L’estate del 2015 rischia di passare come una delle più calde di sempre
Sarà per colpa del grande “El Niño”, in fase di maturazione sul Pacifico orientale, o degli altri indici teleconnettivi, ma l’estate del 2015, ormai giunta al suo primo giro di boa, rischia di passare alla storia come una delle più calde di sempre. E’ se il mese di Agosto sarà come Luglio, molto probabilmente quella del 2015 risulterà l’estate più calda dall’inizio delle rilevazioni meteorologiche.
Ormai da diverse settimane molte aree dell’emisfero boreale, dagli Stati Uniti alla Cina interna, passando per l’Europa centro-occidentale, l’Artico russo e le steppe dell’Asia centrale, continuano ad essere investite da intense e prolungate ondate di calore che spesso si rilevano di portata “eccezionale”, vuoi per la durata che per i record assoluti di caldo frantumati. Già nel mese di Giugno è toccata a Spagna, Francia, Svizzera, Germania, Belgio, Olanda, fare i conti con il caldo record che ha portato all’abbattimento di decine e decine di record assoluti di caldo, alcuni dei quali risalenti all’inizio del Novecento. Pochi giorni dopo è stato il turno delle steppe dell’Asia centrale e della Russia meridionale, dove l’avvento di una potente onda di calore dagli “arroventati” deserti del Medio Oriente ha fatto schizzare i termometri su valori di oltre i +49°C all’ombra in Turkmenistan, +45°C in Kazakistan, +40°C nel sud della Russia europea, mentre nella vicina Armenia la capitale Jerevan sfondava i +38.5°C.
Al contempo, mentre nella Cina interna si andava ben oltre i +40°C anche in collina, negli Stati Uniti occidentali una nuova ondata di calore ha fatto registrare temperature massime davvero eccezionali, specie nello stato di Washington, in Oregon e persino in Alaska dove non sono mancati neppure dei record assoluti di caldo. Su tutti spiccano i valori di oltre +30°C toccati a Talkeetna, in Alaska, poco distante dal mar Glaciale Artico, durante la fine di Giugno, nel momento clou dell’intensa onda di calore che era risalita lungo la West Coast nord-americana. Si tratta di valori a dir poco “eccezionali” data la latitudine. Ma non è ancora finita qui. Negli ultimi giorni una imponente avvezione di aria calda, in risalita lungo il bordo occidentale del robusto blocco anticiclonico sulla Russia europea, sta interessando l’alto mar di Norvegia ed il mare di Barents, con valori di oltre i +9°C +10°C superiori rispetto alle medie per il periodo. Il rialzo termico più significativo si riscontrerà proprio sulla Novaja Zemlja dove si potranno registrare temperature massime di ben +15°C +16°C, localmente anche più lungo le coste occidentali soggette a venti favonici di caduta da E-SE ed Est che riscalderanno ulteriormente, per “compressione adiabatica”, la massa d’aria già calda in origine, determinando brusche quanto improvvise scaldate.
Ma il gran caldo, davvero eccezionale data la latitudine, si estenderà fino alle Svalbard e al Finmark norvegese, dove si rischia di sperimentare temperature massime comprese fra i +15°C e i +20°C, grazie alla complicità delle calde correnti da E-SE nei bassi strati. Queste temperature veramente impressionanti per il Polo Nord rischiano così di far sciogliere gli ultimi mucchietti di neve presenti nelle poche isolette artiche coperte di neve. L’aumento termico però rischia di accelerare ulteriormente la fusione del ghiaccio marino ancora presente sul settore settentrionale del mar di Kara e sulle isole dell’arcipelago russo della Terra di Francesco Giuseppe, dove nei prossimi giorni inizieranno ad aprirsi aree di acque libere.
Ma l’Artico, nelle prossime settimane, rischia di subire nuovi pesanti attacchi caldi anche dalle terre siberiane, che in questi giorni si sono sensibilmente riscaldate, a causa del continua soleggiamento e del massiccio surriscaldamento delle steppe e delle aree desertiche dell’Asia centrale, che favorisce l’isolamento di masse d’aria sempre più calde, continentalizzate, pronte a spingersi fin sul mare Glaciale Artico non appena s’instaura un promontorio anticiclonico dinamico disteso lungo i meridiani, fra gli Urali e la Siberia centro-occidentale.