Prendendo lo spunto dai recenti forti terremoti che stanno colpendo l’isola greca di Creta, il geologo Giampiero Petrucci ricorda quanto avvenne il 21 luglio 365 che nell’immaginario collettivo dell’epoca diventa, non a caso, il “giorno dell’orrore”. Dalla bella isola minoica infatti possono venire gravi pericoli per l’intero Mediterraneo
Il terremoto più forte del Mediterraneo
Da milioni di anni il Mediterraneo è sede dello scontro tettonico tra la placca europea e quella africana che nel mar Egeo va in subduzione (ovvero si immerge) al di sotto della cosiddetta microplacca Egea. Questo accade lungo il cosiddetto “arco ellenico”, un vero e proprio piano di subduzione, il quale geograficamente va dalle isole Ionie alle coste della Turchia, passando proprio per Creta che quindi, confermando i princìpi fondamentali della sismotettonica, diventa sede privilegiata di terremoti distruttivi. E’ notorio come la Grecia sia una delle nazioni europee più soggette al rischio sismico, sin dall’antichità: già Erodoto parla dei terremoti mentre Aristotele tenta di spiegarli scientificamente tramite una specie di “vento interno” nella terra che muovendosi genererebbe appunto questi sismi.
Oggi sappiamo che non è così e siamo in grado di ricostruire scientificamente eventi catastrofici anche molto lontani nel tempo. E’ il caso appunto dell’anno 365. Il 21 luglio si verifica infatti un tremendo terremoto, di magnitudo compresa tra 8.3 ed 8.5, il più forte mai verificatosi nel Mediterraneo, che provoca valori di PGA (picco massimo dell’accelerazione indotta nel terreno dalle scosse) pari addirittura a 1.0 g (ricordiamo per semplice paragone che il terremoto emiliano del maggio 2012 ha provocato un valore di PGA intorno a 0.3 g). Un sisma quindi devastante, della durata di circa un minuto, con numerosi aftershocks (le scosse seguenti la principale) di magnitudo comunque rilevanti, sviluppatesi nel giro di pochi minuti. L’epicentro dell’evento tellurico si trova a sud-ovest dell’angolo sud-occidentale dell’isola di Creta, a qualche km dalla costa e, come dimostrato dalla ricercatrice inglese Beth Shaw, la faglia originante non coincide esattamente col piano di subduzione (come ritenuto sino a pochi anni fa), ma bensì si trova al di sopra di esso, sulla microplacca egea. Orientata in direzione nord-ovest/sud-est, questa faglia ha un andamento sub-orizzontale (angolo di inclinazione di circa 30°), è lunga un centinaio di km e si trova a circa 45 km di profondità. Caratteristiche estremamente importanti per lo sviluppo del sisma perché, rispetto ad una faglia sub-verticale, questo tipo di struttura richiede una sforzo totale ben maggiore per innescare il movimento e dunque un’energia considerevole all’atto del movimento tellurico.
Lo tsunami
Più certo invece quanto accade dopo, quando il terremoto innesca un grande tsunami che si riversa per tutto il Mediterraneo centro-orientale. Modelli numerici di ricostruzione associati alle ricerche sulle varie sponde portano ad ipotizzare, con buona approssimazione, come possa essersi sviluppato il fenomeno. Partendo a sud-ovest di Creta, con altezze limitate ed intorno al metro, le onde si diramano nelle quattro direzioni cardinali: a nord vengono in parte arrestate dalle Sporadi mentre nella costa meridionale di Creta raggiungono i 9 metri di altezza. Ad est arrivano dapprima a Cipro (8 metri) e quindi finiscono la corsa in Palestina (6 metri). Ad ovest, la zona che più è per noi interessante, nel giro di 60-75 minuti giungono sulle coste di Calabria e Sicilia, con altezze intorno ai sette metri. Ciò è stato recentemente confermato da alcuni sondaggi eseguiti nel ragusano, in particolare nella zona del Pantano Morghella, un’area lagunare costiera nei pressi di Pachino, dove sono stati individuati livelli di sabbia a circa un metro di profondità intercalati alle argille. Tali sabbie, gialle e del tutto simili a quelle della spiaggia attuale prospiciente la laguna, contengono foraminiferi e frammenti di conchiglie tipicamente marini: la datazione tramite Carbonio 14 ha permesso di attribuire loro un’età compatibile col 365. Si presume quindi ragionevolmente che esse siano tsunamiti ovvero testimonianza dell’ingressione marina la quale avrebbe in quel punto raggiunto la distanza di almeno un km dalla linea di costa.
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