Ci troviamo di fronte la famigerata “barriera di primavera”, periodo in cui elaborare una previsione a lunga scadenza diventa un compito molto arduo, per non dire impossibile, viste le variabili in gioco
Nei giorni scorsi avevamo accennato del progressivo indebolimento della figura del vortice polare, indotto dal moderato “stratwarming” (o meglio “final warming”) in atto sopra l’Alaska e l’Arcipelago Artico canadese. Questo notevole riscaldamento della stratosfera, attualmente ben evidente lungo la colonna stratosferica, sta contribuendo a mettere in crisi la circolazione legata al vortice polare, il quale inizia ad assumere un assetto di tipo “displacement”, che nulla a che vedere con quello di tipo “split” visto che il nucleo del vortice polare stratosferico rimane unico e non frammentato. In questo caso il vortice polare si presenta leggermente fuori asse rispetto la sua posizione geografica ordinaria. Ebbene, stando agli ultimi aggiornamenti, pare che questo significativo riscaldamento della stratosfera, da settimane ben osservabile sopra l’Alaska e l’Arcipelago Artico canadese, stia cominciando pian pianino a propagarsi alle quote inferiori, favorendo una mutazione della circolazione atmosferica in sede artica già a partire dalla bassa stratosfera.
L’inizio dell’inversione dei venti zonali artici, fra i 10 hpa e i 50 hpa, rappresenterebbe un primo segnale di propagazione di questo intenso riscaldamento fino al confine con la sottostante troposfera. Certo, finora si tratta solo di semplici avvisaglie su un possibile coinvolgimento più diretto della colonna troposferica, ma non possiamo escludere che questo possa realmente concretizzarsi nelle prossime settimane, favorendo un radicale cambiamento della circolazione atmosferica lungo tutta la regione artica, proprio in coincidenza dell’entrata della bella stagione. Al momento elaborare una previsione è quasi impossibile, visto che ci troviamo di fronte la famigerata “barriera di primavera”, periodo in cui elaborare una previsione a cosi lunga scadenza diventa un compito molto arduo, per non dire impossibile, viste le variabili in gioco. Se nelle prossime settimane gli effetti di questo “stratwarming” cominceranno a propagarsi anche nella parte più alta della troposfera il conseguente aumento del campo dei geopotenziale potrebbe agevolare lo sviluppo sul mar Glaciale Artico di una imponente area anticiclonica, ben strutturata nell’alta troposfera, che a sua volta destabilizzerebbe la figura del vortice polare, la quale, di tutta risposta all’attacco anticiclonico e all’improvviso aumento dei geopotenziali in quota, rischierebbe di disintegrarsi in due o più “lobi” in movimento verso le medie latitudini, fra l’Asia settentrionale, il nord America e l’Europa.
Una ipotesi previsionali che se si venisse a realizzare potrebbe andare a minare l’ingresso della bella stagione alle nostre latitudini, in un contesto di fasi di tempo fresco e piuttosto instabile alternate a periodi maggiormente stabili e più soleggiati. Non ci resta che attendere l’evolversi di questo massiccio riscaldamento stratosferico per capire se riuscirà a propagarsi fino alla troposfera, delineando un periodo di crisi del vortice polare, con tutte le conseguenze del caso sulla circolazione generale atmosferica sul nostro emisfero.