Il villaggio di Yirca, in Turchia, è stato salvato dalla minaccia del carbone grazie all’intervento di GreenPeace i cui volontari si sono impegnati nell’installazione di pannelli solari che forniranno energia pulita
Dopo cinque giorni di lavoro, un gruppo di volontari di Greenpeace provenienti da sette diversi Paesi, tra cui l’Italia, hanno completato l’installazione dei pannelli solari che d’ora in poi alimenteranno con energia pulita la moschea e la scuola del villaggio turco di Yirca. Nei mesi scorsi il villaggio era salito alla ribalta delle cronache per le violenze subite dai suoi abitanti e dai manifestanti accorsi in difesa degli alberi di ulivo, minacciati dalla costruzione di una centrale a carbone.
Grazie alle donazioni arrivate dai cittadini turchi tramite crowdfunding, in meno di un mese e mezzo Greenpeace Mediterraneo ha raccolto le 60 mila lire turche necessarie per solarizzare i primi edifici pubblici di Yirca. Dimostrando così che il popolo turco vuole il sole, non il carbone, nel proprio futuro. Gli abitanti di Yirca si erano alleati con Greenpeace poco più di un anno fa per opporsi all’azienda carbonifera Kolin Group, che aveva ottenuto dal governo l’autorizzazione all’esproprio degli oliveti che circondano il villaggio. Insieme a Greenpeace, i cittadini di Yirca hanno quindi intentato causa contro l’esproprio, e in questi mesi hanno difeso gli alberi di ulivo dai tentativi di abbattimento della società carbonifera. Oltre 900 alberi sono stati abbattuti illegalmente e con la forza, nonostante la causa giudiziaria sia ancora in corso. Gli abitanti del villaggio hanno ripiantato molti di questi alberi e stanno continuando, con successo, la difesa pacifica del proprio territorio. «Grazie all’amore e al supporto arrivato da tutta la Turchia, Yirca ha respinto nuovamente l’assalto del carbone», dice Muhtar Mustafa Ak?n, abitante del villaggio. «Con lo stesso amore, siamo stati in grado di installare pannelli solari sulla scuola e sulla moschea, e di alimentare con l’energia pulita del sole le luci delle strade di Yirca».
La Turchia è il secondo Paese in Europa per potenziale di energia solare, tuttavia è anche la nazione che meno sfrutta questa fonte di energia rinnovabile. Se la Turchia adottasse lo scenario proposto nello studio “Energy revolution” di Greenpeace, creerebbe oltre 98 mila posti di lavoro nel settore delle rinnovabili, riducendo al tempo stesso le emissioni di CO2 di 205 milioni di tonnellate.
«Il successo di questo progetto rappresenta un precedente straordinario, e non solo per la Turchia», afferma Luca Iacoboni, responsabile della campagna Clima e Energia in Italia. «Abbiamo dimostrato come i cittadini possano fermare la follia delle lobby fossili – che sia carbone, petrolio o gas poco importa – opponendosi nelle sedi opportune e proponendo una soluzione alternativa, in questo caso i pannelli solari. Le energie rinnovabili sono ormai una realtà, uno strumento in più in mano ai cittadini per opporsi a progetti inquinanti e pericolosi, offrendo un’alternativa migliore dal punto di vista ambientale, economico e sanitario». Greenpeace esprime il suo rammarico per quanto accaduto in Turchia nelle stesse ore. L’attentato di Ankara ha lasciato a tutti noi una cicatrice indelebile.