A rendere le operazioni ancora più complesse è la completa inagibilità delle infrastrutture
In Nepal è la mancanza di equipaggiamenti la vera emergenza del post-terremoto. In un villaggio del distretto di Dolakha, a 60 chilometri da Kathmandu, i soccorritori sono stati costretti a sospendere le ricerche di più di 100 persone ancora disperse, dopo le due terribili scosse che hanno colpito il Paese in sole tre settimane. “I lavori sono stati interrotti a causa della mancanza di mezzi”, ha detto all’agenzia stampa Dpa Premlal Lamichanne, capo dell’ufficio distrettuale del distretto di Dolakha. “E la nostra stima è che sotto le macerie ci siano ancora circa 150 persone”. A rendere le operazioni ancora più complesse è la completa inagibilità delle infrastrutture. Molte delle strade della regione sono interrotte, 19 i villaggi isolati nella parte settentrionale del distretto e tanti altri gli agglomerati inaccessibili ai soccorsi così come alle ruspe, fanno sapere fonti militari, che sottolineano innanzitutto il bisogno di ripristinare i collegamenti. La situazione non migliora per quanto riguarda gli aiuti aerei: i tre elicotteri Chinook inviati dall’esercito inglese sono ancora fermi a Chandigarh, oltre il confine con l’India, mentre da Kathmandu il governo ha negato l’accesso allo spazio aereo. Nel distretto di Dolakha, la seconda fortissima scossa del 12 maggio scorso ha fatto 149 vittime: molti erano i residenti della città o delle zone limitrofe morti mentre cercavano di ricevere i beni di prima necessità distribuiti dai soccorritori. “Mio fratello ha perso la vita nella scossa del 25 aprile; mio figlio e sua moglie incinta sono invece tra i dispersi del secondo sisma” racconta un nepalese che, da un villaggio a tre chilomentri da Dolakha, ha raggiunto la città con la speranza di avere notizia sui suoi congiunti. “Ci sono così tanti detriti che è difficile poter pensare che possano essere ancora vivi”, ha concluso.
