Civita, il borgo italoalbanese più amato dagli appassionati di trekking acquatico

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In Calabria esiste un borgo dove le case sembrano “parlare” e gli abitanti sono legati alle tradizioni arbereshe. Vicino, il suggestivo Canyon del Raganello richiama appassionati da tutta Italia

Siamo a Cosenza. A 450 metri sopra il livello del mare, aggrappata su un roccioso sperone, sorge Civita, piccolo borgo calabro e porta d’accesso meridionale al Parco Nazionale del Pollino. Fondata intorno al 1476 da profughi albanesi provenienti dall’Epiro conserva la cultura e il folklore tipico albanese. L’aspetto architettonico più particolare del paese è costituito dai comignoli delle case, quasi opere d’arte dalle forme bizzarre e curiose. Il comignolo rappresentava il totem della famiglia; non aveva la sola funzione di aspirare il fumo e contrastare i venti forti ma, secondo la credenza popolare, teneva lontano gli spiriti maligni e ( a seconda delle dimensioni) attestava lo status sociale dei proprietari. I comignoli più caratteristici furono costruiti tra fine Ottocento e inizi Novecento ma ce ne sono anche di più antichi.

Nel centro storico, sette abitazioni si distinguono dalle altre per la loro particolare morfologia che ricorda un volto umano, sono le Case Kodra (o case “parlanti”), così chiamate in omaggio all’artista albanese Ibrahim Kodra che, in visita a Civita, ne rimase così affascinato da  ritrarle nei suoi quadri. Le casette, considerate bene artistico culturale da tutelare, sono disabitate per evitare che il tempo e la modernità ne cambi l’aspetto. Di notevole importanza storica il campanile e la Chiesa di Santa Maria Assunta, edificata nei primi decenni del 1600, le cui decorazioni interne, risalenti al periodo tardobarocco, sono abbellite da pitture bizantine. Ma per chi si reca a Civita una tappa da non perdere è il Museo Etnico Arbereshe che, affacciato nella piazza principale, raccoglie testimonianze della cultura bizantina e albanese in Italia. All’interno ospita una mostra fotografica, costumi, oggetti tradizionali, una biblioteca e un interessante spaccato della vita di Civita così come si svolgeva anni fa: il rito del pane, la provvista dell’olio, le feste tradizionali, l’arte del telaio. Il Museo è impegnato dal 1989 in una apprezzabile opera di divulgazione e collaborazione con altri enti e da più di 40 anni pubblica un’importante rivista di cultura e attualità italo-arbereshe diffusa sia in Italia che all’estero.

Gli abitanti tutelano e valorizzano le loro tradizioni, fatte di canti popolari (le kalimere) intonati durante la Settimana Santa e di scenografiche danze (come la Vallja eseguita il Martedì dopo Pasqua) eseguite con sontuosi costumi ricchi di ricami d’oro; uomini e donne tenendosi a catena per mezzo di fazzoletti e guidati all’estremità da due portabandiera si snodano per le vie del paese; la fila circonda e “ imprigiona” inevitabilmente qualche turista che, ottiene il proprio riscatto, solo offrendo qualcosa al bar.

Gli amanti del trekking non possono rinunciare alla passeggiata nello spettacolare Canyon del Raganello, 13 km di cascate, rocce a strapiombo, grotte che si susseguono fino al Ponte del Diavolo. Gli abitanti di Civita raccontano che considerata l’estrema difficoltà della sua costruzione, fu sancito un patto con il diavolo; in cambio della riuscita del progetto chiedeva l’anima della prima persona che lo avesse attraversato. Il popolo fece passare un cagnolino e il diavolo infuriato distrusse il ponte. Leggenda a parte oggi il ponte (crollato nel 1998) è stato totalmente ricostruito e tutti possono sostare per ammirare l’incantevole paesaggio che fa da cornice. Questo è un luogo dal fascino particolare; l’azione corrosiva dell’acqua ha creato delle vere opere d’arte nella pietra regalando al turista uno spettacolo unico ed emozionante. Diversi sono i sentieri percorribili; le associazioni Sibari Avventura e Avventurieri del Sud  organizzano itinerari acquatici lungo il letto del torrente avvalendosi di guide specializzate e di materiale ( caschi, corde e moschettoni) omologati.

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