Mentre le regioni meridionali e quelle del basso Adriatico continuano ad essere penalizzate da tempo grigio e spesso anche piovoso per l’influenza della latente depressione sull’Egeo, al nord l’arrivo del “Foehn” sta facendo schizzare i termometri oltre il muro dei +18°C +20°C. Si tratta di valori tardo primaverili per molte aree del nord. Ogni qual volta che il flusso perturbato principale che scorre sull’Europa centrale si orienta con una direttrice nord-occidentale, sia nei bassi strati che in quota, sulla pianura Padana si attivano i venti di caduta dalle creste alpine, ossia il “Foehn”. Con il termine “Foehn” si indica un vento caldo e secco, con spiccate caratteristiche “catabatiche” (ossia discendenti), che si attiva ogni volta che un flusso d’aria, esteso alle varie quote, è costretto a scavalcare una catena montuosa che si trova nella sua traiettoria.
Il “Foehn” è un vento frequente in Italia, sia lungo la catena alpina che sul versante orientale della dorsale appenninica, dove le correnti con caratteristiche favoniche vengono definite con il nome di “garbino” (il “Foehn” degli Appennini). Questo tipo di ventilazione prende origini lungo il versante sopravento di una catena montuosa. Durante la salita la massa d’aria che incontra il rilievo si raffredda sensibilmente e raggiunta adiabaticamente la saturazione, se vi è sufficiente umidità, condensa, con la conseguente formazioni di nuvole piuttosto estese che si ammassano sul versante di sopravento, dove si genera il cosiddetto fenomeno dello “stau” (tutto l’opposto del “Foehn”). Occorre specificare che durante questa fase, se buona parte dell’umidità contenuta nella massa d’aria non viene persa, rimanendo in forma di nuvole, l’aria, nel ricadere sul versante di sottovento italiano si comprime e si riscalda tornando alle condizioni di partenza. Ma se la condensazione del vapore acqueo produce delle precipitazioni sul versante di sopravento non si ritorna più alle condizioni iniziali e l’aria arriva a valle con una temperatura più alta di quella di partenza nell’altro versante, dando luogo al “Foehn”. Difatti, il calore latente liberato dalla condensazione fa raffreddare più lentamente la massa d’aria durante la fase di risalitasi sul lato sopravento (versante francese e svizzero).
Una volta raggiunto il crinale dell’ostacolo orografico la massa d’aria è costretta a scendere lungo il versante di sottovento. Durante la discesa l’aria tende a scaldarsi e a deumidificarsi a causa della compressione adiabatica, diventando piuttosto calda e secca una volta raggiunto il fondovalle o la pianura sottostante, dove i moti discendenti rendono i cieli generalmente sereni o poco nuvolosi, inibendo lo sviluppo di nubi o nebbie nei bassi strati. Il “Foehn” che interessa le Alpi e le regioni settentrionali (il più comune), in particolare la Valle d’Aosta, il Piemonte, la Lombardia, si attiva quando un fronte freddo o un intenso flusso nord-occidentale o settentrionale, di provenienza nord atlantica o anche artica (o sub-polare), a seguito dell’affondo di un’ampia saccatura o di un erezione (estensione lungo i meridiani) dell’anticiclone delle Azzorre verso le latitudini artiche o la Groenlandia, è costretto a valicare l’arco alpino per riversarsi sul bacino centrale del mar Mediterraneo, sia attraverso la porta della Bora (Golfo di Trieste e gli “intagli” naturali delle Alpi Dinariche) e del Maestrale (valle del Rodano).
In genere l’aria fredda (sia di origine nord oceaniche che di natura artica), dopo aver scaricato gran parte dell’umidità contenuta durante la salita “forzata” sul versante francese e svizzero, dove si attiva il fenomeno dello “stau” che dà luogo a persistenti precipitazioni (la massa d’aria umida costretta a salire verso l’alto per il superamento del comprensorio montuoso tende a raffreddarsi favorendo la condensazione del vapore acqueo che poi darà luogo alle precipitazioni sul versante sopravvento francese), scende dai declivi alpini verso il versante italiano, riscaldandosi di circa +1°C ogni 100 metri, allontanandosi cosi sempre più dalla saturazione. Scendendo a gran velocità dalle vette alpine la corrente d’aria, per “compressione adiabatica” (abbassandosi di quota aumenta la pressione), si comprime raggiungendo le vallate e le pianure sottostanti come un vento piuttosto tiepido e secco che dissolve la nuvolosità e le nebbie rendendo i cieli in genere sereni o poco nuvolosi, con una atmosfera limpida e ottima visibilità orizzontale indotta dal rimescolamento dell‘aria fin dai bassi strati.
