Con la crescente tendenza a ritardare la gravidanza, il cancro al seno viene spesso diagnosticato prima che le donne abbiano coronato il sogno di una famiglia
Avere un figlio dopo un tumore al seno e’ possibile grazie a un ormone che protegge le ovaie e consente di preservare la fertilita’, diminuendo di ben due terzi l’insufficienza ovarica dovuta alla chemioterapia. E’ quanto emerge da una ricerca italiana presentata al Congresso Europeo sul Cancro e pubblicata sulla rivista Annals of Oncology. Aumenta, negli anni, il numero di persone che sopravvivono ai tumori ma, sempre piu’ importante, e’ anche ‘come’. Con la crescente tendenza a ritardare la gravidanza, il cancro al seno viene spesso diagnosticato prima che le donne abbiano coronato il sogno di una famiglia. Per loro una speranza in piu’ arriva dal trattamento con l’ormone LHRH analogico (luteinizzante-releasing hormone). “La chemioterapia puo’ danneggiare le ovaie e spingere le giovani in menopausa, provocare sterilita’, disturbi del sonno e osteoporosi. Ma e’ anche psicologicamente doloroso, nocivo per la salute e influenza le decisioni di iniziare trattamento”, spiega Matteo Lambertini, oncologo medico dell’IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino di Genova. Lambertini e i suoi colleghi hanno condotto una meta-analisi utilizzando 12 studi precedenti randomizzati per un totale di 1.231 pazienti con carcinoma mammario sottoposte a chemioterapia, con o senza LHRHa, notando che i tassi di insufficienza ovarica precoce si sono stati ridotti del 64% nelle pazienti che hanno ricevuto la terapia. La protezione farmacologica delle ovaie con LHRHa durante la chemioterapia, sottolinea Lambertini, “e’ un’opzione attraente perche’ non richiede alcuna procedura invasiva”. Tuttavia, “non necessariamente e’ alternativa alla crioconservazione degli ovuli”, procedimento attualmente usato, e molto piu’ complesso, che prevede il prelievo dei gameti femminili, il congelamento e, successivamente, il nuovo inserimento nelle ovaie.