11 novembre, San Martino: vita, opere e patronati del Santo Vescovo di Tours

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La generosità del cavaliere, la rinunzia ascetica e l’attività missionaria sono i punti di forza che rendono San Martino, Vescovo di Tours, uno dei più famosi e grandi Santi dell’umanità. Ecco la sua vita, le opere e i patronati

San Martino nacque nel 316 o 317 in Sibaria, una città della Pannonia, nell’odierna Ungheria. Il padre lo chiamò Martino, “piccolo Marte”, in onore del dio della guerra. Ancora bambino, il futuro Santo giunse con i genitori a Pavia, dove suo padre era stato destinato, e qui venne allevato. Fu proprio in questa città che chiese di essere ammesso al catecumenato ma, come ogni figlio di un veterano, era già destinato alla carriera nell’esercito tanto che, a soli 15 anni, venne obbligato al giuramento militare dal padre.

Preparatosi bene alla carriera delle armi, in breve tempo venne promosso al grado di circitor, provvedendo alla ronda notturna e all’ispezione dei posti di guardia. Come noto, proprio durante una delle sue ronde, nel cuore dell’inverno, incontrò un povero seminudo, tagliando in due il suo mantello con la spada per donarne metà al povero. Quest’atto di carità avvenne nel 338 mentre era in guarnigione ad Amiens; mentre nella Pasqua del 339 ricevette il battesimo, dopo il quale Martino rimase in esercito per circa 20 anni, in cui condusse una vita da vero cristiano e da buon camerata. A 40 anni decise di lasciare le armi e farsi monaco. Dopo l’esonero dal servizio militare, si recò a Poitiers presso Ilario, suo amico, che era stato eletto Vescovo, il quale lo accolse molto bene, ordinandolo esorcista, in modo che potesse dedicarsi allo studio delle “cose di Dio”. Una notte Martino sognò che doveva convertire i suoi genitori, partendo per la Pannonia dove riuscì a convertire sua madre ma non suo padre, un pagano ostinato.

Dato che in tutta la regione dominava l’Arianesimo, fi ingiuriato per il suo coraggioso tentativo, dovendo abbandonare il paese. Si recò a Milano e in Liguria, nell’isola di Gallinara; per poi tornarsene a Poitiers, dove venne accolto nuovamente bene da Ilario. Fu in questo periodo che Martino venne ordinato diacono e poi prete. Ilario consentì a Martino di ritirarsi in una sua villa a poche miglia da Poitiers e qui il futuro Santo divenne monaco, evangelizzando coloro che abitavano nei dintorni, circondato ben presto da discepoli. Qui tempo dopo sorse il monastero di Ligugè, il più antico conosciuto in Europa. Accadde poi che i cristiani di Tours, volendolo a tutti i costi vescovo, ricorsero ad uno stratagemma. Un certo “Rusticus”, col pretesto della malattia di una moglie, supplicò Martino di guarirla ed il futuro Santo non esitò a mettersi in cammino verso di lei. Fu allora che un gruppo di cristiani gli tese un’imboscata, catturandolo e conducendolo in città sotto scorta per acclamarlo Vescovo. Venne consacrato il 4 luglio del 371 ed il suo episcopato durò 26 anni, durante i quali lavorò intensamente nella predicazione del Vangelo, lottando per amore della giustizia.

Aveva superato gli 80 anni quando, recatosi nella parrocchia di Condate nella Turenno, oggi Candes, per mettere pace tra chierici in lite tra loro, dopo aver assolto agli impegni di paciere e di Vescovo, si sentì allo stremo delle forze e si fece distendere su un cilizio e su un letto di cenere, come era usanza degli asceti del tempo. La sua morte, anche grazie a numerosi miracoli, segnò l’inizio di un culto nel quale confluirono la generosità del cavaliere, la rinunzia ascetica e l’attività missionaria. Martino spirò dolcemente l’8 novembre del 397, dopo aver pronunciato “Il seno d’Abramo sta per accogliermi” . Il suo corpo fu ricondotto, navigando sulla Loira, fino a Tours dove, l’11 novembre, ebbero luogo le esequie tra un immenso concorso di popolo, venuto da ogni parte. Nella sua “Laudatio San Martini”, Alcuino ci riferisce che Martino fu sepolto in un poliandro pubblico; un pubblico cimitero fuori delle città di Tours; sulla cui tomba Brizio, suo successore, costruì una cappella nella quale, in seguito, riposò egli stesso.

La cappella divenne troppo piccola per via dell’afflusso dei pellegrini ed il vescovo Perpetuus, tra il 465 e il 470 edificò una grande basilica, la cui dedicazione ebbe luogo il 4 luglio, giorno dell’ordinazione episcopale di Martino, nel 470. Il corpo del Santo venne collocato nell’abside della basilica, pur venendo spesso spostato: racchiuso in un cofano o sotto il ciborio, come si usava nell’epoca merovingia. Per anni, durante le invasioni normanne, fu conservato al sicuro, ma gli Ugonotti lo bruciarono il 25 maggio 1562. Alcune reliquie, salvate, sono venerate nell’attuale basilica di Tours, mentre un frammento è custodito nell’abbazia di Ligugè, suo primo monastero. San Martino è il protettore di albergatori, cavalieri, fabbricanti di maiolica, fanti, forestieri, mendicanti, militari, oche, osti, sarti, sinistrati, vendemmiatori e viticoltori; oltre che di numerosi comuni italiani. Le tradizioni popolari lo hanno trasformato in “Santo dei cornuti”. Cosa c’e’ di vero dietro questo appellativo? Nella mitologia latino-romana si cita l’amore adulterino tra Marte e Venere, sorpresi insieme da Vulcano, dio del fuoco e marito della dea della bellezza, che li rinchiuse in una rete di ferro per mostrarli agli Dei in modo da rendergli testimoni del tradimento subito.

Gli Dei dell’Olimpo, però, lo derisero e la delusione di Vulcano fu ancora più forte. Forse da ciò ha origine il detto “cornuto e mazziato”. Alcuni studiosi sono del parere che la tradizione di ritenere il Santo, patrono dei cornificati, deriverebbe dal fatto che in questo giorno si svolgevano fiere e feste aventi ad oggetto il bestiame con le corna (mucche, buoi, tori, capre, montoni ecc). Perciò la fantasia popolare ha assurdamente promosso San Martino a ironico patrono dei mariti traditi, come ricordano alcuni proverbi: “Per San Marten volta e zira, tot i bech i va a la fira”, ossia, “Per San Martino volta e gira, tutti i becchi vanno alla fiera”, sostengono i romagnoli; mentre i romani affermano che : “Chi cià moje, ti’ pe’ casa San Martino”! Un fatto è certo: migliaia di chiese, villaggi e luoghi col nome di “Martino” testimoniano il successo del Santo. Lo sviluppo del suo culto è legato alla diffusione delle opere di Sulpicio Severo a Roma e negli ambienti ascetici e ortodossi. Martino, pioniere del Monachesimo e araldo del Vangelo, attirò folle di fedeli nella tarda antichità. Fondamentale fu la sua devozione monastica. Benedetto, sul Monte Cassino, consacrò a San Martino la chiesa abbaziale, mentre nel XII la spiritualità francescana fece suo l’ideale “martiniano”.

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