Diagnosticare un tumore almeno due anni prima che la malattia si manifesti con sintomi: è questa la nuova avanguardia della diagnosi tumorale attraverso il nuovo test del sangue
Un semplice test del sangue per diagnosticare i ‘grandi’ tumori – come quello al polmone, alla prostata e al seno – fino a due anni prima che la malattia sia visibile ad esempio ad una tac e in un fase in cui tutti gli altri test diagnostici sono negativi: l’obiettivo e’ renderlo disponibile entro 2-3 anni, con il fine di diminuire drasticamente la mortalita’ adottando strategie terapeutiche mirate. A fare il punto sull’avanzamento della sperimentazione, sostenuta dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), e’ Ugo Pastorino, direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Toracica dell’Istituto nazionale tumori di Milano.
”Abbiamo concluso il reclutamento e completeremo il test su 4000 volontari entro dicembre, perfettamente in linea con gli impegni presi con l’Airc e questo ci da una grande soddisfazione”, afferma Pastorino all’Ansa, in occasione della Giornata nazionale per la ricerca sul cancro. Lo studio, spiega, ”naturalmente richiedera’ un periodo di osservazione ancora di 1-2 anni per produrre dei risultati validi sull’efficacia, pero’ noi stiamo nel frattempo lavorando alla ottimizzazione del test, per renderlo applicabile a livello di grandi numeri, e confidiamo che cio’ avverra’ nell’arco dei prossimi due anni”. La cosa importante, sottolinea, ”e’ che la stessa strategia la stiamo applicando ad altri tumori oltre al polmone, e cioe’ a grandi tumori come quello al colon, alla mammella, alla prostata ed il melanoma, e cio’ dovrebbe permetterci di mettere a punto un test che non sia semplicemente finalizzato alla scoperta di un solo tipo di tumore ma di tanti”. Con un obiettivo: ”Il nostro sogno e’ quello di poter offrire un unico test del sangue che dia un profilo di rischio per tutti i grandi tumori”. Quanto ai tempi, ”abbiamo un impegno a chiudere la fase di sperimentazione nei prossimi 2-3 anni e pensiamo di riuscirci”. L’aspetto che pero’ interessa di piu’ i ricercatori, al di la’ delle possibilita’ di diagnosi precoce, e’ definire delle ”strategie che possano servire a ridurre drasticamente la mortalita’, attraverso la prevenzione mirata sulla base del singolo profilo di rischio individuale e attraverso terapia ad hoc: la diagnosi preventiva e’ cioe’ utile – chiarisce l’esperto – solo nella misura in cui sara’ in grado di ridurre la mortalita’ tra i pazienti”. Ma come funziona il test? ”In pratica – afferma – andiamo a dosare nel sangue dei meccanismi, dei regolatori di crescita, che non sono solo attivi sulle cellule tumorali ma anche sulle cellule sane dell’organismo che pero’ collaborano con il tumore; andiamo quindi a spegnere tutti quei meccanismi che servono al tumore per crescere, riattivando i meccanismi di difesa”. Un impegno che vede dunque la ricerca ‘made in Italy’ in prima linea: ”I problemi ci sono, ma la ricerca oncologica in Italia e’ ad alti livelli e siamo tra i primi Paesi al mondo. Se poi valutassimo i nostri risultati in base alle nostre risorse – conclude Pastorino – saremmo ancora migliori, perche’ otteniamo grandi risultati con risorse molto minori rispetto a quelle di altri Paesi”.