Il presidente Conti: “Il paziente, se è gestito da un team multidisciplinare, riceve cure ottimali e si ottengono migliori risultati”
Il paziente colpito da tumore della prostata deve essere assistito da un team multidisciplinare di più specialisti e non da un singolo medico. Questo approccio consente di migliorare l’assistenza e riduce gli sprechi legati a cure ed esami inutili. Lo ribadisce un lavoro appena pubblicato su Critical Reviews in Oncology and Haematology e che oggi viene discusso dagli oltre 600 camici bianchi, riuniti a Roma, per il 25° congresso nazionale dalla Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO). Gli specialisti lanciano un appello: la multidisciplinarietà in uro-oncologia deve diventare al più presto una consuetudine anche nel nostro Paese. “La collaborazione tra urologi, oncologi medici e oncologi radioterapisti, anatomopatologi, psicologi e medici nucleari non deve essere più un’opzione ma un obbligo –afferma il prof. Giario Conti presidente nazionale della SIUrO -. Da una medicina basata sul singolo specialista si deve arrivare alla scelta della migliore terapia attraverso l’analisi e il confronto di più professionisti. In Italia, a differenza di altri Stati europei, non esistono percorsi istituzionalizzati per creare team di camici bianchi e spesso anche il dialogo tra i vari clinici è insufficiente. In Germania invece esistono oltre 90 Prostate Cancer Unit. Si tratta di strutture nate sul modello di quelle che da anni curano le donne malate di tumore del seno”. “Per rendere davvero possibile la multidisciplinarietà è necessario riorganizzare le nostre strutture sanitarie tenendo conto dell’esperienza delle Breast Unit – prosegue il dott. Riccardo Valdagni Presidente Eletto SIUrO -. La costituzione di Prostate Cancer Unit deve rispettare precisi parametri medici stabiliti in recente position paper della European School of Oncology. Al documento hanno lavorato per oltre tre anni gli specialisti delle più importanti Società Scientifiche europee e le associazioni di pazienti. Questi standard aiuteranno il processo”. “E’ necessario coinvolgere nel riassetto anche i clinici –sottolinea il prof. Conti -. L’esperienza del tumore della prostata deve poi estendersi alle altre patologie genito-urinarie. I rappresentanti delle varie Società Scientifiche hanno già cominciato a sedersi insieme attorno ad un tavolo per elaborare un progetto condiviso di creazione dei team multidisciplinari. Il piano deve essere poi discusso con tutte le istituzioni competenti: dalle direzioni sanitarie dei singoli ospedali fino al Ministero della Salute, passando ovviamente per gli assessorati regionali”. “La SIUrO – aggiunge il dott. Valdagni – è una società che ha nel suo DNA la multidisciplinarietà. Per statuto, infatti, il nostro consiglio direttivo è formato dal 50% da urologi, e l’altra metà invece da specialisti appartenenti a discipline diverse. Vogliamo dare il nostro contributo per la realizzazione di questo processo che è sia clinico-organizzativo che culturale”. In Italia 8 pazienti su 10 colpiti da tumori urogenitali sopravvivono alla malattia. Per dimostrare che è possibile vincere questa sfida la SIUrO presenta al suo congresso nazionale il libroUn’esperienza chiamata cancro (autori Mauro Boldrini e Sabrina Smerrieri, 96 pagine, Intermedia Editore). “Abbiamo raccolto le emozionanti testimonianze di 10 uomini e 3 donne – afferma il prof. Conti -. Si tratta di storie umane, molto prima che mediche, nelle quali ricorre in maniera costante lo shock legato al momento della diagnosi, preoccupazioni, paura e angoscia. Ma anche la voglia di combattere e di rialzarsi”.
Nel nostro Paese i tumori urogenitali colpiscono oltre 76.500 persone l’anno e rappresentano il 20% di tutte le neoplasie diagnosticate. “L’innovazione in oncologia ha portato a cure sempre più efficaci che consentono di contrastare le neoplasie limitando il più possibile gli effetti collaterali delle terapie – afferma la prof.ssa Gigliola Sica Presidente Onorario del XXV congresso SIUrO -. Il tumore della prostata colpisce ogni anno 36mila italiani e si tratta in assoluto del più frequente tra la popolazione maschile del nostro Paese e dell’intero Occidente. Fino a pochi anni fa la malattia avanzata, o la recidiva, veniva combattuta solo col la terapia ormonale. Oggi esistono nuovi ed eccellenti medicinali, sia chemioterapici che radio-farmaci, che hanno cambiato radicalmente le prospettive, anche per la fase metastatica”.
“Per il cancro del testicolo in 15 anni la sopravvivenza arriva fino al 94%, si tratta di uno dei migliori dati registrati tra tutti i tumori solidi – sostiene il dott. Sergio Bracarda membro del direttivo nazionale SIUrO-. La malattia deve però essere trattata in centri specializzati perché è necessario saper gestire delle problematiche collegate ai trattamenti. Prima fra tutte la preservazione della fertilità che è molto importante in quanto si tratta di una neoplasia “giovanile” che colpisce 2.000 under 40 ogni anno”.
“Per quanto riguarda il tumore della vescica e del rene i dati sono in continuo miglioramento – conclude il dott. Alberto Lapini Presidente Incoming SIUrO -. Negli ultimi anni la sopravvivenza a 5 anni di queste due neoplasie è salita rispettivamente al 80 e 85%. Sono patologie in aumento sia tra gli uomini che le tra le donne e molta strada resta ancora da percorrere soprattutto a livello di prevenzione. Non esistono infatti screening efficaci in grado di individuare in modo precoce queste forme di cancro. Quindi è ancora più importante adottare fin da giovani stili di vita sani ed equilibrati a cominciare dal fumo. L’abolizione di questo vizio potrebbe ridurre del 20% il rischio di insorgenza del tumore del rene. La probabilità di sviluppare un carcinoma della vescica nei tabagisti è invece fino a 5 volte superiore rispetto ai non fumatori”.