti, è stata la tecnologia. Il Cockpit Voice Recorder della Scatola Nera, infatti, ha è un microfono che registra tutte le conversazioni tra i membri dell’equipaggio e il rumore di fondo che ha contribuito a ricostruire quanto accaduto. Il co-pilota Andreas Lubitz era rimasto da solo nella cabina di pilotaggio durante l’assenza del comandante, che era andato in bagno.
In quel momento il copilota ha attivato i comandi per la discesa, un’azione che può essere solo volontaria, e sposta nella posizione ‘locked’ l’interruttore che controlla la porta e che si trova tra il suo sedile e quello del comandante per impedire al comandante di rientrare. Il comandante prova a rientrare, trova la porta chiusa, lancia numerosi appelli via interfono per accedere alla cabina ma non riceve alcuna risposta. Poi bussa in modo sempre più violento, si rende conto che l’aereo sta precipitando, utilizza l’ascia che in ogni aereo fa parte dell’apparecchiatura d’emergenza e prova a sfondare il portone blindato preso dalla disperazione, ma senza riuscirci. Nel CVR della scatola nera si sente il respiro umano di Lubitz fino al momento dell’impatto. Il copilota era vivo, non ha avuto malori, non c’era nessun altro nella cabina. Aveva deciso di suicidarsi, ha sfruttato il momento di assenza del comandante e ha portato con se’ altre 149 persone che non c’entravano nulla, senza rispondere ai contatti della torre di controllo di Marsiglia che chiedeva informazioni sull’improvviso e imprevisto calo di quota del velivolo. I passeggeri si sono resi conto di tutto quello che stava succedendo e prima di morire hanno vissuto minuti di disperazione drammatica. Gli altri apparecchi della Scatola Nera potranno confermare questa ricostruzione già molto particolareggiata, con le registrazioni di tutti i computer di bordo, ma il CVR ha già fornito tutte le informazioni utili a spiegare il disastro.
2. La perquisizione a casa di Andreas Lubitz e i clamorosi indizi sulla sua malattia
La Polizia, su ordine della procura, ha perquisito le due case di Andreas Lubitz che viveva insieme con i genitori a Montabaur ma aveva anche una casa a Dusseldorf, nella periferia della città, dove stava con la sua compagna che però sembrerebbe l’avesse scaricato da pochi giorni nonostante fosse già programmato il matrimonio per il 2016. Gli inquirenti inoltre hanno spiegato di aver fatto una scoperta “molto significativa” nella casa di Montabaur, una traccia che potrebbe spiegare cosa abbia spinto il giovane nella sua follia omicida. Il giovane, che aveva sofferto di una crisi depressiva nel 2009, secondo Bild attraversava “una crisi di vita personale”. “Volevamo cercare di vedere se riuscivamo a trovare qualcosa che potesse spiegare l’accaduto”, ha riferito al termine delle quattro ore di perquisizione un portavoce. “Abbiamo trovato qualcosa che ora analizzeremo. Non possiamo dire cosa sia al momento, ma potrebbe essere una traccia molto significativa per spiegare cosa e’ successo. Speriamo possa dare qualche spiegazione”. Il 27enne pilota tedesco già da giovane aveva sofferto della Sindrome di Burnout.
