In Russia e Siberia già si iniziano a patire i primi effetti di questa lunga crisi del vortice polare che ora rischia di minare l’arrivo dell’estate
Il mese di Aprile, come confermato dalle previsioni, si sta rilevando particolarmente dinamico e avvettivo, con frequenti ondate di freddo tardive inframmezzate da lunghi periodi stabili e anticiclonici, con temperature ben oltre le medie del periodo. Ma volgendo lo sguardo un po’ più verso est, sull’area eurasiatica, notiamo un quadro di anomalie davvero esagerate per la stagione. Così, mentre l’est della Siberia continua ad essere flagellata da incendi e siccità, a causa del clima insolitamente caldo e secco di questi giorni, sulla Russia europea e nelle pianure di Ucraina e Bielorussia un’ondata di freddo tardiva ha riportato la neve fra Kiev e le città della Crimea e della Russia meridionale.
Le anomale ondate di calore che da settimane interessano il sud della Russia asiatica e la Siberia orientale, dove solo nei giorni scorsi si sono registrate temperature di ben +29°C +30°C, vengono perfettamente controbilanciate, più ad ovest, da continue e possenti avvezioni fredde, di diretta estrazione artica, che scivolano fino alle pianure della Russia europea e dell’Ucraina, spingendo i termometri su valori prossimi ai +0°C +1°C. Tutta colpa dell’imponente “onda di Rossby” da giorni ferma fra la regione degli Urali e la Novaja Zemlja che ha prodotto un deciso rallentamento dei flussi zonali nell’area eurasiatica, con una conseguente “meridianizzazione” della circolazione atmosferica (frequenti scambi di calore fra la fascia temperata e i poli) nei medi e bassi strati. Quello che sta avvenendo in questi giorni fra la Russia e la Siberia è direttamente correlabile alla crisi del vortice polare e potrebbe essere interpretato come un primo segnale importante sull’andamento della stagione estiva. Il vortice polare vive un periodo di crisi indotto dal moderato “stratwarming” (o meglio “final warming”) che nelle scorse settimane si è attivato sopra l’Alaska e l’Arcipelago Artico canadese, a seguito delle maggiori ore di luce che caratterizzano questo particolare periodo dell’anno.
L’inizio dell’inversione dei venti zonali artici, fra i 10 hpa e i 50 hpa, osservata non meno di qualche settimana fa, rappresenterebbe un primo segnale di propagazione di questo intenso riscaldamento fino al confine con la sottostante troposfera. Ancora è presto per parlare di un deciso coinvolgimento della colonna troposferica, ma non si può escludere che questo possa realmente concretizzarsi nelle prossime settimane, favorendo un radicale cambiamento della circolazione atmosferica lungo tutta la regione artica, proprio in coincidenza con l’avvicinamento della bella stagione e dei periodi di maggiore stabilità sull’area mediterranea. Se nelle prossime settimane gli effetti di questo “final warming” cominceranno a propagarsi anche nella parte più alta della troposfera il conseguente aumento del campo dei geopotenziale potrebbe favorire lo sviluppo sul mar Glaciale Artico di una imponente cellula anticiclonica, ben strutturata nell’alta troposfera, che a sua volta destabilizzerebbe la figura del vortice polare, la quale, di tutta risposta all’improvviso aumento dei geopotenziali in quota, rischierebbe di disintegrarsi in due o più “lobi” in movimento verso le medio-alte latitudini, fra l’Asia settentrionale, il nord America e l’Europa.