I dati indicano che il beneficio della risposta patologica raggiunto con la combinazione di pertuzumab, trastuzumab e chemioterapia può tradursi in miglioramento a lungo termine negli outcome delle pazienti
Presentati al Congresso ASCO i risultati dello studio di fase II NeoSphere che mostrano come pertuzumab in combinazione con trastuzumab e chemioterapia con docetaxel, somministrato prima dell’intervento, riduca il rischio di progressione e aumenti il tempo libero da malattia, rispetto a trastuzumab e chemioterapia, nelle donne con carcinoma mammario HER2-positivo in fase precoce (eBC). Il profilo di sicurezza del regime con pertuzumab è risultato sovrapponibile con quanto osservato negli studi precedenti e nessun nuovo evento è stato riscontrato. “I risultati dello studio NEOSPHERE presentati all’ASCO 2015 mostrano come pertuzumab in associazione a trastuzumab e chemioterapia riduca di circa il 40% la probabilità di avere metastasi a distanza o di morire per tumore mammario a tre anni dalla diagnosi iniziale e dalla terapia neoadiuvante. Lo studio inoltre, sembra confermare che la scomparsa completa del tumore dopo chemioterapia neoadiuvante possa essere predittiva di un beneficio a lungo termine. Questi dati – ha commentato Grazia Arpino, ricercatrice dell’Università Federico II Napoli – vengono ottenuti con un profilo di tossicità sovrapponibile a quello evidenziato nell’associazione chemioterapia e trastuzumab da solo. Si tratta di dati importanti che rappresentano un ulteriore passo verso la cura definitiva del carcinoma mammario. Pertuzumab, che già ha cambiato la storia naturale della malattia metastatica mammaria, si appresta infatti a modificare anche quella della patologia mammaria operabile o localmente avanzata. La combinazione pertuzumab- trastuzumab-chemioterapia, già approvata dalla FDA per il setting neoadiuvante, potrebbe presto diventare anche il nuovo standard di terapia adiuvante per le donne con carcinoma mammario operabile, se i dati dello studio APHINITY dimostreranno un profilo di attività analogo a quello osservato nel NEOSPHERE”. Nello studio NeoSphere, sia la sopravvivenza libera da progressione (PFS) sia la sopravvivenza libera da malattia (DFS) sono state valutate a tre anni. I risultati indicano che le donne trattate con il regime con pertuzumab prima dell’intervento chirurgico avevano una riduzione del 31% della probabilità di andare incontro a un peggioramento della malattia, recidiva o decesso (PFS HR=0.69; 95% CI, 0.34–1.40) rispetto a coloro che avevano ricevuto trastuzumab e chemioterapia. Le pazienti trattate con il regime con pertuzumab avevano il 40% in meno di probabilità di sviluppare una recidiva o di andare incontro a decesso. (DFS HR=0.60; 95% CI, 0.28–1.27). Inoltre, le donne arruolate nello studio NeoSphere, trattate nel contesto neoadiuvante, hanno ricevuto un anno di trattamento adiuvante con trastuzumab dopo l’intervento chirurgico associato a ulteriore chemioterapia. I risultati di questa analisi sono descrittivi, poiché lo studio non è stato disegnato per dimostrare la rilevanza statistica per la PFS e la DFS a tre anni. Questi risultati indicano che le pazienti che hanno raggiunto la pCR, vale a dire che non avevano tessuto tumorale rilevabile al momento dell’intervento chirurgico nella mammella e nei linfonodi locali interessati, hanno una maggiore probabilità in tutti i bracci dello studio di essere vive e libere da malattia a tre anni di distanza (PFS HR=0.54; 95% CI, 0.29–1.00; DFS HR=0.68; 95% CI, 0.36–1.26). Tale evidenza supporta l’associazione tra pCR e i risultati di outcome a lungo termine. La pCR raggiunta con pertuzumab, trastuzumab e chemioterapia è pari a 39,3% rispetto al 21,5% di trastuzumab e chemioterapia. Questi dati, presentati ad ASCO, indicano che il beneficio della risposta patologica raggiunto con la combinazione di pertuzumab, trastuzumab e chemioterapia può tradursi in miglioramento a lungo termine negli outcome delle pazienti. Nel 2013, la Food and Drug Administration (FDA) ha concesso l’approvazione accelerata (o ‘condizionale’) di pertuzumab in neoadiuvante per il trattamento delle pazienti ad alto rischio con eBC HER2-positivo. Sarà necessaria una revisione completa dei dati dello studio in corso di fase III APHINITY perché l’approvazione accelerata sia convertita in un pieno riconoscimento. Lo studio APHINITY mette a confronto pertuzumab, trastuzumab e chemioterapia verso trastuzumab e chemioterapia per il trattamento adiuvante (post intervento chirurgico) in pazienti con eBC HER2-positivo. I dati di APHINITY sono previsti per il 2016.