3. Perchè l’aereo è precipitato lentamente in 8 lunghi minuti e con il pilota automatico
In tanti si chiedono perchè Lubitz per suicidarsi non abbia optato per una veloce picchiata in modo da accorciare al massimo gli ultimi momenti di sofferenza, e non sono convinti dalla dinamica lunga, lenta e graduale della discesa fino allo schianto sulle Alpi. In realtà Lubitz ha calcolato questo suicidio a mente fredda, in tutti i minimi particolari, curando ogni dettaglio. Il pilota tedesco, infatti, non era materialmente ai comandi quando il suo Airbus A320 si è schiantato sulle montagne. Per non far scattare gli allarmi delle decine di sensori che analizzano ogni comportamento anomalo dell’aereo, aveva riprogrammato il pilota automatico. Lubitz con folle lucidità non ha modificato i parametri della rotta ma ha variato solo quelli della quota di volo settandoli dai normali 38.000 piedi (11.582 metri) di crociera a soli 100 piedi (33 metri) il minimo, facendo finire la corsa del jet e delle altre 149 persone a bordo molto prima, a 6.175 piedi (1.882 metri). Solo in questo modo è stato possibile aggirare i numerosi computer di bordo che avrebbero automaticamente corretto la quota se Lubitz avesse fatto altre manovre. L’Airbus 320 – infatti – è una macchina molto complessa da controllare in emergenza con ben 124 computer di navigazione programmati per correggere eventuali anomalie. Se Lubitz avesse voluto scendere in picchiata, i computer sarebbero entrati in azione sia per controllare la velocità sia per correggere la quota. Lubitz, quindi, ha agito intenzionalmente continuando a scendere progressivamente in modo deciso, ma non abbastanza da far scattare i comandi.
4. Un pilota che si suicida in volo uccidendo tutti i passeggeri: tanti precedenti nella storia, 727 morti per 11 suicidi in volo
Per quanto possa sembrare un modo assurdo e barbaro per suicidarsi, quello di Lubitz non è il primo suicidio in volo della storia, anzi: si tratta di una follia purtroppo ricorrente e che negli ultimi anni si sta verificando sempre più spesso, con un caso l’anno dal 2013 (2013 Mozambico, 2014 Malesia, 2015 Francia). Almeno 11 incidenti causati volontariamente da un membro dell’equipaggio per suicidarsi, che complessivamente sono costati la vita a 727 persone. Il primo suicidio certificato con un aereo passeggeri risale a più di 38 anni fa, al 26 settembre 1976. Un pilota russo addirittura rubò un aereo Antonov-2 per andarsi a schiantare su un complesso edilizio di Novosibirsk, in Russia, dove viveva la moglie da cui aveva divorziato da poco. Le vittime al suolo furono 11, tra queste non c’era la moglie, in quel momento fuori casa. Poi il 22 agosto 1979 un operaio di 23 anni, licenziato da poco, entrò in un hangar all’aeroporto di Bogotà rubando un aereo militare HS-748 schiantandosi in un’area residenziale. Morirono tre persone oltre al pilota.
Il 9 febbraio 1982 un DC-8 della Japan Airlines è precipitato in mare poco prima di atterrare all’aeroporto Haneda di Tokyo per colpa di una manovra errata fatta deliberatamente dal comandante Seiji Katagiri. La commissione d’inchiesta appuro’ che l’uomo – il quale, soffriva di disturbi nervosi – nonostante un tentativo di intervento di altri due membri dell’equipaggio, aveva invertito la spinta dei motori a 300 metri dalla pista, facendo precipitare l’aereo in mare. Nell’incidente morirono 24 persone e 150 rimasero ferite. E’ stato il primo suicidio su un volo di linea che ha coinvolto i passeggeri. Il 7 aprile 1994 un passeggero destinato al licenziamento per aver mentito sul suo curriculum su un cargo partito da Memphis aggredì con martelli e chiavi inglesi l’equipaggio composto da tre persone per prendere possesso dell’aereo uccidendo i colleghi e schiantandosi contro la sede della società a Memphis. I tre riuscirono ad avere la meglio sull’aggressore nonostante gravissime ferite e riuscirono ad atterrare regolarmente a Memphis con l’assistente di bordo ai comandi del velivolo.
