Il devastante tornado, classificato come un “EF-4” in base ai parametri della nuova scala “Fujita”, che lo scorso mercoledì 8 Luglio 2015 ha devastato la riviera del Brenta, cagionando la morte di una persona e ingentissimi danni materiali, per case ed edifici distrutti o seriamente danneggiati, passerà alla storia come uno degli eventi vorticosi più violenti della storia italiana. Del resto, dopo l’intensa ondata di calore che i giorni precedenti aveva investito l’intero nord Italia, accompagnandosi a valori di umidità relativa davvero molto elevati (causa la presenza di una circolazione molto “lasca” nei bassi strati), un modesto cavo d’onda, seguito da aria più temperata di origine atlantica, attraversava le Alpi, per poi transitare sopra i cieli del Veneto e del Friuli Venezia Giulia.
Qui l’aria meno calda di provenienza oceanica si è trovata a scorrere sopra un “cuscino di aria molto umida e calda”, che stazionava sopra le pianure del nord-est, dopo giorni di soleggiamento ininterrotto. Il passaggio di questo cavo d’onda (in gergo saccatura), seguito da aria temperata oceanica (meno calda), ha seguito anche dell’inasprimento del “gradiente termico verticale” e di una avvezione di vorticità in quota che ha reso elevatissimi i valori di “Wind Shear”, ha generato condizioni di marcata instabilità, favorendo lo sviluppo di fenomeni temporaleschi particolarmente intensi fra su gran parte del Veneto e su parte del Friuli Venezia Giulia. Così nel corso del primo pomeriggio di mercoledì 8 Luglio 2015 le prime “Cellule temporalesche” si sono cominciate a formare, in modo molto veloce, lungo tutta la fascia pedemontana di vicentina e trevigiana, la pianura di Treviso e quella centro settentrionale di Vicenza, Padova e Venezia.
Nel giro di poche ore queste “Cellule temporalesche”, alimentate dalla base da “updrafts” davvero molto violenti che risucchiavano gran parte dell’aria calda e molto umida accumulata sopra le pianure del vicentino e trevigiano, ingrossandosi si sono unite fra loro, creando un imponente “Cluster”, con “torri convettive” particolarmente elevate. Durante lo spostamento verso l’alta padovana, a causa dell’intenso “Wind Shear” presente sopra i celi del Veneto, l’imponente sistema temporalesco alla mesoscala ha iniziato a roteare su se stesso, iniziando così ad evolversi in un temporale a “supercella”, dotato di significativi moti rotatori all’interno, impressi proprio dal notevolissimo “Shear” del vento alle varie quote.
La trasformazione dell’iniziale “Cluster temporalesco” in un sistema di chiara natura “supercellulare” è stata di seguito evidenziata anche dalle immagini del radar le quali mettevano in evidenza pure come l’”updraft” principale del temporale, localizzato sul margine sud-occidentale del temporale, era talmente violento da costringere i venti in quota ad aggirarlo (un po’ come capita con un ostacolo orografico), determinando la classica forma della “supercella” classica(simile per la forma ai noti temporali “V-Shaped”). Da qui, durante la sua marcia verso i comuni del padovano, trevigiano e veneziano, la “supercella” ha acquistato l’intensità massima, presentandosi come un imponente scudo di nubi, la cui sommità superava i 12-13 km in altezza, e dalla cui base precipitavano, oltre alla pioggia, pure chicchi di grandine di media e grossa taglia.
Dopo aver colpito diversi centri del padovano, trevigiano e veneziano, con forti rovesci di pioggia e grandinate davvero molto intense, accompagnate da attività elettrica e forti colpi di vento dentro i rovesci più forti, questa imponente “supercella”, nella fase di massima intensità, si è diretta verso la riviera del Brenta, tra le 17:00 e le 17:40 PM, per poi spostarsi velocemente nell’area tra Mestre e Venezia, prima di dissiparsi sull’alto Adriatico poco dopo le 19:00 PM. Proprio in questo frangente, nel momento in cui il nucleo della “supercella” si spostava sul veneziano, l’intenso moto rotatorio innescato dallo stesso “mesociclone” (“updraft rotante”) è riuscito a propagarsi fino alla base del cumulonembo, formando così un “funnel cloud” che attorcigliandosi su se stesso ha iniziato a scivolare verso il suolo, dando inizio allo sviluppo del vortice.
I “funnel cloud” più grossi, come in questo caso, possono apparire come un cono diffuso che prende la forma di V e si invortica su se stesso procedendo verso la terra ferma. In questi casi l’eventuale contatto con il terreno potrà essere verificato con l’insorgenza della “debris cloud”, la nube di polvere e detriti, che ci indicherà che il cono ha toccato il suolo originando cosi il tornado. Secondo una prima analisi preliminare elaborata dall’”ARPAV”, il centro meteorologico della regione Veneto, in base ai danni riscontrati nell’area fra Mira e Dolo la forza dei venti del tornado era compresa tra i 270 km/h e i 320 km/h, tale da classificarlo a tutti gli effetti come un “EF-4” della scala “Fujita”, fra i più violenti mai occorsi nella storia italiana.