La chirurgia plastica risulta essere a livello mondiale un settore ancora “maschilista”: nonostante le cose stiano lentamente migliorando, ancora oggi i chirurghi plastici donne sono meno “di successo” rispetto ai colleghi uomini
Stessa formazione e stesso tempo dedicato al lavoro. Non così per guadagni, vita privata e carriera accademica. A parità di impegno, i chirurghi plastici donne fanno più sacrifici rispetto agli uomini, anche se negli ultimi anni le cose stanno leggermente migliorando. E’ quanto emerge da alcune indagini sulle differenze di genere condotte negli Stati Uniti, ma che descrivono una situazione comparabile anche nel nostro Paese. “La situazione è simile anche in Italia, dove le donne, così come negli States, sono una netta minoranza”, afferma Mario Pelle Ceravolo, presidente dell’Associazione italiana di chirurgia plastica estetica (Aicpe) che ha dedicato al tema un’apposita sezione ‘rosa’ durante lo scorso Congresso nazionale.
“Anche nel nostro campo il numero di donne è in continuo aumento, in special modo per quanto riguarda la medicina estetica. Non sono rari i casi in cui una paziente donna trova un migliore canale di comunicazione con un medico del suo stesso sesso”. Di fatto, “negli ultimi 20 anni le donne stanno guadagnando più terreno. Lo scotto da pagare spesso è la famiglia”, dice Francesca Romana Grippaudo, chirurgo plastico all’ospedale Sant’Andrea di Roma, sposata con un figlio, che ha presentato le sue conclusioni supportate da alcune ricerche nordamericane durante il Congresso Aicpe 2015. Ancora, però, il quadro complessivo è quello di una professione dove le donne giocano un ruolo minoritario: in Italia solo il 13,5% degli iscritti alle associazioni di categoria e il 15% degli iscritti alla specializzazione in Chirurgia plastica e ricostruttiva sono donne. Negli Usa le quote rosa rappresentano il 10% dei soci dell’American Society of Plastic Surgeons e il 23,5% degli specializzandi in chirurgia plastica.
La chirurgia sembra ancora essere un territorio maschile e le donne che lo ‘invadono’ sono a volte malviste. “Questo stereotipo con cui si sono confrontate le generazioni over 40 oggi sta cambiando, con più del 50% di specializzande in discipline chirurgiche e meno appeal della professione in cui si comincia a guadagnare tardi e meno rispetto ad altre”, prosegue Grippaudo. Gli studi condotti negli Stati Uniti hanno concluso che quando un paziente sceglie il medico non pensa tanto al genere, quanto piuttosto alla fiducia che lo specialista ispira.
I pazienti di età matura si affidano più volentieri a un chirurgo uomo, mentre le donne in giovane età, in special modo per alcuni interventi, hanno meno riserve nei confronti di un chirurgo donna. “Il genere uguale o diverso fra chirurgo e paziente – spiega Pelle Ceravolo – può avere un’importanza consistente nel determinare la fiducia e la confidenza necessaria a creare una buona relazione. Nella scelta di un chirurgo il paziente è influenzato, oltre che dalla notorietà del professionista e dai consigli di medici o amici, anche, e in gran parte, dal risultato della prima visita”. “Un uomo e una donna chirurgo si pongono spesso in maniera differente rispetto ad un paziente – evidenzia Pelle Ceravolo – L’avere un buon rapporto con l’altro sesso o la paura di una relazione con una persona dell’altro sesso può spingere un paziente a scegliere o meno un chirurgo del suo stesso genere”. Le dottoresse stanno guadagnando terreno nella professione, ma pagano uno scotto piuttosto pesante volendo creare una famiglia. “Le donne che decidono di fare il chirurgo plastico si sposano più tardi e hanno in media meno figli rispetto ai colleghi uomini – testimonia Grippaudo – A parità di formazione e ore di lavoro, le donne guadagnano meno e occupano posizioni meno prestigiose a livello accademico. Tutti questi fattori, tuttavia, non sembrano incidere sulla soddisfazione, che è molto alta sia per gli uomini sia per le donne”. Secondo l’esperta, un chirurgo donna ‘percepisce’ meglio un certo tipo di linguaggio non verbale del paziente. “Siamo capaci di leggere meglio la comunicazione non verbale in una disciplina dove non basta essere bravi tecnicamente, ma è importante anche ben comprendere la richiesta del paziente”, conclude.