“La definizione di ‘depressione’ come causa del suo gesto è inesatta”
“Non e’ stato un suicidio depressivo quello di Andreas Lubitz, ma un momento di follia. La definizione di ‘depressione’ come causa del suo gesto e’ inesatta e puo’ generare inutili angosce nella vasta fascia di popolazione affetta, in modo piu’ o meno grave, da sindrome depressiva”. Cosi’ Claudia Spadazzi, psicanalista della Spi (Societa psicoanalitica italiana) commenta le ultime notizie relative all’aereo della Germanwings precipitato in Francia. “Nascondere la sua malattia alla compagnia aerea puo’ essere indice del fatto che non aveva neppure chiara la percezione delle proprie condizioni psichiche, negate o comprese a tratti”evidenzia Spadazzi, sottolineando anche che la frase del copilota, “Un giorno il mondo parlera’ di me”, anche se estrapolata dal contesto e difficile da analizzare, “poteva forse essere un campanello d’allarme”. “E’ doloroso immaginare gli otto lunghissimi minuti di agonia del comandante, trascinato verso la morte sua e dei passeggeri in una condizione di totale impotenza- rileva- e anche se e’ piu’ facile identificarsi in un inerme passeggero, pieta’ merita anche il giovane pilota, non ‘assassino’ , ma spaventosamente solo nel suo ‘forsennato’ tentativo di fuggire una condizione psichica di angoscia”. “Nella storia dell’aviazione esiste un precedente, del 9 Febbraio 1982, che potrebbe offrire alcune analogie: un DC8 della Jal ebbe un incidente vicino all’aeroporto di Haneda a Tokyo, in cui morirono 24 persone e 150 rimasero ferite, che si dimostro’ essere causato dalla deliberata intenzione di schiantarsi del comandante, che insieme al co-pilota si salvo’- conclude- in un’intervista egli affermo’ che ‘qualcosa gli intimava gettarsi verso il suolo per lasciarsi alle spalle un’angoscia intollerabile’.
Cerimonia in ricordo delle vittime sul luogo dello schianto