Nell’agosto del 1994, l’Atr-42 della Royal Air Maroc, con 44 persone a bordo, tra cui 8 italiani, precipito’ vicino Agadir. L’aereo era diretto a Casablanca. Il ‘cockpit voice recorder’, il registratore delle conversazioni di cabina, rivelarono che fu il comandante, Younis Khayati, a causare l’incidente nonostante i tentativi disperati del co-pilota, Sofia Figuiqui, la quale dopo aver lanciato per ben tre volte il ‘may-day’, cerco’ invano di bloccare il comandante. Il 19 dicembre 1997 il volo Silkair 185, operato da un Boeing 737, precipitò da 10.000 metri nel delta del fiume Musy, a poca distanza da Palembang, in poco meno di un minuto. S’ìpotizza che il comandante avesse staccato la registrazione degli strumenti di bordo approfittando dell’uscita della cabina da parte del co-pilota per dare il via al suo piano. Al momento dell’impatto al suolo il 737 aveva superato la velocità del suono. Sembra che il giorno prima dell’incidente il pilota avesse stipulato una corposa assicurazione sulla vita. L’11 ottobre 1999 un pilota della Air-Botswana, tenuto a terra per motivi di salute, ha rubato un Atr-42 decollando e schiantandosi su altri due velivoli dello stesso modello parcheggiati in piazzola, suicidandosi senza provocare altre vittime.
Il 31 ottobre 1999, il volo 990 della EgyptAir, partito da New York e diretto al Cairo con 217 persone a bordo, precipito’ nell’Oceano Atlantico, al largo dell’isola di Nantucket (Massachusetts), subito dopo il decollo. L’inchiesta della Ntsb (National transportation security board, l’agenzia federale americana che indaga sui disastri aerei) stabilì che il volo fu intenzionalmente sabotato da Gameel El-Batouty, il co-pilota il quale, secondo gli americani aveva manifestato propositi suicidi. Ancora Infine, nel novembre del 2013, un aereo di linea mozambicano si schianto’ in Namibia con 33 persone a bordo. La scatola nera rivelo’ “una chiara intenzione” suicida del comandante, Herminio dos Santos Fernandes. Il capitano, infatti, chiuse fuori dalla cabina il co-pilota determinando un abbassamento della quota di crociera. L’aereo si schiantò in sei minuti, da 38.000 piedi a zero. Infine la drammatica vicenda del famoso MH370, il volo Malaysia Airlines scomparso nel nulla sui cieli di Penang, in Malesia, l’8 marzo 2014. Secondo gli investigatori il comandante, Ahmed Zahrie Shah, ha dapprima depressurizzato l’aereo uccidendo il resto dell’equipaggio ed il co-pilota, rimasto chiuso fuori dalla cabina, successivamente ha indirizzato il Boeing 777 in pieno Oceano Pacifico. L’aereo dovrebbe essere precipitato a circa 2000 chilometri a ovest di Perth per esaurimento del carburante. Nessun detrito è mai stato trovato.
5. Perchè in tanti si rifiutano di credere a un suicidio così barbaro
Nonostante dati certificati e ufficiali sembrano inequivocabili, in tanti si rifiutano di credere a un suicidio-omicidio così barbaro e riprovevole. In gran parte, v’è un rifiuto psicologico di credere alle cose più assurde e crudeli. Si rifiuta che la mente umana possa arrivare a volersi suicidare trascinando con se’ altre 149 persone incolpevoli, tra cui molti ragazzi e bambini, negandogli un futuro, distruggendo la vita delle loro famiglie. C’è poi chi non vuole mai credere alla verità “ufficiale” a prescindere, solo perchè è quella “ufficiale”, e da sempre credito a teorie alternative e complottiste, che però in questo caso sono tutte smontate e si sciolgono come neve al sole. Nei punti successivi ne possiamo analizzare alcune.
6. L’ipotesi attentato terroristico
In tanti hanno pensato subito all’attentato terroristico, senza che però sussistesse un solo elemento che facesse propendere in tal senso. Soltanto gli ultimi fatti di cronaca, dalla strage di Charlie Hebdo all’avanzata dell’ISIS in Libia e Tunisia, alle porte dell’Italia e dell’Europa, hanno stimolato un nesso mentale con un incidente aereo e un attentato terroristico. Il CVR della scatola nera avrebbe registrato altre anomalie nella cabina di pilotaggio. Ma soprattutto, ed è la cosa più importante, nessuno ha “rivendicato” questo “presunto” attentato. Qualsiasi organizzazione terroristica si sarebbe “inorgoglita” di aver compiuto un attentato con “successo” e immediatamente avrebbe rivendicato l’episodio assumendosene tutta la paternità, come già accaduto in tutti gli attentati terroristici della storia.
