Tumori: verso farmaci contro i “geni Jolie” per evitare le asportazioni

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L’asportazione potrebbe essere dribblata grazie a un approccio più attivo, grazie a nuovi farmaci allo studio per contrastare in modo mirato gli effetti dei ‘geni Jolie’

“Da spauracchio a occasione per una terapia più efficace”. Questa la parabola prospettata dagli esperti per le mutazioni dei geni Brca1 e Brca2, quelle che hanno spinto l’attrice americana Angelina Jolie a decidere di farsi asportare seno e ovaie per evitare di ammalarsi di cancro. Una scelta choc che in futuro potrebbe essere dribblata grazie a un approccio più attivo, grazie a nuovi farmaci allo studio per contrastare in modo mirato gli effetti dei ‘geni Jolie’. Ne parlano gli specialisti di varie discipline, riuniti a Padova da oggi 10 settembre a sabato 12 per il congresso internazionale sui tumori al seno ‘Meet the professor’. Le persone portatrici di una mutazione dei geni Brca1 o Brca2 hanno un rischio molto elevato di sviluppare un cancro al seno (fino al 70-80%) o all’ovaio (fino al 40%), ricordano gli esperti in occasione del summit, organizzato dall’Accademia nazionale di medicina Accmed e diretto da Pier Franco Conte, coordinatore della Breast Unit dell’Irccs Istituto oncologico veneto-Iov padovano e direttore di Oncologia medica all’università cittadina, e Gabriel Hortobagyi dell’University of Texas MD Anderson Cancer Center di Houston, in Texas. Scoprire la mutazione di questi geni finora era importante solo per rendersi conto del rischio e prevenirlo, o sottoponendosi a controlli periodici più frequenti e accurati e correggendo lo stile di vita, oppure optando per la chirurgia profilattica come ha fatto la signora Pitt. Adesso invece “si stanno aprendo nuove prospettive che permettono un vero ribaltamento della situazione”, sottolineano i medici. “Si sta cominciando a capire – spiega Conte – che le mutazioni dei geni Brca1 e 2 possono anche permettere terapie specifiche, molto mirate ed efficaci, nel caso la malattia si presenti comunque”. “Il meccanismo è raffinato: le cellule cancerose, tutte – precisa Conte – quando vengono aggredite dai farmaci antitumorali cercano di riparare il proprio Dna secondo diversi meccanismo biochimici. E questo fenomeno, ben noto, limita l’efficacia delle cure. Si è scoperto però che le cellule cancerose con Brca mutato dispongono soltanto di alcuni di questi meccanismi di riparazione per sopravvivere, non di tutti come le altre cellule. Per cui ora si sta provando a bloccare questi meccanismi di riparazione (essendo meno numerosi è meno difficile) con farmaci appositi. E così il temuto gene Brca mutato da spauracchio diventa un’occasione per una terapia più efficace”. “A promettere questo ribaltamento della situazione – prosegue l’oncologo – è uno studio condotto presso lo Iov su 400 pazienti e prossimo alla conclusione. Consiste nell’utilizzo di farmaci intelligenti: gli inibitori del Parp, un enzima chiave nei processi di riparazione che le cellule cancerose Brca mutate sono in grado di utilizzare”. In particolare, i riflettori sono puntati sull'”olaparib, farmaco che in associazione con il cedinarib è stato oggetto di recente di uno studio sul carcinoma ovarico presentato a Chicago al meeting dell’Asco, l’associazione degli oncologi americani. I risultati di questo nostro studio, già molto promettenti, saranno resi noti tra poche settimane”.

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