“Durante l’assenza del comandante, il copilota attiva i comandi per la discesa, un’azione che puo’ essere solo volontaria. Seguono gli appelli del comandante via interfono per accedere alla cabina, ma senza ricevere alcuna risposta. Quindi quest’ultimo ha bussato per farsi aprire ma il copilota non ha risposto. Si sente un respiro umano, che si sentira’ fino all’impatto:quindi il copilota era vivo. Poi si sentono i contatti della torre di controllo di Marsiglia ma senza nessuna risposta da parte del copilota. I controllori chiedono allora di mandare un S.O.S., ma senza ricevere risposta. E’ stato fatto quindi scattare l’allarme e si sentono colpi come per sfondare la porta blindata”.
Prima di restare chiuso fuori dalla cabina, spiega il procuratore di Marsiglia, “i due piloti si sono scambiati parole in modo normale, di cortesia, socievoli, come normali colleghi, niente di anormale. Poi il condante di bordo ha annunciato il briefing per l’atterraggio a Dusseldorf e le risposte del copilota sembrano laconiche”. I passeggeri, ha aggiunto, “si sono accorti solo all’ultimo della tragedia, perche’ si sentono grida poco prima dell’impatto”. “Durante l’assenza del comandante, il copilota attiva i comandi per la discesa, un’azione che puo’ essere solo volontaria. Seguono gli appelli del comandante via interfono per accedere alla cabina, ma senza ricevere alcuna risposta. Quindi quest’ultimo ha bussato per farsi aprire ma il copilota non ha risposto. Si sente un respiro umano, che si sentira’ fino all’impatto:quindi il copilota era vivo. Poi si sentono i contatti della torre di controllo di Marsiglia ma senza nessuna risposta da parte del copilota. I controllori chiedono allora di mandare un S.O.S., ma senza ricevere risposta. E’ stato fatto quindi scattare l’allarme e si sentono colpi come per sfondare la porta blindata”. Prima di restare chiuso fuori dalla cabina, spiega il procuratore di Marsiglia, “i due piloti si sono scambiati parole in modo normale, di cortesia, socievoli, come normali colleghi, niente di anormale. Poi il condante di bordo ha annunciato il briefing per l’atterraggio a Dusseldorf e le risposte del copilota sembrano laconiche”. I passeggeri, ha aggiunto, “si sono accorti solo all’ultimo della tragedia, perche’ si sentono grida poco prima dell’impatto”.
La ricostruzione di un pilota esperto: Lubitz è stato molto freddo e “calcolatore”
Sono le 10,31 del 24 marzo quando l’Airbus 320 della Germanwings comincia a perdere quota. Era decollato alle 10,00 da Barcellona diretto in Germania, a Dusseldorf, con 144 passeggeri e sei membri dell’equipaggio. In quel momento il co-pilota dell’A320 della Germanwings, Andrea Lubitz, e’ solo nella cabina di pilotaggio. Aveva aspettato che il comandante si allontanasse per attivare il nottolino che permette di programmare la manovra di discesa programmata per scendere gradualmente dalla quota di crociera di 38.000 piedi. “Era da solo perche’, secondo le regole europee, uno solo dei piloti puo’ restare in cabina se funziona la telecamera che permette di controllare lo spazio antistante la cabina di pilotaggio”, osserva in un’intervista concessa all’Ansa un pilota di A320 con un esperienza di volo di 12 anni, chiedendo di non essere citato. In caso contrario in cabina devono esserci due persone. L’aereo comincia la discesa quando sorvola la costa nella zona di Marsiglia. Qualche minuto piu’ tardi e l’impatto avrebbe potuto avvenire su una delle piu’ celebri piste di sci del mondo, la Via Lattea. Quando il comandante cerca di rientrare nella cabina di pilotaggio, segue la procedura prevista in questi casi: dalla tastierina numerica accanto alla porta della cabina suona una sorta di campanello, mentre dall’interno la telecamera lo inquadra. Lubitz non apre. Quindi, sulla stessa tastiera, il comandante digita il codice di emergenza di quattro cifre che permette di sbloccare la porta per un periodo compreso fra 5 e 30 secondi. Ma Lubitz sposta nella posizione ‘locked’ l’interruttore che controlla la porta e che si trova tra il suo sedile e quello del comandante. “A questo punto entrare nella cabina di pilotaggio diventa impossibile”, osserva il pilota. Ci sono ancora pochi elementi per capire se Lubitz stesse eseguendo la manovra manualmente o con il pilota automatico. In quest’ultimo caso, secondo il pilota, “si potrebbe comprendere perche’ abbia deciso di proseguire con la discesa controllata”. Solo in questo modo, ha aggiunto, “sarebbe stato possibile aggirare i numerosi computer di bordo che avrebbero automaticamente corretto la quota”. Questo perche’, spiega, “l’Airbus 320 e’ una macchina molto complessa da controllare in emergenza”. Sono infatti 124 i computer di navigazione, programmati per correggere eventuali anomalie. Di conseguenza, se Lubitz avesse voluto scendere in picchiata, i computer sarebbero entrati in azione sia per controllare la velocita’ sia per correggere la quota. “L’ipotesi piu’ probabile – secondo il pilota – e’ che chi era ai comandi non abbia voluto intenzionalmente eccedere nella velocita’, continuando a scendere progressivamente in modo deciso, ma non abbastanza da far scattare i comandi”.