7. Ipotetici terroristi (?) avrebbero schiantato l’aereo su ben altri obiettivi
Inoltre bisogna evidenziare come qualsiasi terrorista avrebbe utilizzato l’aereo come “missile umano” scagliandosi contro obiettivi sensibili, rappresentativi o popolosi (come accaduto l’11 settembre negli USA), senza “limitarsi” a uccidere 150 persone tra le montagne. L’ipotesi terroristica non regge, da una parte per l’assenza di qualsiasi prova, indizio o indicazione in tal senso, dall’altra anche dal punto di vista logico e assolutamente teorico.
8. Il “grande complotto internazionale”, la Merkel e Hollande subito sul posto “come a scusarsi”
Chi non riesce proprio ad accettare l’ipotesi del suicidio di Andreas Lubitz si attacca a tutto, additando Hollande e la Merkel di aver inscenato un “grande complotto internazionale”. In realtà – pur volendo dare un minimo di credito a ipotesi così bizzarre – bisogna chiedersi per quale motivo e quale obiettivo avrebbe avuto questo complotto architettato dai big del mondo. Sull’Airbus A320 di Germanwings, infatti, non c’erano passeggeri eccellenti, personaggi noti e fastidiosi alla politica europea o internazionale, non c’erano elementi “scomodi” da “eliminare”, ammesso che qualcuno possa ancora pensare che le civili democrazie occidentali posano agire con simili metodi squadristi. Sul luogo del disastro sono arrivati nel pomeriggio di martedì 24, diverse ore dopo l’impatto e dopo i primi interventi di ricerche e soccorso, il presidente francese Francois Hollande, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il premier spagnolo Mariano Rajoy. I complottisti li accusano di aver inscenato una grande “messa in scena”, nutrendo dubbi sul fatto che siano arrivati così presto sul luogo del disastro “come se lo sapessero da prima” ed evidenziando il loro atteggiamento “come a scusarsi”. In realtà è palese che i capi di stato dei Paesi coinvolti in un incidente così grave annullino immediatamente tutti gli impegni istituzionali e lavorativi per precipitarsi sul luogo del fatto. Rajoy, Hollande e Merkel hanno dato vita a una serie di conferenze stampa congiunte per illustrare, da autorità competenti, i dettagli dell’incidente. Chiaramente non potevano essere felici di quanto accaduto, e con il loro atteggiamento esprimevano l’affetto e la vicinanza simbolica di tutti i Paesi che rappresentano ai familiari delle vittime.
9. “Com’è possibile che il pilota è andato in bagno 20 minuti dopo il decollo?”
I complottisti si chiedono anche come mai il pilota sia andato in bagno “appena” 20 minuti dopo il decollo. A parte il fatto che il volo era partito con quasi 30 minuti di ritardo e che quindi verosimilmente il pilota non andava in bagno da almeno 50 minuti, o forse da un’ora o due ore o tre ore perché nessuno può dire se il pilota avesse fatto la cacca o la pipì nell’ultimo istante prima di decollare, è comunque difficile stimare in quale momento ad una persona venga il bisogno di svuotare l’intestino o la vescica.
10. “Il pilota non poteva uscire, c’è l’obbligo di stare almeno in due in cabina”
Falso. L’obbligo di stare almeno in due in cabina c’era negli USA ma non in Europa. Dopo questo disastro, appurato il cinismo suicida di Andreas Lubitz, molte compagnie europee compresa Alitalia hanno immediatamente disposto l’obbligo che almeno due membri dell’equipaggio siano sempre contemporaneamente in cabina. Questo ovviamente non può da solo evitare altri episodi così spiacevoli, comunque molto rari se si considera la media di voli che ogni giorno collegano le varie località del pianeta, ma sicuramente può essere un modo per limitarli. Potrebbe essere solo il primo di una serie di provvedimenti volti a trovare ulteriori soluzioni per limitare che un momento di follia di un singolo possa compromettere l’esistenza di centinaia di persone.