Il Porto di Genova dal luglio del 2009 è soggetto alla più grande opera di dragaggio mai avvenuta nella sua storia millenaria
Decine di ancore e cannoni antichi sono stati recuperati con i recenti dragaggi effettuati sui fondali del porto di Genova. I manufatti, studiati dalle Soprintendenze e da esperti del NavLab (Laboratorio di Storia Marittima e Navale dell’Università di Genova), attualmente sottoposti a un processo di desalinizzazione, in un’area protetta di Calata Bettolo, saranno restaurati e offerti alla cittadinanza in esposizione pubblica permanente. Le ancore e i cannoni testimoniano l’attività del porto di Genova tra il XVI e il XX secolo e presentano numerosi riferimenti ai contatti con altre marinerie. Durante i dragaggi sono stati recuperati anche venti ordigni bellici, attualmente tutti disinnescati e portati in aree sicure. Sono stati rinvenuti cinque cannoni secenteschi ad avancarica in ferro colato, lunghi quasi tre metri e del peso di circa una tonnellata, di probabile produzione inglese; due cannoni leggeri a retrocarica in ferro fucinato, brandeggiabili a mano da una sola persona, lunghi un metro e mezzo e pesanti meno di un quintale, databili tra la fine del Cinquecento e la metà del Seicento; un falconetto in bronzo lungo circa due metri e pesante circa due quintali, che presenta il marchio della famiglia Alberghetti, fonditori veneziani attivi nella seconda metà del Cinquecento: di questa bocca da fuoco è noto un esemplare gemello, proveniente dal porto di Genova ed esposto al Galata Museo del Mare. Realizzate in ferro, nella quasi totalità dei casi forgiato, le ancore recuperate offrono uno spaccato sull’evoluzione subita negli ultimi tre-quattro secoli. Tra gli oggetti più significativi si contano un esemplare sei-settecentesco di fattura locale, una Rodger’s Small Palms, (1832) , alcuni esemplari tipo Ammiragliato Britannico (1841), diverse ancore a ceppo mobile di ferro, un raro esempio a ceppo fisso di legno, di dimensioni e peso imponenti (cinque metri e quattro tonnellate), l’unico finora rinvenuto in acque italiane, esemplari più recenti a marre mobili, simili a quelli in uso ai giorni nostri. I materiali recuperati possono costituire un’importante opportunità culturale. Gli enti coinvolti hanno intenzione di valorizzare e rendere di pubblica fruibilità le ancore e i cannoni d’epoca in un percorso capace di legare città e porto: a questo proposito il Ministero dei Beni Culturali, in collaborazione con l’Autorità Portuale, sta studiando un progetto di esposizione e illustrazione tecnico-storica, anche per valutare e reperire le necessarie coperture economiche, eventualmente rivolgendosi a soggetti finanziatori privati.