L’allevamento contribuisce per il 14,5% alle emissioni totali di gas serra globali. E’ per questo che CIWF ha lanciato una petizione per chiedere che vengano discussi a Parigi
L’allevamento contribuisce per il 14,5% alle emissioni totali di gas serra globali, secondo i dati della FAO. Si tratta di una percentuale importante eppure durante la Conferenza delle Parti di Parigi, non ci saranno negoziazioni relative all’allevamento e neanche allo stile alimentare. E’ per questo che CIWF ha lanciato una petizione per chiedere che questi due argomenti diventino argomento di discussione a Parigi.
Sappiamo che le attività umane hanno un impatto forte sul cambiamento climatico e che creano una minaccia seria per il pianeta e i suoi abitanti. Secondo i dati attuali dovremmo ridurre le emissioni di gas serra nei paesi sviluppati di almeno l’80% da qui al 2050 per avere una possibilità di restare sotto la soglia di pericolo rappresentata da un aumento medio della temperatura di 2°C.
L’intensificazione sostenibile non è una soluzione – CIWF ritiene che una intensificazione della produzione della carne, per ridurre le emissioni e aumentare contemporaneamente la produttività, non sia necessaria e possa essere, anzi, controproducente. Il sistema di produzione può essere reso più efficace (ad esempio nella gestione delle deiezioni), ma solo in maniera che non nuoccia al benessere degli animali e in ogni caso, come dimostra un autorevole studio della Chatham House [1], le misure tecniche di attenuazione e l’aumento della produttività saranno insufficienti da sole ad impedire un aumento delle emissioni di gas da parte dell’agricoltura, e ancora di più la loro riduzione.
Allevamento: l’elefante nella stanza – Uno studio del 2014 mostra che se il sistema attuale di intensificazione dell’agricoltura e dell’allevamento resterà tale, condurrà ad un aumento delle emissioni di gas serra del 77% entro il 2050. Queste emissioni, da sole, potrebbero causare un aumento della temperatura mondiale vicino ai 2°[2].
Gli effetti di una riduzione del consumo di carne – Lo stesso studio conclude che le emissioni di agricoltura ed allevamento possono diminuire solo con una riduzione del 50% dello spreco di cibo e con un cambiamento nella dieta. Questo implicherebbe una riduzione del consumo di carne in molte regione del pianeta, ma comprenderebbe anche un aumento del consumo in altre regioni in cui la carne viene ora consumata in scarse quantità.
Nello studio già citato della Chatham House, si conclude che è improbabile che si possa rimanere sotto il tetto dell’aumento di temperatura di 2° senza ridurre il consumo di carne e latte e loro prodotti derivati. E secondo uno studio pubblicato nel 2014 [3] riducendo del 50% il consumo di carne, latte e uova nell’Unione europea, si ridurrebbero le emissioni del 25-40%.
Dichiara Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia Onlus: “Se la Conferenza di Parigi deve sviluppare una road map credibile per limitare il riscaldamento globale al limite dei 2°, l’allevamento e un cambiamento nella dieta devono essere presi in considerazione molto seriamente. Per questo chiediamo che l’allevamento e l’alimentazione siano inclusi nel nuovo accordo globale e che siano considerati fra i più importanti settori che devono ridurre le proprie emissioni. Chiediamo anche che nell’accordo di Parigi venga incluso l’obiettivo di riduzione del 50% del consumo di carne nei paesi sviluppati entro il 2030.”