Sia l’Alzheimer che il Parkinson sono malattie da accumulo di proteine mal ripiegate, che il tessuto cerebrale non può smaltire
“Una scoperta che non è del tutto inattesa, e soprattutto non deve suscitare allarme: costituisce invece un passo in avanti nella conoscenza e nella lotta a questa malattia degenerativa”. Lo dice all’AdnKronos Salute Alberto Albanese, professore di Neurologia all’Irccs Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano), commentando i risultati della ricerca britannica secondo cui l’Alzheimer potrebbe essere trasmesso da paziente a paziente, attraverso alcune procedure mediche. La placca beta-amiloide nella materia grigia e nelle pareti dei vasi sanguigni, caratteristica dell’Alzheimer, e l’angiopatia amiloide cerebrale sono state infatti osservate nel cervello di un gruppo di pazienti morti, che avevano contratto la malattia di Creutzfeldt-Jakob (Cjd) dopo un trattamento con ormone della crescita contaminato da prioni. “Sia l’Alzheimer che il Parkinson – ricorda Albanese – sono malattie da accumulo di proteine mal ripiegate, che il tessuto cerebrale non può smaltire. Si è già visto in uno studio precedente che i pazienti con il Parkinson che avevano ricevuto un trapianto di cellule fetali sane, e chiaramente giovanissime, hanno trasmesso a queste ultime la proteina mal ripiegata. Insomma, le proteine alterate in queste malattie possiedono meccanismi simili a quelli dei prioni: gli accumuli proteici possono diffondersi da un organismo all’altro”. Questo è proprio quello che, secondo i ricercatori britannici, sarebbe accaduto ai pazienti dopo il trattamento con ormone della crescita contaminato. “I prioni”, che sono proteine, “quando assumono la forma errata funzionano un po’ come una fotocopiatrice – prosegue Albanese – inducendo altri a fare la stessa cosa. Ebbene, le ultime ricerche fanno pensare che anche in Alzheimer e Parkinson entrino in gioco meccanismi simili, ancorché più lenti nel tempo”. E se nella ricerca si punta il dito contro alcune procedure mediche per la trasmissione dell’Alzheimer, il neurologo ammonisce: “Non facciamo allarmismo, ha un ruolo anche la ricettività dell’ospite. La scoperta che singole proteine tendono a catalizzare gli errori di ripiegamento ha invece possibili ricadute terapeutiche. Conoscere sempre meglio i meccanismi delle anomalie può infatti contribuire alla lotta contro queste malattie degenerative”.