Per questo quasi sempre i venti di “Foehn”, in caduta dalle creste alpine occidentali, giungono sulle pianure piemontesi e sull’alta Lombardia abbassando i tassi di umidità e dissolvendo le foschie e le nebbie dominanti in tutta l’area padana occidentale. L’arrivo dei venti di favonio è subito preannunciato dall’apertura di ampie schiarite e zone di cielo limpido che dalle Prealpi avanzano verso le aree di pianura, accompagnando un certo rialzo dei valori termici, anche durante le ore notturne nel cuore dell’inverno. I cieli tra Valle d’Aosta, specie la parte più meridionale, Piemonte, Lombardia e ovest Emilia, con l’avvento dei venti di caduta, si rendono quasi sempre sereni o poco nuvolosi, con una atmosfera tersa, tanto che da Torino e Milano si possono scorgere i rilievi alpini innevati. In presenza di intensi flussi nord-occidentali o settentrionali le schiarite generate dai venti favonici che discendono dalle vette alpine si possono estendere anche alla Liguria, all’Emilia, inglobando tutte le regioni del centro-nord, dove il flusso settentrionale conserverà le caratteristiche “catabatiche” (prevalenza di moti discendenti) indotte dallo scavalcamento delle vette alpine. Ciò è originato dal fatto che le correnti dai quadranti settentrionali nella media-basso troposfera, una volta valicato l’arco alpino, conservano spiccate caratteristiche “catabatiche” (moti discendenti) fino all’Italia centrale.
Tale fenomeno spiega perché, soprattutto fra autunno, inverno e primavera, molti fronti freddi, provenienti da NO, ogni qual volta che valicano le Alpi centro-occidentali vanno temporaneamente a dissolversi sulle regioni centro-settentrionali, divenendo dei fronti “catabatici” incapaci di produrre precipitazioni, per riformarsi tra il Tirreno e l’Italia centro-meridionale, dove per i crescenti contrasti termici con i mari più caldi si ritrasformano in fronti “anabatici”, che danno la origine a piogge, rovesci e temporali. Vi sono però delle condizioni particolari in cui il vento di caduta non possiede l’energia cinetica sufficiente per raggiungere il suolo e le aree di pianura. In questi casi gli effetti “catabatici” si limitano solo agli strati superiori. Esempi del genere sono rappresentati dal transito di un fronte caldo di natura atlantica sulla pianura Padana nel periodo invernale e da un fronte freddo proveniente dalla Francia, ma con “Foehn” limitato al Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia occidentale.
Nelle condizioni normali di “Foehn” sull’Italia settentrionale il grosso delle precipitazioni si concentrerà sui versanti esteri (quelli sopravvento al flusso atlantico), fra Francia e Svizzera, Austria e Baviera, dove lo “stau” esercitato dai forti venti nord-occidentali addenserà una compatta nuvolosità “orografica”, nota come “muro del Foehn”. Vi sono delle condizioni e situazioni particolari in cui le precipitazioni (nevose nel periodo invernale) possono sconfinare dai versanti esteri raggiungendo i fondovalle italiani, dove si possono realizzare brevi ma intensi eventi precipitativi che vanno ad invalidare le previsioni. Simili situazioni si presentano quando il flusso da nord-ovest o nord che scorre sopra le vette delle Alpi, oltre i 5000-6000 metri (media troposfera), è molto forte, venendo associato nell’alta troposfera dal passaggio dei “Jet Streak” (zone di massima intensità del “getto polare”). Quando si presentano tali condizioni, con il passaggio del ramo discendente del “getto polare” sopra la regione alpina, non è escluso che qualche frangia nuvolosa orografica possa sconfinare dalle creste alpine verso i fondovalle del versante italiano, tra Valle d’Aosta, alto Piemonte e alta Lombardia, generando delle precipitazioni, o intense nevicate nel periodo invernale, circoscritte in determinate vallate, capaci di lasciare accumuli anche importanti.
Spesso questi fenomeni da sconfinamento, seppur temporanei, possono risultare molto intensi, dando luogo a delle vere e proprie bufere da risucchio, esaltate sia dall’intenso flusso in quota che dall’incanalamento orografico tra le valli alpine. In alcuni casi le frange nuvolose orografiche che riescono a staccarsi dal “muro del Foehn”, per via dei “Jet Streak”, possono raggiungere le sottostanti pianure con delle virghe che indicano le fasce precipitative ristrette che tendono rapidamente ad evaporare sullo strato di aria calda e molto secca trascinato dalle raffiche di caduta. Il “Foehn” inoltre, contribuendo ad asciugare l’aria nei bassi strati, spesso può spianare la strada a eventi nevosi degni di nota sulle pianure di Piemonte e Lombardia, non appena cessata l’azione del vento di caduta l’aria fredda, piuttosto pesante, si deposita al suolo, isolando il famoso “cuscino freddo”, indispensabile per l’avvento delle nevicate (da cuscino) su gran parte della val Padana. Mentre nel periodo primaverile le fasi di “Foehn”, asciugando l’aria nei bassi strati, possono favorire delle temporanee scaldate, grazie all’intensificazione dell’insolazione diurna e all’allungamento delle giornate.