Con 35 località colpite e 5 morti, nel 2014 la Toscana è stata tra le Regioni italiane maggiormente interessate dagli effetti dei disastri provocati da frane e inondazioni. Nell’ambito dell’iniziativa Georischi, li (ri)conosco, mi difendo” i geologi lanciano un monito affinchè il loro lavoro di ricerca e studio non sia vano, ma possa essere fonte di prevenzione per i cittadini
«Graduatorie in Regione ferme da decenni, mancanza di dirigenti geologi, scelta di altre professionalità nelle commissioni comunali del paesaggio. In un Comune dell’aretino il geologo non è stato ritenuto necessario nella commissione del paesaggio perché “sono già state svolte numerose indagini geologiche per il piano strutturale e per il regolamento” come se il territorio, e il paesaggio, non fossero realtà dinamiche: tanto varrebbe annullare anche la commissione, allora». È il quadro che traccia Maria Teresa Fagioli, presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana per spiegare la situazione che si vive in una regione fragile dal punto di vista idrogeologico. La Regione dimentica i geologi. «In molte regioni colpite dai dissesti sono stati organizzati addirittura i presidi, i geologi di zona.
Contro i rischi c’è solo la prevenzione. Fagioli ribadisce il concetto di sempre, prevenire. «Per evitare i dissesti, ridurre al minimo i danni è necessario prevenire, e cioè curare la manutenzione ordinaria del territorio e costruire in modo adeguato. Ma poiché, per quanto si ponga attenzione le emergenze non sono eliminabili in toto, è altrettanto fondamentale avere una protezione civile efficiente durante le crisi, e che in “tempo di pace” non sta semplicemente ad aspettare, ma attivamente, capillarmente ascolta i cittadini, li informa e li addestra a come comportarsi per non soccombere. Non si può battere il dissesto, non si possono minimizzare i rischi senza il coinvolgimento di chi sul territorio vive e lavora».
C’è da aspettarsi situazioni meteo estreme. Una delle conseguenze di questa estate rovente con le temperature raggiunte dal mare lasciano prevedere che i prossimi mesi non saranno facili. «Con le avvisaglie che ci hanno fornito le prime timide perturbazioni atlantiche, non è difficile prevedere che ci ritroveremo a fronteggiare eventi meteo “estremi” e conseguenti “inevitabili” disastri e dissesti. Da alcuni anni ormai in autunno e primavera assistiamo a disastri, ma dai politici arrivano solo promesse che da ora in poi si cambierà registro». I problemi sono quelli di sempre, scelte urbanistiche sbagliate e speculative. Ed è per questo che «il problema non ha una soluzione immediata, siamo alla resa dei conti di una politica urbanistica suicida pluridecennale del tipo abuso-condono-danno-dichiarazione di “calamità naturale”. Si è costruito dove non si doveva, si è modificato il territorio cedendo ad illusorio ottimismo e sottesi interessi speculativi, si è inculcata nei cittadini l’idea che la tecnologia può tutto, con adeguate opere di difesa si può vivere e costruire ovunque, si è addirittura arrivati a gabellare costosissime opere di difesa come “prevenzione”. A questa cattiva politica si aggiunge che oggi gli eventi meteo cosiddetti “eccezionali” tali non lo sono più, la rete scolante progettata per tempi di ritorno non più attuali non regge, la manutenzione è ridotta, causa ”economie”».
Non esiste una ricetta semplice per uscirne, spesso è meglio rilocalizzare. Prevenzione non significa costruire opere di difesa, quelle servono per proteggere situazioni ormai compromesse, ed hanno ragion d’essere solo se non costano più del valore di ciò che difendono, altrimenti è meglio rilocalizzare. «La prevenzione deve partire dai cittadini per primi», spiega il vicepresidente e responsabile della protezione civile dell’Ordine dei Geologi, Francesco Ceccarelli. «Nella giornata di ieri abbiamo capito che i cittadini non si informano. Quando si compra un’auto si vuole sapere tutto su freni, gomme, airbag. Quando si acquista una casa nessuno chiede del libretto del fabbricato, se la costruzione è antisismica, e come comportarsi in quella zona in caso di calamità». Territorio visto solo come interesse economico. Altro problema è il concetto dello sfruttamento economico. «Quando vengono fatti gli strumenti di pianificazione territoriale – continua Ceccarelli – arrivano migliaia di osservazioni dei cittadini che sono tutte di carattere economico urbanistico, ma non geologico. Si domandano e vogliono sapere solo se quel terreno è edificabile e come. Ma per tutelare il territorio e fare prevenzione non si può ragionare solo in termini economici».
La mappa dei rischi. Con 35 località colpite e 5 morti, nel 2014 la Toscana è stata tra le Regioni italiane maggiormente interessate dagli effetti dei disastri provocati da frane e inondazioni. Lo rileva il “Rapporto periodico sul rischio posto alla popolazione italiana da frane e inondazioni” elaborato da IRPI-CNR. «La Toscana è una delle regioni geologicamente più fragili, con ampie porzioni di territorio soggette a rischio idrogeologico e a rischio sismico», commenta Maria Teresa Fagioli. A dare un’idea della situazione sono i numeri di dell’indagine IRPI-CNR sugli effetti dei disastri idrogeologici. «Siamo primi fra le regioni Italiane per numero di sfollati nel 2014, sono stati oltre 2mila, e secondi nel periodo dal 1964 al 2013, oltre 67mila con anche 134 morti. Dal punto di vista sismico la situazione non è migliore. Su un totale di 287 Comuni, 92 sono ad alto rischio, 164 a rischio medio solo 24 sono a basso rischio (delibera GRT n.421 del 26/05/2014)», commenta Ceccarelli. In materia di terremoti, sono ancora troppo pochi gli edifici a norma antisismica. A fronte di un totale di diverse migliaia di edifici pubblici come le scuole, solo su 1.500 sono stati effettuati gli studi geologico sismici e di questi solo 500 sono stati messi effettivamente in sicurezza.