L’associazione delle molecole ipilimumab e nivolumab consente di ottenere il 55% di risposta
Oggi è possibile trattare il melanoma con una terapia di combinazione, come è stato fatto con l’HIV, per rendere questo tumore della pelle una malattia cronica, con cui il paziente può convivere per tutta la vita. Una sfida difficile, soprattutto per una patologia che, nella fase metastatica, fa registrare alti tassi di mortalità, ma possibile grazie ai nuovi trattamenti immuno-oncologici. L’efficacia della combinazione di due farmaci, ipilimumab e nivolumab, è dimostrata dallo studio Checkmate -067, presentato oggi al 51° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso a Chicago fino al 2 giugno. “Con l’associazione di queste due armi si raggiunge fino al 55% di risposta obiettiva, rispetto ad esempio al 40% ottenuto con la monoterapia con nivolumab – spiega il prof. Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione “G. Pascale” di Napoli, presidente della Fondazione Melanoma e coordinatore delle Linee Guida sul melanoma dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) -. La risposta obiettiva rappresenta un importante indicatore dell’efficacia del trattamento, strettamente legato all’esito favorevole a lungo termine, cioè alla sopravvivenza. L’impatto di questi dati è decisivo, infatti sono presentati oggi in sessione plenaria all’ASCO e sono oggetto dell’abstract numero 1 al congresso”. Nel 2014 sono stati stimati quasi 11.000 nuovi casi di melanoma in Italia. L’incidenza della malattia è da anni in costante ascesa sia negli uomini (+3,6%/anno) che nelle donne (+3,7%/anno). I più recenti dati ISTAT (2011) indicano in 1.807 i decessi nel nostro Paese (1054 fra gli uomini e 753 fra le donne). “Questi dati ottenuti con il regime di combinazione nivolumab e ipilimumab nel melanoma avanzato sono senza precedenti e mostrano risultati di efficacia mai osservati prima con farmaci immuno-oncologici – continua il prof. Ascierto -. Con l’associazione abbiamo registrato tassi di risposta molto più alti e duraturi nel tempo, oltre a una significativa riduzione del volume tumorale, rispetto sia alla monoterapia con ipilimumab che a quella con nivolumab. Le risposte osservate nello studio CheckMate -067 dimostrano il potenziale di questo regime nei pazienti con melanoma metastatico”. “Questi risultati – conclude il prof. Ascierto – rafforzano le nostre convinzioni che le future terapie consisteranno nella combinazione di più farmaci immuno-oncologici, in grado di modulare il sistema immunitario per offrire ai pazienti con tumore opzioni di maggiore efficacia, più di quanto si possa ottenere con le attuali terapie. E questo approccio potrà essere applicato non solo nel melanoma ma anche in diversi tipi di tumore”. I dati dello studio CheckMate -067 confermano i risultati dei primi test su pazienti con melanoma nel Regno Unito, USA, Israele e Francia, pubblicati recentemente sul New England Journal of Medicine. Gli scienziati hanno studiato 142 pazienti: 72 sono stati trattati con la combinazione nivolumab e ipilimumab, mentre agli altri sono stati somministrati altri farmaci e placebo. Nel 61% di quelli trattati con il regime di associazione il tumore è regredito nei successivi 12 mesi.