“A chi voleva farla pagare? Non credo certo ai passeggeri dell’aereo, ma forse alla compagnia per cui lavorava”
Non un depresso, né tantomeno una vittima dello stress da lavoro. Piuttosto “un abnorme psichico, un narcisista maligno in stile Columbine. Una persona che vuole farla pagare a qualcuno, che sente di non avere ricevuto quanto riteneva gli fosse dovuto e trasforma la sua frustrazione in vendetta con una strage punitiva”. Questo il possibile ritratto del copilota Andreas Lubitz per Emilio Sacchetti, presidente degli psichiatri italiani. All’esperto, il probabile autore deliberato della tragedia dell’Airbus 320 della Germanwings che si è schiantato sulle Alpi francesi il 24 marzo ricorda tanto “quelli che, senza un motivo apparente, di punto in bianco imbracciano un fucile e si mettono a sparare alla folla”. Un po’ come accadde appunto nell’aprile del 1999 in Usa con il massacro alla Columbine High School: due studenti che diventano killer senza un perché. “La mia idea – spiega il numero uno della Società italiana di psichiatria (Sip) a Vienna, a margine del 23esimo Congresso dell’Epa, l’Associazone europea di psichiatria – è che non ci troviamo di fronte a una malattia mentale codificata, di quelle descritte nei manuali e quindi diagnosticabili e trattabili, bensì a una condizione psichiatrica non riconosciuta come patologia: il narcisismo esasperato di chi vuole avere tutto come se gli spettasse di diritto, e non ricevendolo decide di punire chi ritiene colpevole per la sua frustrazione. A chi voleva farla pagare? Non credo certo ai passeggeri dell’aereo, ma forse alla compagnia per cui lavorava. Di sicuro però – precisa lo specialista – una persona così non la curi, né puoi prevenire un suo possibile gesto”. Sacchetti ritiene invece che non regga l’ipotesi del burnout: “Non esiste un solo caso al mondo in cui questa sindrome sia sfociata in assassinio. Quanto alla depressione, l’omicidio-suicidio non è raro – ammette il presidente della Sip – ma in genere il depresso uccide chi gli sta accanto con l’idea di evitargli sofferenze. In gergo si chiama omicidio salvifico. Nemmeno un eventuale uso di sostanze potrebbe giustificare una simile modalità d’azione. Ritengo dunque che si tratti di un caso diverso: la tragica conseguenza di un narcisismo esasperato che forse qualcuno avrà anche notato, ma non capito, o magari taciuto”.